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Il mese della Resistenza: il Museo di Condove celebra il suo decennale

di Aurora Tabone*


Domani sera, a partire dalle 20,45 la memoria della Valsusa partigiana - venti mesi di scontri e battaglie contro la tirannide nazifascista [1] - si ritroverà attorno alla celebrazione di un importante avvenimento: i primi dieci anni della nascita del Museo della Resistenza della sezione Anpi locale a Condove.

Nel salone della Biblioteca "Margherita Hack", in via Roma al numero 1, la festa di comunità avrà come momento clou gestazione l'ultimo nato dell'intensa attività del Museo, che si sviluppa in collaborazione con la sezione Anpi intercomunale, rappresentata domani sera dal suo presidente Gigi Giuliano, ma che senza la partecipazione popolare non manterrebbe la sua freschezza: il percorso fotografico museale.

La serata prevede gli interventi delle figure istituzionali, dei rappresentanti delle sezioni Anpi valsusine e del vice presidente dell'Anpi provinciale di Torino, Francesco Aceti.


Il 23 aprile 2014 la sezione ANPI di Condove-Caprie inaugurò il Museo valsusino della Resistenza a Condove, con l’obiettivo di conservare e trasmettere la memoria storica degli avvenimenti resistenziali che si svolsero nella  media e bassa Valsusa. Fu un momento di particolare emozione per la Valle, cui Tgr Rai Piemonte dedicò un servizio firmato da Michele Ruggiero, diventato per alcuni versi il fil rouge che accoglie i visitatori.

Da quella data in avanti, il Museo ha aperto le porte a scuole, a cittadini, ad associazioni non solo del territorio ma anche di altre regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna e a visitatori francesi, tedeschi, spagnoli e georgiani. La collezione museale esposta nelle sue sale comprende reperti storici, oggetti e documenti originali donati da privati, ex partigiani, associazioni ed enti.

La donazione di un oggetto è un momento importante e si accompagna sempre a racconti di vicende complesse che portano alla luce avvenimenti e relazioni sociali quasi dimenticate. Racconti lunghi ed intricati a volte con buchi e imprecisioni, ma dai quali tutti noi, impariamo la storia della comunità, la nostra storia. Sono tanti gli oggetti  esposti che parlano al visitatore: il giaccone di cuoio nero del commissario politico, gli stivali del soldato tedesco; il bastone da passeggio  dimenticato dell’ufficiale nazista nel corso di una perquisizione in una “cantina“ di Mocchie; la borraccia del  soldato condovese mandato a combattere in Montenegro che, dopo l’8 Settembre, si unisce alla Resistenza jugoslava e diventa il sergente Vinko; il casco di un aviatore inglese paracadutato in zona; la radio da cui si ascoltava clandestinamente Radio Londra; la foto del cane tedesco Dick che dopo la morte del suo proprietario, un ufficiale tedesco scomparso probabilmente in un attacco partigiano, rimane con gli abitanti della casa che era stata sequestrata dall’occupante. Così come la lapide nascosta dalla vegetazione, posta all’ingresso della ex scuola di Valgravio che fu, per un breve periodo, un piccolo ospedale partigiano e dove venne portato Canio Cervellino, soldato lucano unitosi ai partigiani locali, colpito a morte dai repubblichini lungo la mulattiera. 


Attraverso i percorsi guidati all’interno dell’edificio e all’esterno, sui sentieri partigiani, il museo è diventato il racconto di una comunità e di fatto il museo continua a vivere perché sostenuto dalla partecipazione numerosa di un pubblico attento, di generazioni diverse, che vuole conoscere il passato anche attraverso lo storytelling legato agli oggetti donati, ai posters, agli scatti fotografici dell’epoca. Capita spesso però che alcuni anziani vengano in visita al Museo non per ascoltare, ma per raccontare piccoli frammenti di storia vissuta di cui sono stati i protagonisti dimenticati.

Un 25 aprile di qualche fa, una visitatrice, davanti ad una fotografia, scoppia a piangere per la sorpresa e per l’emozione. Guardando la foto di gruppo foto di partigiani riconosce un volto familiare. Una foto mai vista prima le rimanda l’immagine di suo padre combattente della 42° Brigata Garibaldi: “Ho visto la foto di mio padre fra i partigiani di Borgone e mi sono commossa tantissimo", scrive nel libro dei visitatori.

Figure di carta, dunque, che vivono nel ricordo di chi li guarda e che ci parlano ancora, suscitando emozioni forti. I posters esposti nella galleria riguardano essenzialmente la propaganda politica del regime fascista, fatta  di immagini forti e di slogan  in una grafica efficace,  e non si può a meno di paragonare la modalità della guerra mediatica di quel periodo  a quella  di oggi.

In questi dieci anni abbiamo catalogato, organizzato visite didattiche guidate rivolte ai giovani studenti delle scuole del territorio, garantito l’apertura del museo in occasione delle ricorrenze istituzionali, mappato sentieri partigiani per far conoscere i luoghi dove operavano le brigate partigiane dal 1943 al 45, in particolare la 114a e la 17a e riportato alla luce un nuovo percorso. Ma non solo.


Nel 2017 il Museo il museo diventa membro della rete nazionale di musei e luoghi di memoria dell’Antifascismo, della Deportazione, della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza e della Liberazione in Italia, denominata” Paesaggi della memoria” che, mediante attività di approfondimento e formazione, promuove presso l’opinione pubblica la conoscenza storica e la coscienza civile di cui tali luoghi sono portatori.

Sempre a partire dalla documentazione e dalle esperienze didattiche con i giovani delle scuole del territorio e della città metropolitana, in visita al Museo e sui sentieri partigiani della montagna di Condove, nel 2021 viene pubblicato il libro “Percorsi di viaggio con il Museo valsusino della Resistenza ANPI Condove-Caprie”.

Dialogare con gli studenti adolescenti presuppone un grande lavoro, anche perché le classi che vengono a visitare il museo o che percorrono i sentieri partigiani non sono più omogenee per provenienza. Le famiglie di alcuni di loro provengono da altri continenti, dall’Africa, dall’Asia, dal Sud America. Come parlare di Resistenza, di guerra di Liberazione che fu una guerra civile, in modo adeguato a questi giovani che non conoscono la nostra storia? Questa è una ulteriore sfida per il nostro museo che proprio attraverso la storia vuole concorrere a integrare chi ha scelto il nostro paese come sua nuova patria, nonostante leggi e burocrazia retrograde.

L’inventario e la catalogazione rappresentano una delle attività fondamentali per un Museo che di fatto porta a compimento con il percorso fotografico un lavoro iniziatosi nel 2014 il cui fine rimane la costruzione di altrettanti percorsi formativi per far conoscere e far rivivere la memoria storica della lotta, frutto di coraggiose scelte personali, contro l'oppressore straniero e quello interno che ebbe il sostegno della popolazione.


*Museo valsusino della Resistenza  ANPI - Condove


Note

[1] L'inizio della Resistenza in Valsusa è simbolicamente fissato l'8 dicembre del 1943, quando nella borgata Garda (810 metri d'altitudine) di San Giorio di Susa, i comandanti partigiani giurarono di combattere per scacciare i nazisti dall'Italia e sconfiggere i fascisti della Repubblica di Salò. In realtà, l'attività partigiana era cominciata nei giorni immediatamente successivi allo sbandamento dell'8 settembre, quando dalle caserme di San Didero, Bruzolo, Bussoleno e Foresto, militari e civili antifascisti prelevarono le armi con cui si sarebbe sostenuto l'iniziale sforzo partigiano. Secondo le relazioni dei comandi germanici, la situazione era diventata pericolosa per la Wermacht già alla fine di ottobre, tanto da indurre gli alti comandi a far apporre il cartello “Achtung! Bandengebiet” sul ponte della Perosa ad Alpignano.



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