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Il battello errante

Aggiornamento: 5 apr 2023

Mercedes Bresso in dialogo con Claude Raffestin |


Con la diffusione veloce dell’epidemia di corona virus, gli Stati chiudono, gli uni dopo gli altri, i porti e quindi l’accesso alle navi passeggeri, come la nostra, è vietato se non per rapidi scali detti “tecnici” per gli approvvigionamenti, senza che nessuno possa sbarcare. Così le grandi navi da crociera diventano isole flottanti, più simili a delle prigioni che a dei luoghi di svago. D’altronde nel corso del tempo il mare è stato utilizzato come uno strumento di confinamento, con certe isole trasformate in prigioni. Tutti noi conosciamo l’esempio di Ventotene, dove furono confinati molti oppositori al fascismo, tra cui uno dei padri dell’Europa, Altiero Spinelli, che proprio sull’isola scrisse il suo manifesto, ma tra gli esempi celebri, c’è Sant’Elena dove fu esiliato Napoleone, o l’isola del Diavolo, nella Guyana, dove fu prigioniero il capitano francese Alfred Dreyfus, condannato con l’accusa, poi rivelatasi infondata, di alto tradimento. La stessa Australia da cui arriviamo, fu utilizzata alla fine del diciottesimo secolo per l’allontanamento dei criminali inglesi, le cui prigioni possono ancora essere visitate oggi come delle curiosità, in quanto sono alcuni degli edifici più antichi del continente. L’isola di Pitcairn, dove si rifugiarono gli ammutinati del Bounty, di cui abbiamo potuto incontrare alcuni discendenti, è stata da loro considerata l’isola della libertà mentre a ben vedere è stata una sorta di auto-prigione. Questo paradosso ci viene in mente mentre dalla nave guardiamo l’isola francese La Réunion, nell’Oceano Indiano, e ci sentiamo un po’ in galera, quando in prigione sono in realtà gli abitanti dell’isola, che non possono né partire, né ricevere nessuno, a causa dell’auto isolamento che si sono imposti. Mentre noi ripartiamo e rientreremo in Europa. Ma quando rientreremo? Tutte le mattine, a mezzogiorno, il capitano recita la sua “commedia dell’arte” informandoci sulla temperatura dell’aria e dell’acqua, sulla velocità della nave, sulla direzione (ora nord nord-est), senza tuttavia dare le notizie essenziali su che cosa faremo nei 31 giorni prossimi alla fine dichiarata della crociera, quando il percorso da fare senza fermate prenderebbe al massimo quindici giorni. Siamo in effetti una sorta di “nave errante”: andiamo certo da qualche parte ma non sappiamo bene dove e quando. Condizione che assomiglia a quella dell’intero pianeta, a sentire i discorsi pieni di incertezze che ci propinano i diversi governi nelle immagini delle poche trasmissioni che si riesce a captare. In attesa di un po’ di chiarezza, stiamo facendo una sorta di crociera spettacolo, guardando ieri Mauritius, oggi La Réunion, dal ponte superiore e dovendo immaginare le cose belle e non belle che nascondono questi verdi paesaggi montagnosi che spuntano dalle acque, quasi come isole del sogno.

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