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Eternit, sentenza giusta e nuovi orizzonti per battere il mesotelioma pleurico

di Vice

"Non è una assoluzione: il reato c’è. E adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi. La Cassazione non si è pronunciata per l’assoluzione. Il reato evidentemente è stato commesso, ed è stato commesso con dolo. Abbiamo quindi spazio per proseguire il nostro procedimento, che abbiamo aperto mesi fa, in cui ipotizziamo l' omicidio. Questo non è il momento della delusione, ma della ripresa. Noi non demordiamo”. Parole lungimiranti che l'allora procuratore aggiunto della Procura di Torino Raffaele Guariniello aveva espresso a caldo il 19 novembre del 2014, nell'immediatezza della sentenza della Cassazione. Un verdetto che nella sostanza con l'applicazione della prescrizione dei reati aveva passato un colpo di spugna sulle responsabilità del Paperon de' Paperoni dell'amianto, lo svizzero Stephan Schmidheiny, proprietario del gruppo Eternit, condannato il 3 giugno 2013 dalla Corte d'Appello di Torino, presidente Alberto Oggè, a 18 anni di carcere e, prima ancora, dalla Corte d'Assise, presidente Giuseppe Casalbore, a 16 anni di reclusione.


12 anni di carcere al magnate svizzero Stephan Schmidheiny

Ieri l'altro, però, a distanza di quasi nove anni, quella profetica visione è stata raccolta, se non in toto nelle sue linee essenziali dei capi d'accusa, dalla Corte d'Assise di Novara che ha condannato a 12 anni di reclusione l’industriale svizzero per la morte di 392 persone correlata all'esposizione all'amianto, e a risarcire con 50 milioni di euro il Comune di Casale, con 30 milioni lo Stato italiano e con altre centinaia di milioni i familiari delle vittime.

Certo, il reato è stato derubricato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo, ma ciò non inficia il valore della sentenza, né la chiara indicazione di una colpevolezza inseguita da decenni dalla magistratura italiana, dai cittadini di tutte le città avvelenate dalla presenza di impianti per la lavorazione dell'amianto e dall'opinione pubblica. Tuttavia, in attesa delle motivazioni, non è avventato ipotizzare che il passaggio da omicidio volontario a omicidio colposo più che una forma riduttiva della colpa, possa rappresentare una sorta di mediazione tra la richiesta di ergastolo dei pubblici ministeri Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare e l'assoluzione chiesta dal collegio difensivo di Stephan Schmidheiny, gli avvocati Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, "perché il fatto non sussiste" per mancanza di prova sul nesso di causalità, e in seconda battuta "perché il fatto non costituisce reato".

Dunque, il reato c'è, non è stato messo in discussione, e ciò ridà voce ai famigliari delle vittime che in quel oramai lontano 19 novembre del 2014 avevano urlato con quanto fiato in gola "Vergogna!, vergogna!" alla lettura della sentenza nell'Aula magna della Cassazione a Roma. Da quel grido è nata una nuova e ancora più matura determinazione a cercare la giustizia, a invertire la rotta di un destino che sembrava ineludibile nel classico schema di Golia che sopraffà i più deboli.


La ricerca per il contrasto alle malattie amianto-correlate

La sentenza di Novara si affianca ad altre importanti e positive notizie di carattere medico-scientifico. Arrivano dalla ricerca medica impegnata nella cura del mesotelioma pleurico, il micidiale tumore che colpisce i polmoni, una autentica bomba ad orologeria nell'organismo dell'individuo che ha respirato fibre d'amianto per la durata dell'incubazione (fino a 30/40 anni). Il mesotelioma pleurico colpisce circa duemila persone ogni anno nel nostro Paese. E la prognosi è infausta. Nella sua forma più aggressiva, il mesotelioma pleurico concede poco meno di un anno di vita. Ma con il ricorso all’immunoterapia sperimentata e applicata dal 2020 negli Stati Uniti, dal settembre scorso autorizzata anche in Italia, le prospettive sono più rosee e i medici non esitano a parlare di un raddoppio del tempo di sopravvivenza alla malattia.

Tra l'altro, il raggio d'azione della ricerca che oggi si muove dall'apparato respiratorio a più organi del corpo umano, in particolare l'intestino, rivela sempre nuove scoperte sulla patogenesi del mesotelioma e sulla capacità di reagire agli stimoli infiammatori. Per la clinica e la ricerca si tratta di nuove frontiere che si aprono per la cura di un tumore considerato, non lo si dimentichi, "malattia rara", perché inferiore a 6 casi ogni 100 mila abitanti. Cifre che però esplodono non appena si mettono a fuoco le aree inquinate e contaminate dal minerale: a Casale l’incidenza è di 60-70 casi su 100mila abitanti nell’uomo e 30-40 nella donna; a Broni, in provincia di Pavia, si registrano 90 casi 100.000, un dato che reclama, forse, un maggiore impegno nei tempi di bonifica di un sito produttivo (Fibronit) che sorge al centro della città.

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