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Dopo il Pil al ribasso, non ci resta che affidarci agli aruspici per leggere il nostro futuro...

di Emanuele Davide Ruffino

Le parole del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti in audizione sulla manovra finanziaria alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sono state inequivocabili: "Se la stima preliminare relativa al terzo trimestre dovesse essere confermata, l'obiettivo di crescita per l'anno in corso contenuto nel Documento programmatico di Bilancio (0,8%) potrebbe essere soggetto ad una, sia pure contenuta, correzione al ribasso. Ipso facto, possiamo sognare quello che più ci aggrada (e prospettare nuovi scenari giova a perseguire obiettivi di alto profilo), ma sempre di più dovremo fare i conti con l’andamento del PIL in rapporto al deficit accumulato nei periodi precedenti. Le possibilità di spesa di un governo non sono infinite, ma devono richiedere grande attenzione: se le spese superano le entrate, il disavanzo finanziario aumenta, obbligando a ricorrere ad un indebitamento che viene a costare sempre più caro e, se a ciò, si aggiungono ondate inflazionistiche, il pericolo cresce ulteriormente. Il rimedio sarebbe far crescere il PIL, inteso come ricchezza prodotta, più che la crescita del deficit, in modo che questo possa essere sopportato dal sistema.


I vincoli sul debito

Nel periodo del lockdown si sono potuti allentare i vincoli (nel 2021 il rapporto ha segnato il 5,2% nell’area euro, per poi ridursi al 3,6% nel 2022, dati Eurostat), con l’Italia in testa con il suo incremento dell’8,8% nel 2021 e 8% nel 2022 sul PIL (seguita dalla Romania e dall’Ungheria con il 6%). Con queste premesse l’unico obiettivo di breve termine è quello di garantire la sostenibilità del debito pubblico, onde evitare che giudizi estemporanei di qualche società di rating compromettano la stabilità. L’Italia è al BBB, un gradino più in basso e i nostri titoli non saranno più consigliati (o più esattamente non saranno più comperati dai grandi investitori), riportando ad una situazione simile a quella del 2011 che costrinse il governo Berlusconi a dimettersi. La volontà popolare va rispettata, ma nelle democrazie ciò può portare a rincorrere consensi immediati, senza preoccuparsi del futuro.

Per scongiurare ulteriori tempeste indotte dai comportamenti un po’ troppo allegri dai Governi degli ultimi anni (politici e tecnici), il Commissario europeo Paolo Gentiloni ha ufficializzato il ritorno al limite del 3% del rapporto deficit/PIL. Torneranno anche le procedure per deficit eccessivo, con la precisione che non si tratterà di nuovo rigore e austerità. Il problema è che a deciderlo saranno sempre più le situazioni reali e i mercati e sempre meno le volontà politico-demagogiche. La riduzione del debito, basandosi anche sulla riforma attualmente in discussione tra gli Stati sarà, a detta di Gentiloni, graduale, concreta, credibile e soprattutto differenziata per Paese. Tuttavia i parametri sono ancora da definire.


Prospettive a breve termine

Se non si potrà sfornare nuovo deficit (con tutti i bonus annessi e connessi) l’unica strada sarà quello di ricercare una maggiore crescita di ricchezza attraverso maggiore produttività e una drastica riduzione della burocrazia e delle spese inutili. E su questo lato l’analfabetismo economico-manageriale dell’Italia, dominata dai legulei che portano a comminare multe a chi ha lavorato nei Pronto soccorso durante il Covid (e che ha richiesto l’intervento diretto del Presidente della Repubblica) non ha limiti. Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma quante sono le situazioni analoghe, viene da domandarsi, che si concretizzano ogni giorno nel Paese e che ritardano la macchina produttiva ed erogativa.

Ad oggi siamo ancora nella fase che il Governo, rinunciando ad una politica di lungo periodo e di decisioni chiare, spera nel miracolo e che il PIL cresca sopra l’1% nel 2024 altrimenti ogni sua promessa risulterà vana, mentre la Confindustria rivendica maggiori contributi e i sindacati rivendicano maggiori stanziamenti e l’opposizione si limita a dire che quello che fa il Governo è insufficiente. E il tutto ricorda i capponi di manzoniana memoria.

Morale, scontata, la stessa da troppi decenni: questo Paese uscirà dalla crisi se saprà creare le condizioni per produrre maggiore ricchezza nel rispetto dei vincoli etici ed economici. Ma per far ciò è chiamato a liberarsi di tutti i lacci e lacciuoli (nel rispetto delle leggi e normative) che frenano la proverbiale vivacità e la capacità italiana, con un’azione di programmazione che dia certezza agli operatori e che permetta di muoversi in modo sincrono tra i diversi attori che hanno assunto responsabilità economico-sociali.





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