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C'era una volta il triangolo industriale: le strade diverse di Torino, Milano e Genova

Aggiornamento: 30 apr

di  Angelo Pichierri



Giovedì 2 maggio a Sesto San Giovanni (Milano), Fondazione ISEC, Centro studi per la programmazione metropolitana di Milano e l’Istituto Gramsci Piemontese organizzano un seminario naturalmente proseguimento dell'incontro che si è tenuto a Torino nello scorso febbraio. Incontro, che si inserisce in un più ampio lavoro di ricerca sulle dinamiche di sviluppo di Torino, Milano e Genova nel periodo 1993-2023, sarà aperto dalle relazioni di Matteo Bolocan, Francesca Governa e Gabriele Pasqui dal titolo "Genova, Milano, Torino: 1993-2023. Prime note per un’interpretazione spaziale delle dinamiche urbane" e di

Veronica Nicotra (Anci) e Andrea Ferri (Ifel Anci) su "Regole istituzionali e rapporti economici fra Stato e Comuni.


I lettori abituali di La Porta di Vetro ricorderanno di aver avuto notizia l’anno scorso nel mese di giugno dell’uscita di un libro intitolato Giunte rosse. Genova, Milano, Torino 1975-1990 [1], presentato al Polo del Novecento. La pubblicazione conteneva tre contributi degli autori (tra cui chi scrive) che si erano occupati in particolare di Torino nell’ambito di una ricerca interdisciplinare sulle vicende economiche, politiche, urbanistiche di quello che fu “il triangolo industriale”.

Uso il passato remoto perché uno dei risultati della ricerca (non particolarmente originale) è appunto la constatazione della fine del triangolo. Meno scontata l’analisi del ritardo con cui la consapevolezza di questa fine è maturata; ritardo legato al fatto che la deindustrializzazione ha avuto nelle tre città tempi non completamente coincidenti, e che il suo andamento è stato – almeno a Torino – strisciante e contraddittorio. Non scontata è anche che la constatazione che le tre città, sebbene egualmente “industriali”, avevano una struttura economica sensibilmente diversa, e un grado di integrazione tra loro piuttosto modesto. Caratteristiche queste che spiegano almeno in parte la diversità di tempi, strategie, risultati, con cui le classi dirigenti locali hanno reagito alla deindustrializzazione.

I risultati di una ricerca

La ricerca si arrestava all’inizio degli anni Novanta, con una periodizzazione tratta soprattutto dall’evoluzione politico-istituzionale, oltre a quella economica. Il libro ha avuto un qualche successo, è stato discusso in varie sedi; il gruppo di ricerca ha mantenuto i contatti, e ha deciso di passare a una seconda tappa, i cui contorni saranno definiti dopo una serie di seminari (ristretti, allargati, pubblici), il primo dei quali è stato ospitato nuovamente dal Polo del Novecento (la Fondazione Gramsci sponsorizza il lavoro assieme all’ISEC di Milano). La periodizzazione ha questa volta come punto di partenza i primi anni novanta, ma non si tratta di una scelta meccanicamente cronologica. Secondo un’ipotesi di lavoro condivisa, alla chiusura del ciclo precedente (deindustrializzazione, giunte rosse) ne succede un altro (terziarizzazione, cambiamento politico e istituzionale)  che si può convenzionalmente collocare tra il 1993 (elezione diretta del sindaco) e il 2008, con la crisi finanziaria mondiale che ha preceduto di qualche anno quella pandemica.

Tutt’e tre le città hanno tentato in questo periodo – con scarti temporali di qualche anno – di far fronte al problema di gestire quel che restava del loro passato manifatturiero, con l’ambizione di traghettarlo verso un’economia dei servizi e della conoscenza, funzionale al mantenimento di un segmento importante di “manifattura intelligente”. Le tre città diversamente industriali hanno affrontato questa sfida con modalità divergenti, che hanno accentuato la disintegrazione del vecchio triangolo: sullo sfondo di comuni difficoltà, come gli andamenti demografici, le difficile gestione dei flussi migratori, la progressiva delegittimazione della politica.

Genova, che non ha mai completamente superato lo shock della crisi delle grandi imprese a partecipazione statale, è ancora alla ricerca di una coerente identità che combini l’antica vocazione marittimo commerciale, la nuova vocazione turistica, e qualche volenteroso tentativo in direzione  high- tech. Milano, che esce vincitrice da ogni confronto, ha sfruttato il vantaggio di una struttura industriale originariamente differenziata, la potenza finanziaria, un ruolo dell’immobiliare che è sembrato spesso attribuire alla rendita fondiaria il ruolo di regolatore di ultima istanza. E Torino?


Che cosa ci dicono gli indicatori economici

Ancora  poco prima del 2008 uscivano pubblicazioni che la includevano tra le “città fenice”, vittoriosamente rinate dalle ceneri del loro passato industriale. E non senza buone ragioni. La città aveva apparentemente metabolizzato il formidabile trauma del progressivo declino e del progressivo abbandono di Fiat; la componentistica auto era sopravvissuta trovando altri mercati. Una inaspettata vocazione turistica si manifestava in una città più gradevole e attraente, con un miglioramento d’immagine consacrato dai Giochi olimpici invernali del 2006. In campo istituzionale, dopo decenni di indiscusso dominio Fiat, l’elezione diretta del sindaco (regolarmente rieletto) aveva dato nuova legittimazione e nuovo impulso a un governo locale capace di fare regia in una coalizione di forze locali in cui spiccavano new entries come le fondazioni di origine bancaria, e “autonomie funzionali” come Università e Politecnico diventate capaci di influire sulle politiche urbane e regionali.

Oggi, nessuno ha dubbi sul fatto che Torino sia in declino da almeno un quindicennio. Gli indicatori economici sono impietosi, non tanto in termini assoluti quanto in termini relativi: il Piemonte è sempre più staccato dal resto del Nord e il Nord Ovest si è rattrappito, con Milano e la Lombardia che viaggiano per conto loro. La legittimazione della classe dirigente locale è vistosamente calata; la vittoria dei 5stelle nel 2016 è stata un sintomo, ma non una medicina. Che cosa è andato storto?

Si tratta di temi che la ricerca dovrà affrontare da varie angolature,  e che daranno certo occasione a discussioni e riflessioni per ora agli inizi, che cercheremo  di rendere in qualche modo pubbliche. Cito solo un paio di spunti che sembrano promettenti.

Uno riguarda quella che gli economisti chiamano path dependence: la tendenza a “dipendere dal sentiero imboccato”, a proseguire cioè corsi d’azione che hanno avuto successo in passato, col rischio di finire in un lock-in,  un blocco da cui risulta difficile uscire. Il ciclo al centro della nostra attenzione può esser letto come il tentativo di uscire dal percorso non più trainante della manifattura, o almeno di un certo tipo di manifattura.

Non è detto che la dipendenza dal passato, anche lontano, sia un fatto solo negativo. Per continuare con gli esempi torinesi, è il caso della filantropia organizzata, così incisivo da far pensare a volte che il “sistema Torino” non sia cambiato moltissimo rispetto a quello iniziato nel 1563 con la fondazione della Compagnia di San Paolo. E l’esperienza dei santi sociali ha contribuito a creare modelli organizzativi che rimangono originali ed efficaci.

Il “sistema Torino” è il tipo di coalizione che si è formato negli anni Novanta, e che ha registrato discreti successi prima di irrigidirsi in forme di autoreferenzialità e di chiusura verso l’esterno. Come ha detto Valentino Castellani nel seminario di cui ho parlato: le relazioni erano nate intorno a un progetto, quando viene a mancare il progetto restano le relazioni, che diventano quasi inevitabilmente miopi e opportunistiche.

E a Genova? E a Milano? Non è detto che quel che vale per Torino valga anche per loro. La comparazione dovrà dirci se il tema dell’integrazione tra queste città è definitivamente archiviato o se c’è ancora una qualche “finestra di opportunità” da sfruttare insieme.


Note

[1] https://www.laportadivetro.com/post/le-giunte-rosse-del-triangolo-industriale-tra-memoria-e-presente;

https://www.laportadivetro.com/post/le-giunte-rosse-del-triangolo-industriale-tra-memoria-e-presente-3;

                                                                                                                    

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