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Alluvioni e disastri ambientali: le mezze stagioni e le leggi di Murphy

di Sergio Cipri

La prima legge di Murphy dice: se qualcosa deve andare storto, lo farà.

La seconda legge di Murphy dice: quando qualcosa andrà storto lo farà nel momento in cui provocherà il maggior danno.

Le leggi di Murphy non hanno alcuna validità scientifica e neppure statistica. E non è neppure vero che funzionano. Eppure mantengono nel tempo una forte attrattiva e più volte, pur citandole in modo ironico, siamo stati tentati di assegnare loro una certa credibilità.

Che cosa conferisce ad esse questo fascino irrazionale? Proverò a spiegarlo con un esempio: “i cuneesi guidano con il cappello in testa”. Molti anni fa le targhe delle auto contenevano, ben riconoscibile, la sigla della provincia. L’origine di questa diceria è incerta, ma ogni volta che si verificava l’abbinamento “cappello in testa + targa di Cuneo” il richiamo mentale alla diceria provocava un trasferimento, nel nostro cervello, dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, mentre l’assenza di questo abbinamento lasciava rapidamente scomparire il ricordo. Il risultato era inevitabilmente un rinforzo della convinzione che la diceria fosse verificata.

Proviamo con un altro esempio. La nostra auto ogni tanto perde potenza. Problema di centralina elettronica? Può darsi, ma la cosa si presenta raramente... E finalmente – prima legge: ciò che potrebbe guastarsi sicuramente si guasterà – l’auto ci pianta improvvisamente. Dove e quando? Di notte, sotto una nevicata, in una strada di montagna (seconda legge). Non è strano: ogni componente tecnologico soggetto ad usura cede in condizioni di funzionamento avverse.

Dopo mesi di drammatica siccità, improvvisamente la pioggia, abbondante, torrenziale. L’Emilia Romagna travolta dalle alluvioni. Dichiarazione dello stato di calamità naturale, case evacuate, ferrovie e strade interrotte. Stanziamenti straordinari per affrontare l’emergenza. Ma non basta: una ondata anomala di freddo colpisce il nord Italia: i telegiornali si adeguano istantaneamente e i servizi sui primi bagni di mare vengono sostituiti dagli spalaneve in azione.

Un tipico caso di avveramento delle leggi di Murphy: Se qualcosa deve andare storto - l’alluvione - prima o poi andrà sicuramente storto (prima legge). Quando andrà storto (lunga siccità, terreni induriti, ostacoli accumulati) lo farà nel momento in cui provocherà il massimo danno (seconda legge).

Era proprio destino e le leggi di Murphy non perdonano! Nient’affatto! Siamo noi, con la nostra insipienza, pigrizia, incapacità – senza scomodare pensieri più cattivi – che facciamo in modo che le leggi di Murphy si autoavverino. Quando (1987, un anno dopo il disastro di Cernobyl) ci fu chiesto con un referendum, per la verità in modo piuttosto indiretto ma del tutto chiaro, se avessimo voluto continuare a produrre energia con le centrali nucleari, votai contro. Chi scrive ha una laurea in fisica nucleare e conosce bene principi e tecnologie. Una centrale nucleare è un impianto molto più complesso di una centrale idroelettrica oppure a gasolio. Un incidente in una centrale tradizionale provoca danni all’impianto e una interruzione dell’erogazione di energia elettrica. Un incidente in una centrale nucleare può avere, come si è visto, conseguenze devastanti. Il motivo del mio voto contrario, annegato in una alluvione (circa 70%) di NO dettati dall’emozione, era del tutto razionale. Ci torneremo poco più avanti.

Qualcuno dei miei rari lettori, a questo punto, si starà chiedendo: ma dove ci vuole portare, dai cuneesi con il cappello in testa alle auto che si guastano, leggi di Murphy e centrali nucleari fino alle alluvioni di questi giorni... Con l’eccezione dei cuneesi con il cappello in testa, gli altri temi hanno un elemento in comune: attenzione a ciò che utilizziamo, controllo, manutenzione. Qualsiasi oggetto, prodotto, processo umano o naturale è soggetto ad un ciclo di vita, a invecchiamento, a disfunzioni. Tutto ciò che ha inizio, ha fine (Buddha). Più è alto il rischio di malfunzionamenti, più alto è il rischio di conseguenze gravi, più ossessiva deve essere l’attenzione alla manutenzione preventiva, al rispetto della sostituzione di componenti giunti a fine vita anche se apparentemente in buona salute, alle procedure di verifica periodica in condizioni simulate di stress, all’addestramento del personale di intervento in caso di incidente.

Votai NO al nucleare perché, anche se ho sempre odiato le affermazioni del tipo: gli italiani sono, i francesi sono, avevo e continuo ad avere il timore che noi italiani siamo geneticamente poco sensibili alla manutenzione, compresa quella del territorio in cui viviamo. Un amico mi raccontava un esempio calzante. La sua azienda specializzata in prodotti di diagnostica guasti per sistemi complessi, aveva sviluppato, con l’impiego della Intelligenza Artificiale, un sistema di previsione dei malfunzionamenti. Il sistema conosceva tutti i dati di progetto, le caratteristiche dei materiali, la statistica dei guasti di ogni singolo componente, le procedure di manutenzione. Raccoglieva inoltre in tempo reale i dati di funzionamento da migliaia di sensori. Durante il collaudo del prototipo il committente, che avrebbe a sua volta venduto il sistema ai clienti degli impianti da lui prodotti, fu fortemente contrariato dalle segnalazioni e perentorio affermò: "I nostri impianti sono molto più sicuri e si guastano molto meno di quanto il vostro sistema di Intelligenza Artificiale pretenderebbe!". Il sistema venne bocciato e le caratteristiche di resilienza degli impianti continuarono ad essere dichiarate dal marketing, piuttosto che da un processo di valutazione basato su dati e loro elaborazione.

Il pianeta sul quale viviamo, e tutti i suoi sottoinsiemi di dimensioni comunque ridotte, è equiparabile ad un sistema tecnologicamente molto complesso. Possiamo affermare che dispone di meccanismi di autoregolazione e ripristino automatici altamente efficienti, visto che ci fornisce, dopo lunghi periodi di messa a punto, i servizi per la nostra sopravvivenza da circa un milione di anni. Dovremmo trattarlo con ogni precauzione e invece ci comportiamo, secondo una notissima metafora, come se stessimo segando il ramo sul quale stiamo seduti. Perché le leggi di Murphy si avverino devono essere messi in atto diversi comportamenti che facciano, come si dice, sinergia.

Ignoranza, non conosciamo a sufficienza i meccanismi alla base del funzionamento del nostro pianeta. Arroganza, riteniamo di essere in grado di modificare a nostro vantaggio questi meccanismi. Avidità, non ci poniamo limiti allo sfruttamento delle risorse, che riteniamo illimitate. Delirio di onnipotenza, che persegue la distruzione delle risorse del nemico, che sono le nostre stesse risorse. Egoismo, che si illude di poter mantenere in eterno disuguaglianze criminali. Ottimismo, nella sua accezione suicida, convinti che tutto si aggiusterà. Ci vogliono più componenti perché le leggi di Murphy si autoavverino: noi le stiamo applicando tutte.

Ultima osservazione. Inseguiamo ossessivamente un miraggio di sviluppo che misuriamo con l’aumento del PIL. Intervenire su un disastro avvenuto costa molto, molto di più che prevenire, ma mette in moto un business molto più interessante, per molti attori più o meno eticamente connotati… e garantisce un maggior aumento del PIL.

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