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24 FEBBRAIO, UN ANNO FA Bilancio di una guerra imprevista

Aggiornamento: 7 apr 2023

di Michele Corrado*

Dopo 365 giorni di operazioni militari convenzionali a media/alta intensità, si possono trarre alcune certe considerazioni che ci riguardano, come europei occidentali, in maniera diretta:

- il tentativo di conquista dell’Ucraina da parte della Russia non è andato a buon fine, questo è acclarato in quanto tutte le campagne militari di simile durata definiscono risultati certi;

- come già esposto dal gen. Mark Milley, Capo degli Stati Maggiori riuniti USA, nel suo intervento nel HQ della Nato lo scorso 14 febbraio, i russi hanno perso questa fase della guerra in Ucraina ed hanno pagato un alto prezzo sul campo di battaglia;

- tale valutazione, che non risponde a sola propaganda, visti i mezzi di controllo del conflitto che americani e Nato posseggono, è ragionevole considerarla veritiera;

- ne deriva che le reali capacità di condurre operazioni offensive da parte russa, che si credevano reali e definitive in caso di impiego a tutto campo, sono risultate modeste ed in ogni caso totalmente insufficienti a conseguire risultati offensivi permanenti;

- gli americani, che avevano dato per spacciati gli ucraini già prima del 24 febbraio 2022, hanno poi dovuto ammettere di aver sottovalutato le possibilità e la volontà di resistenza della popolazione ucraina e dei suoi governanti;

- come la sopravvalutazione delle possibilità militari delle proprie Forze e del favore del contesto interno ucraino da parte dei russi, così la opposta sottovalutazione americana degli ucraini e della risposta europea ha completamente falsato la realtà della situazione;

- la Nato, data per defunta dopo l’abbandono del Teatro afghano, ha ritrovato la sua funzione naturale in un ambito europeo di operazioni militari ad alta intensità.

Viste queste constatazioni, emergono un certo numero di “lezioni apprese” (lessons learned in linguaggio Nato), che consentono di apprezzare quanto accaduto in un’ottica realistica, lontana dagli aspetti propagandistici dei vari attori e comprimari:

- il ruolo dell’intelligence: ogni “making process” (in italiano Processo di Pianificazione asservito ad una attività militare), è governata dall’intelligence posseduta o che è possibile acquisire da qualsiasi fonte. Questa può essere incompleta, ma deve essere veritiera, altrimenti si pianifica e decide da basi lontane dalla realtà. La Russia, se fosse stata in possesso di un quadro di intelligence realistico sulla situazione politico/sociale dell’Ucraina, non avrebbe nemmeno condotto le vaste esercitazioni in Bielorussia, figuriamoci quel maldestro tentativo di invasione. Il ruolo degli apparati di intelligence resta il fondamento sul quale imbastire qualsiasi attività militare e non solo;

- decenni di peace keeping operations hanno allontanato dalla realtà gli Stati Maggiori dei paesi occidentali ed illuso che non si sarebbero ripresentati scenari di operazioni militari ad alta intensità condotte da Paesi avanzati; ed in qualsiasi caso non sul continente europeo;

- le “sanzioni”, azioni economiche derivanti dalle “operazioni di pace”, hanno dimostrato (non che ve ne fosse bisogno), ma in questa percezione di una realtà distorta, dove il fattore tempo era non considerato, un completo fallimento ai fini delle operazioni sul campo;

- condurre operazioni convenzionali ad alta intensità produce consumi abnormi di personale, munizionamento ed equipaggiamenti, in tempi direttamente proporzionali all’intensità dei combattimenti. Era una situazione dimenticata, dalla Seconda Guerra Mondiale, in particolare in ambito europeo;

- l’industria della Difesa è stata nel tempo fortemente dimensionata, con il risultato che attualmente siamo fortemente carenti di munizionamenti di varia tipologia che risultano essere i generi di prima necessità per le Forze ucraine;

- non è possibile sopperire alla carenza qualitativa delle truppe aumentandone la quantità; per la Russia è stato traumatico scoprire che in qualche settimana non si “costruisce” un combattente e quindi l’impiego oculato delle unità ad alto addestramento è fondamentale ai fini della condotta offensiva di qualunque operazione militare;

- i costi economici di operazioni militari convenzionali prolungate non sono sostenibili indefinitamente.

Quanto sopra descritto, dodici mesi fa sarebbe stato un racconto da inserirsi nel filone fantasy horror; oggi sta diventando un possibile incubo vista l’impreparazione (o meglio, la persa abitudine), a gestire situazioni di reale crisi che possano avere ripercussioni immediate e durature sul nostro quotidiano.

Il dichiarare, in particolare a livello nazionale, di promuovere incontri e conferenze di pace ad oltranza, dimentica che, da sempre, si firmano accordi solo dopo che “il terreno si è espresso”. Nello specifico, fino a quando gli ucraini o i russi non ritengono di ritrovarsi in una situazione senza via di uscita non sarà possibile sottoscrivere quello stato di fatto espresso dalle operazioni sul campo.

Non si è mai vista la firma di un trattato fra contendenti ancora pienamente in operazioni e non capisce per quale motivo debba ora essere diverso.

Infine, il ruolo della Nato: grazie all’Alleanza Atlantica siamo in vantaggio su qualunque antagonista avesse intenzione di sovvertire un equilibrio, almeno euroatlantico, che si è consolidato nel tempo.

Gli stessi Stati Uniti non avrebbero le stesse possibilità politico-militari senza questa organizzazione che sta dimostrando un ruolo inimmaginabile ed insostituibile soltanto 12 mesi fa.


*Col. in Ausiliaria Esercito Italiano

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