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Vaiolo delle scimmie: guardia alta, ma evitiamo allarmismi

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi |


In modo quasi profetico, il 19 maggio abbiamo descritto in un nostro articolo (Uomo, animali esotici e virus: un rapporto da definire in https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/05/model_vz-1.pdf), il difficile e fragile rapporto fra uomini, animali selvatici e virus ed ecco che i media hanno iniziato a parlare del “vaiolo delle scimmie” che ha colpito ad oggi (che si sappia) circa 105 persone nel mondo di cui solo una donna.

Questo virus (monkeypox) appartiene alla stessa famiglia del vaiolo umano ma è molto meno aggressivo, diffusivo e grave. È presente in particolare tra primati e piccoli roditori, prevalentemente in Africa. Nell’essere umano si manifesta con febbre, dolori muscolari, cefalea, linfonodi ingrossati, stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole, piccole croste. Si può trasmettere da uomo a uomo attraverso droplets, contatto con fluidi corporei o con le lesioni cutanee. I casi confermati riguardano maggiormente uomini giovani omosessuali e bisessuali. L’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) ha attivato un sistema di allerta a livello europeo al quale partecipa l’Iss. La copertura della vaccinazione

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) è possibile che le persone più giovani che non sono state vaccinate contro il vaiolo (vaccinazione abolita in Italia nel 1981) siano a maggior rischio di infezione per l’assenza di anticorpi che, per la similitudine del virus del vaiolo con il monkeypox, possono essere efficaci a contrastare anche questa virosi. I vaccinati potrebbero invece godere ancora di una protezione sufficiente nella maggioranza dei casi. Normalmente la virulenza della malattia non sembra grave e si risolve spontaneamente in 1-2 settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche. Se è il caso, possono venir somministrati degli antivirali, quando ritenuto necessario. Si stima che la malattia possa causare la morte di un soggetto ogni 100 persone colpite. Attualmente sono stati segnalati casi in Portogallo, Spagna, Regno Unito, Italia. Alcuni casi sono stati segnalati anche negli Stati Uniti. È importante ricordare che la malattia è endemica nel paesi africani fra Tropici ed Equatore; attualmente solo Camerun e Nigeria segnalano casi oltre a quelli in Europa e USA. Ed è quindi facile da prevedere periodici “sconfinamenti” anche in Occidente. Virus sotto osservazione del 2003

Il virus fu scoperto nel 1958 nelle scimmie da laboratorio e poi fu riscontrato negli scoiattoli che sembrano essere ospiti naturali del virus. Probabilmente il virus non si è evoluto nella scimmia bensì nel suo animale ospite che con molta probabilità è uno scoiattolo africano selvatico. Questo virus è già arrivato all’attenzione della comunità scientifica nel 2003, quando si registrò una piccola epidemia negli Stati Uniti: a causarla fu l’importazione di un grosso ratto chiamato cricetomys gambianus che delle persone volevano tenere in casa come animale da compagnia. Ebbene, l’epidemia causò un discreto problema sanitario anche se le infezioni umane non furono particolarmente gravi, rilevando solo sintomi leggeri. Questa malattia sconosciuta alla maggior parte delle persone e a molti medici, probabilmente sarebbe passata inosservata se non fosse per l’inevitabile attenzione mediatica sulle malattie infettive, scottati come siamo dalla recente pandemia. Senza enfatizzare oltre misura l’accaduto, bisogna però che il mondo scientifico e soprattutto le autorità sanitarie pongano la dovuta attenzione al rapporto fra uomini, animali selvatici, ambiente e abitudini di vita. Il concetto si estende nel tentare di capire il rapporto fra tutti gli abitanti del pianeta, se vogliamo mantenere adeguati equilibri per noi e per le generazioni che verranno. Educazione sanitaria nel rapporto con gli animali

Non si tratta di vietare l’importazione di animali, ma di predisporre adeguati controlli, adottare misure igieniche e di protezione individuale nei rapporti privati soprattutto fra i giovani e con persone sconosciute. A monte occorre un’azione di educazione sanitaria che, partendo dalla formazione degli operatori sanitari, porti a conoscere le incombenze connesse alla convivenza con animali e a gestirli in ogni situazione, anche quelle impreviste, per evitare che la malattia si trasformi in una zoonosi endemica. Nell’immediato, la prima necessità è quella di rendere il sistema in grado di identificare precocemente i sintomi e affrontare queste “nuove malattie” di cui non si sentiva più parlare da decenni (il Ministero ha già provveduto ad emanare un’apposita circolare che ha anche indicato le condizioni in cui risulti necessario attivare quarantene). È ovvio che le persone infette dovrebbero rimanere isolate fino alla caduta delle croste che si vengono a formare a seguito dell’eruzione cutanea causata dalla malattia, e in particolare dovrebbero evitare contatti ravvicinati con persone immunocompromesse. A rischio sono pure gli stessi operatori sanitari (compreso il personale di laboratorio) che possono venire a contatto con la malattia. Anche se non scoppierà una nuova pandemia è rilevante osservare come la notizia abbia colpito l’immaginario collettivo, provocando gli effetti di una pandemia, senza che questa realmente esista. L’annuncio del possibile scoppio di una nuova pandemia influisce sugli indici di borsa, sul valore delle valute e, di conseguenza, occorre valutare con attenzione il fenomeno e monitorare che nessuno abbia la tentazione di manipolare la situazione a suo vantaggio.

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