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Un libro su “Giuseppe Berruti”, fondatore del Maria Vittoria di Torino


Oggi 2 aprile, alle 16, presso il Teatrino Civico di Chivasso, per iniziativa dell’Università della Terza Età chivassese e della Pro Loco Chivasso “L’Agricola”sarà presentato il libro “Giuseppe Berruti”. (Aggiornato alle 12.36 del 2 aprile 2022)

Il nome di Giuseppe Berruti, chivassese, potrà non dire nulla alle giovani generazioni. Al limite, potrà suscitare una vaga curiosità tra i meno giovani o gli anziani, per via di quel cognome che si associa d’istinto al grande velocista, campione olimpico a Roma, Livio Berruti. Ma a trarre tutti d’impaccio è il Dizionario biografico della Treccani, che alla voce “Giuseppe Berruti” offre le notizie salienti per rimettere in posizione il nostro sestante (https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-berruti_%28Dizionario-Biografico%29/).) Si scopre così che Giuseppe Berruti nacque il 30 novembre 1841 da Giovan Battista, medico, e da Leocadia Foassa. Figlio d’arte, si laureò nel 1864 in medicina e chirurgia presso l’università di Torino ed esercitò privatamente per un lustro a Chivasso, per poi ricevere la nomina di assistente della cattedra di ostetricia e ginecologia dell’Ateneo torinese, diretta dal professore Domenico Tibone (1833-1903), uno dei luminari nel campo della ginecologia, considerato il vero fondatore della Clinica Ostetrica moderna (https://www.torinoscienza.it/personaggi/domenico-tibone). Giuseppe Berruti non fu da meno del maestro e, dopo aver conseguito la libera docenza in ostetricia e ginecologia, ebbe il merito di aver sostenuto e diffuso le idee del medico austriaco Ernst Wertheim (1864-1920) sulla possibilità di intervenire chirurgicamente su donne affette da cancro dell’utero diffuso all’addome.

Fin qui le informazioni di carattere scientifiche che ci offre la Treccani. A Giuseppe Berruti, che morì nel 1911, è doveroso riconoscere però anche un altro grande merito: è il fondatore dell’ospedale Maria Vittoria di Torino. La costruzione dell’ospedale, nel cui giardino è stato eretto un busto in onore del suo benefattore (foto in alto), durò poco più di due anni (dal 1883 al 1885) e si realizzò su alcuni terreni donati per l’appunto dal medico. L’obiettivo era quello di dare vita a un nosocomio per la cura delle donne e dei bambini che coprisse l’area di Borgo San Donato, allora in rapida espansione per la presenza di numerose fabbriche, in particolare quelle per la produzione di cioccolato.

Ora, il vuoto sulla figura di Berretti è stato colmato dall’impegno di uno studioso di storia locale, Giuseppe Busso, e dai medici Libero Ciuffreda, Alessandro Comandone e Paolo Mussano che hanno dato alle stampe, con il sostegno della Pro loco Chivasso “L’Agricola”, una pubblicazione edita da Neos nella collana Storia e memoria. Volume agile, cento pagine, ma prezioso, perché ci racconta, senza proiezioni apodittiche e depurata da ogni forma di retorica, la vita di un personaggio che seppe donare con altruismo il suo sapere e le sue conoscenze medico-scientifiche per la cura di soggetti fragili all’interno i una società di fine Ottocento in cui gli ultimi, il più delle volte, restavano ultimi per sempre.

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