Ultimi giorni della mostra a Torino sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa
Aggiornamento: 27 mag 2023
Le date ci aiutano a ricomporre il mosaico di un recente, oscuro e complicato periodo della storia d'Italia, quello delle stragi di Cosa Nostra, una mafia mandante, esecutrice e complice in una perversa alleanza con poteri nazionali e internazionali tutt'altro che occulti, ma di cui non si riesce ancora a dimostrare la responsabilità. Trent'anni fa, il 27 maggio 1993, l'attentato in via dei Georgofili a Firenze, una famiglia distrutta, cinque persone uccise dallo scoppio di una autovettura imbottita di tritolo. Nell'esplosione perdono la vita Fabrizio Nencioni, la moglie Angela Fiume, le bimbe loro figlie Caterina e Nadia, lo studente Dario Capolicchio. 23 maggio 1992: la mafia dei corleonesi schiaccia il timer che fa sollevare al cielo un'intero tratto autostradale nei pressi di Capaci: nel cratere sprofondano il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesco Morvillo e gli uomini di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, a bordo della "Quarto Savona Quindici", l'auto esposta proprio nel capoluogo toscano in questi giorni.
Con le lancette che vanno all'indietro riemergono dal passato i nomi dei trucidati dalla mafia. Sono stati scritti e ripetuti più volte. Sono quelli di magistrati, poliziotti, politici, sindacalisti, giornalisti.
I momenti salienti della sua vita al Museo del Risorgimento
Tra questi vi è Carlo Alberto dalla Chiesa, prefetto di Palermo, generale dei carabinieri, nato a Saluzzo nel 1920 e ucciso in via Carini il 3 settembre del 1982 insieme con la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo, simbolo di una coraggiosa lotta alla mafia, di cui il giudice Falcone, anni dopo, avrebbe vissuto e pagato la stessa identica solitudine, un isolamento anticamera della morte, secondo una legge non scritta applicata all'epoca, con una pioggia di fuoco, dai corleonesi di Totò Riina.
Parlare del generale Dalla Chiesa ci riporta alla mostra allestita al Museo del Risorgimento di Torino, organizzata dall'Arma dei carabinieri, realizzata da Publimedia a cura del giornalista Andrea Pamparana, che si avvia alla chiusura, lunedì prossimo, 29 maggio. Ultimi giorni per ripercorrere e riportare alla memoria l'impegno in un lungo arco di tempo di un servitore dello Stato, non sufficientemente difeso dalle istituzioni cui aveva giurato fedeltà da soldato e da suo rappresentante.
La mostra a Torino su Carlo Alberto dalla Chiesa presenta ragioni storiche, professionali e personali che sono cronologicamente e didascalicamente scansionate nel percorso interattivo. Nel capoluogo piemontese, come ha ricordato il figlio Nando dalla Chiesa, "mio padre vi si ritrovò la prima volta per punizione". Erano gli anni Sessanta.
A Torino, Carlo Alberto dalla Chiesa ritornò nel decennio successivo, durante la fase embrionale del terrorismo contrastato con il "nucleo speciale antiterrorismo" da lui fortemente voluto che impresse una forte accelerazione nella evoluzione di indagini e strategie anti eversione destinata a fare storia, insieme con le intuizioni dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Torinoche istituì il "pool antiterrorismo"; un metodo di lavoro successivamente applicato anche a Palermo con il "pool antimafia".
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