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Solitudine e vergogna che uccidono

Aggiornamento: 27 gen 2023

di Enrica Formentin

La notizia ha ricevuto qualche richiamo sulla stampa ed è stata seguita da qualche telefonata alle radio. Una cornice oramai abituale che si leva attorno ai drammi della solitudine. L'ennesimo si è consumato una decina di giorni fa in un luogo dove ogni giorno transitano centinaia di persone: il parcheggio di un supermercato a Mortara, in provincia di Pavia. Un uomo di 64 anni è stato rinvenuto privo di vita all’interno della sua vecchia Opel Corsa che da circa dieci mesi si era trasformata nella sua casa. Erano quasi le 10 del mattino quando un uomo ha provato a svegliarlo scuotendo la coperta nella quale era avvolto. Nessuna risposta. Il 64enne era immobile, morto a causa, con tutta probabilità, della temperatura polare che si era registrata nella notte. Lo sfratto e la perdita della compagna avrebbero avuto una parte determinante nel suo lasciarsi andare alle soglie della povertà e nel suo distacco psichico dalla vita.

La vergogna che impedisce di chiedere aiuto

Nonostante l’impegno delle associazioni di volontariato (citiamo per Torino il Sermig Arsenale della Pace, Terra Mia Cooperativa Sociale Onlus, Società Asili Notturni) il numero di persone che si trovano in povertà estrema aumenta ogni anno e in corrispondenza aumenta anche il senso di vergogna che impedisce a queste persone di chiedere aiuto.

La vergogna è un sentimento oscuro, uno dei più insidiosi e complessi vissuti dalla persona. Può essere descritta come una sensazione pervasiva di inadeguatezza e di inferiorità che inibisce o distorce la capacità di reagire a eventi spiacevoli che si presentano nella propria vita. La vergogna subentra quando nel fare un bilancio della propria vita si pensa di non essere all’altezza della vita sociale a causa dei troppi fallimenti e induce l'individuo all'isolamento.

A portare queste persone sulla strada sono ragioni varie, ma secondo le associazioni di volontariato che operano giorno e notte è determinante l’assenza del senso di comunità.

Gli invisibili cosi chiamati dalla nostra società in realtà sono visibilissimi, ma li si guarda come una cosa che non ci riguarda, di cui si occuperà un’altra persona o, meglio, che è compito dell'istituzione.

Dovremmo renderci conto che la vicinanza, le relazioni e un ripristino di punti di riferimento,il “calore umano”, per essere chiari, aiuterebbe il reinserimento sociale.


In Italia, oltre 96 mila homeless e senza fissa dimora

Il dramma della solitudine è una delle tante piaghe che colpiscono il genere umano. Ma colpisce che a ogni epilogo di una vita che si è trascinata fino a spezzarsi priva di affetti, affiori l'indifferenza verso una realtà sempre più cruda, in cui chi è caduto nella trappola del male di vivere, nella dipendenza da alcol e droghe, o nella disabilità non riesce più immaginare un'alternativa che non sia quella di aspettare la morte. Magari attesa come una liberazione. Non è un bel biglietto da visita per la nostra società, dove il numero dei clochard (senza tetto e senza fissa dimora) è oltre i 96 mila, secondo l'ultimo dato Istat relativo a fine 2021. Di queste persone quasi il 38% è di nazionalità straniera e la componente maschile è decisamente prevalente (212,4 uomini ogni 100 donne). L’età media totale è di 41,6 anni, per gli italiani si innalza a 45,5 anni mentre per gli stranieri si abbassa a 35,2 anni. Oltre la metà degli stranieri senza fissa dimora proviene dal continente africano, il 22% è di cittadinanza europea, mentre il 17% è di origine asiatica.

“Il fondamento della vergogna non è il nostro sbaglio personale ma che tale umiliazione sia visibile a tutti”

Milan Kundera


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