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Senza fine, il dramma delle donne afghane

Si chiamava Mahjubin Hakimi ed giovane giocatrice di pallavolo nella Kabul Municipality Volleyball Club, una società della capitale afghana. Una promessa. Il suo volto cerchiato nella foto, alle spalle di una compagna di squadra, sta facendo il giro del mondo. Secondo le notizie drammatiche che arrivano dall’Afghanistan, sarebbe stata catturata, uccisa e decapitata dai talebani per non aver accolto il punto di vista di chi vuole la donna sottomessa e aliena da ogni forma di pratica sportiva. La versione dei suoi famigliari concorda sulla morte (misteriosa), ma non sui tempi, che risalirebbero invece a una settimana prima della caduta di Kabul. Affermazione che non sfugge al sospetto di una dichiarazione accomodante per evitare le rappresaglie degli studenti coranici. Il britannico The Independent, che ha rotto il velo del silenzio e della paura sull’ennesima violenza alle donne con la denuncia dell’allenatrice di Mahjubin Hakimi, è lo stesso quotidiano che ha riportato anche la notizia che sono almeno 20 le calciatrici afghane tra i cento rifugiati evacuati dalla Fifa, la federazione internazionale calcistica. Il che, se non altro, libera da ogni dubbio su eventuali giudizi differenziati o di favore dei talebani sugli sport praticati dalle donne afghane, il cui destino è dunque segnato, se non si registrerà l’intervento della comunità internazionale.

Il 21 ottobre del 2017, esattamente quattro anni fa, Germana Tappero Merlo pubblicò sul proprio profilo Fb la traduzione di un passaggio del libro Fascismo islamico (titolo originale Der islamische faschismus) di Hamed Abdel Samad. Un passo che ritorna sinistramente di attualità: “L’Islam contiene il concetto di diyya, il prezzo del sangue che viene versato, da parte degli assalitori, alle vittime di gravi lesioni o alle famiglie delle vittime di omicidio. A una donna è consentito ricevere solo metà della somma di un uomo, e la somma da versare al parente più prossimo di una donna assassinata è solo metà rispetto a quella versata per un uomo ucciso. In caso di lesioni fisiche, l’aritmetica diventa più interessante: l’articolo 297 del codice penale iraniano fissa la pena per l’uccisione di un uomo in 100 cammelli, dando lo stesso valore ai testicoli in caso di lesioni agli stessi: il sinistro vale 66,6 cammelli, il destro 33,3. La motivazione della differenza deriva dalla shari’a, che ritiene il primo (testicolo sinistro) responsabile per il concepimento dei maschi, mentre l’altro (il destro) per quello delle femmine. In sostanza, il testicolo sinistro di un uomo vale di più della vita di una donna (50 cammelli).

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