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PUNTURE DI SPILLO. Il valore economico... delle manganellate

a cura di Pietro Terna


Uno spillo bisestile, oggi è il 29 febbraio. Non sono superstizioso, ma un caro amico diceva di temere gli anni bisestili perché ogni giorno può portare guai e ne hanno uno in più, di giorni. Lo spillo del giorno bisesto (bis sexto die dei romani) non porta guai, li registra. In particolare registra la repressione degli studenti avvenuta pochi giorni fa a Pisa, tanto grave da provocare un intervento del presidente Mattarella.

Come curatore di questa rubrica desidero scriverne, ma qui ci si occupa di fatti economici nazionali con incursioni in quelli internazionali, di società e economia torinese e, da qualche mese, di intelligenza artificiale. Per non andare troppo fuori tema ho scritto a ChatGPT, il chiacchierone sapiente di cui tutti chiacchierano, questa letterina: “Sei un giornalista e scrivi articoli di opinione: come faresti a collegare la repressione della libera espressione degli studenti con il futuro economico”.


La risposta[1] inizia con:

In un mondo sempre più interconnesso, la libertà di espressione non è solo un diritto fondamentale dell'individuo, ma anche un pilastro cruciale per lo sviluppo economico sostenibile e l'innovazione. Recentemente, abbiamo assistito a un preoccupante aumento della repressione della libera espressione degli studenti in varie parti del globo. Questa tendenza non solo minaccia i diritti umani ma pone anche un serio rischio per il futuro economico delle nazioni coinvolte.

Poi vola alto:

La libertà di espressione è il motore dell'innovazione e della creatività. Gli studenti, con le loro idee fresche e prospettive uniche, sono spesso in prima linea nell'esplorare nuovi concetti e soluzioni ai problemi esistenti. Quando la loro voce viene soffocata, si perde un'importante fonte di innovazione. Le università e le scuole dovrebbero essere laboratori di idee dove gli studenti sono liberi di esplorare e discutere apertamente. La repressione di queste libertà trasforma questi spazi in echi di un pensiero unico, limitando gravemente il potenziale di progresso.


Ora pensa al portafoglio:

La repressione della libera espressione degli studenti ha anche implicazioni dirette sul clima di investimento. Gli investitori cercano stabilità, prevedibilità e un ambiente in cui l'innovazione possa fiorire. Una nazione che reprime le voci critiche, specialmente quelle dei giovani e degli intellettuali, è vista come un luogo meno attraente per gli investimenti. Questo può avere effetti a catena sull'economia, riducendo la crescita, l'occupazione e la competitività internazionale.

Ultimo, guarda ai rischi futuri:

Infine, la repressione della libera espressione mina la resilienza economica. Le società che incoraggiano un ampio spettro di opinioni e dibattiti sono meglio attrezzate per affrontare le sfide, adattarsi ai cambiamenti e superare le crisi. La diversità di pensiero contribuisce a soluzioni innovative e sostenibili, essenziali per la resilienza economica a lungo termine.

Sembra un economista freddo e razionale! Però anche gli economisti hanno un kuore, con la kappa, si sa, per via di Marx con il suo Das Kapital! E allora, senza più scherzare, esprimo empatia nei confronti dei giovani che animano una manifestazione contro un massacro come quella di Gaza, iniziato per via di un altro massacro, ma non per questo meritorio di assoluzione.

Molto condivisibili le parole[2] del politologo Gianfranco Pasquino: “Le immagini degli agenti di polizia che, a Pisa più che a Firenze, manganellano giovani studenti delle scuole superiori, sono conturbanti anche per me, uomo d’ordine. Ho cercato di guardare nei dettagli quelle immagini variamente trasmesse. Non ho visto né passamontagna, né sbarre e bastoni che mi avrebbero permesso di diventare “pasoliniano”: studenti di famiglie borghesi contro poliziotti di origine proletaria. Quindi, posso schierarmi con quel borghese del Presidente della Repubblica “l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli” e “con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Tutto giusto, ma gli urticanti versi[3] di Pasolini mi colpirono allora (1968, avevo 24 anni) e mi colpiscono ora. Un estratto:

Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. Quanto a me, conosco assai bene il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, a causa della miseria, che non dà autorità.



Mi sono rifugiato nelle immagini e ho chiesto a DALL•E3, tramite Bing, di disegnare gli effetti della repressione delle idee e delle proteste sulla società e lo sviluppo. I risultati li vedete nelle figure che accompagnano l’articolo.

Il baccelliere di musica che conclude gli spilli non ha visto quelle immagini, ma ha scritto frasi e scelto brani, assai consonanti. È partito da lontano. I francesi hanno tagliato la testa a un re. La stessa sorte aveva subito Carlo I d’Inghilterra centoquaranta anni prima. Per non parlare di quello che successe in Russia nel 1917. Alla base c’erano questioni economiche, come l’emergere di nuove classi produttive o la redistribuzione della ricchezza. Il nostro Paese non ha fatto rivoluzioni.

Dalle nostre parti ci sono stati tumulti o rivolte di piazza. Come quella che mise nei guai il povero Renzo nei Promessi sposi. E repressioni. Come quella di Bava Beccaris, che causò indirettamente il regicidio di Umberto I. Le parole incrociate di Lucio Dalla (domani ricordiamo il suo 12° anniversario della morte, avvenuta a pochi giorni dal suo 69° compleanno l'1 marzo a Montreux, Svizzera) e soprattutto di Roberto Roversi[4] prende spunto dall’avvenimento e descrive con ironia tragica la condizione degli italiani.

Nella nostra storia si sono susseguite repressioni e quella di Pisa non è un caso isolato. Che sia avvenuto in democrazia fa paura.

In democrazia si va in piazza per manifestare un desiderio di giustizia. Senza giustizia non esiste l’economia. Per essere produttivi è necessario non temere di subire attentati o di essere bombardati. Un rivoluzionario del secolo scorso diceva “siate capaci di sentire nel profondo qualsiasi ingiustizia”. Hasta siempre, a lui dedicata, è proposta qui nell’interpretazione del quartetto del saxofonista norvegese[5] Jan Garbarek (1947).


Note

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