top of page

PUNTURE DI SPILLO. Il passato che fa ombra al nostro modesto presente

a cura di Pietro Terna

Un mio hobby: leggere Il Sole 24 Ore di ogni giorno, cinquant’anni prima; non tutto, certamente, le prime pagine. Cinquant’anni perché mi riporta alle prime fasi impegnative della mia attività lavorativa, quando molti dei temi che ora rileggo così distanti nel tempo mi riguardavano da vicino come lavoro. In questi giorni, cinquant’anni fa, ci fu una importante e vivace discussione[1] sulla situazione economica tra il ministro Ugo La Malfa, repubblicano, e il ministro Antonio Giolitti, grande sostenitore della programmazione economica, socialista. La discussione, attraverso i rispettivi documenti di analisi, fu riportata sul Sole24Ore. Si leggono chiaramente le difficoltà della piccola lira di fronte al mondo, con un indebitamento sull’estero crescente e con un sistema economico fragile. Altro che avere paura del MES!

Ugo La Malfa

Detto per inciso, l’Italia è l'unico dei paesi dell'eurozona a non avere ratificato il meccanismo europeo di stabilità:[2] il trattato non passa perché le forze di maggioranza – in particolare Lega e Fratelli d'Italia – ma anche d'opposizione (5 stelle) non vogliono. Spiegare perché va ben oltre lo spazio di uno “spillo”, in quanto coinvolge economia, psicologia, demagogia, ragion di Stato, nervi poco saldi… Con la lira che “ballava” in un mare in tempesta come negli anni ’70, che cosa avrebbero fatto i nostri eroi di oggi?

Ugo La Malfa,[3] ministro del Tesoro nel dicembre 1973 (governo Rumor IV), scriveva severamente che occorreva «ribadire la necessità che il disavanzo di cassa del settore pubblico non superi i limiti concordati in occasione della presentazione del bilancio per l'anno 1974 e che ogni ulteriore spesa trovi esplicita contropartita in una corrispondente entrata». E ci credeva davvero!

Antonio Giolitti,[4] ministro del Bilancio e della Programmazione economica nello steso governo, reagisce con maggiore ottimismo: «La ripresa produttiva procede (…) su un trend eccezionalmente elevato: assai superiore alle ipotesi avanzate all'inizio dell'estate o tale da smentire alcune preoccupate valutazioni allora espresse circa i margini disponibili di capacità produttiva. Questa ripresa ha consentito un aumento dell'occupazione, una diminuzione della disoccupazione e, finalmente, un aumento dell'offerta di lavoro, in prevalenza di lavoro femminile».

Antonio Giolitti

Notare l’importante precisazione finale: l’offerta di lavoro da parte delle lavoratrici era fortemente scoraggiata dalla mancanza di sbocchi occupazionali e Giolitti sottolinea la novità positiva.

In quale clima sociale si confrontavano i due ministri, in modo formalmente ineccepibile, ma sostanzialmente assai rigido, tra freno all’economia e incoraggiamento alla crescita?

Molto interessanti, nella pagina dove compare il testo di La Malfa, in un articolo a latere, le dichiarazioni di Wilmer Graziano,[5] imprenditore alessandrino mancato assai giovane, in quel momento vicepresidente della Confindustria per le relazioni sindacali e noto per le posizioni progressiste: «Quando più vivaci si manifestano, non importa quanto confusi e velleitari, propositi e progetti di rinnovamento sociale, l'impresa sovente ha reagito prospettando semplicemente l'immutabilità dei suoi compiti di produzione e profitto, quindi facendo ritenere di voler passare indenne nella fornace delle trasformazioni in atto. Ma noi sappiamo, anche se è difficile trarne tutte le conseguenze e gli impegni, che la fabbrica, l'azienda deve essere funzionale alla società e non la società all'impresa: il che non significa supina acquiescenza ad ogni verbo che percorra il corpo sociale, ma vigile attenzione ai valori che la società di volta in volta assume e trasforma». Da far studiare in Confindustria, oggi.

Il panorama di opinioni è assai articolato: ancora nella stessa pagina, un giovane Ernesto Auci, che sarà poi direttore di quel giornale dal 1997 al 2001, scriveva di una conferenza a Milano di John Kenneth Galbraith, economista di grido in quegli anni: «(…) sono le grandi imprese che dominano le economie moderne. In queste imprese il potere non è più detenuto dal capitalista ma dalla tecnostruttura, cioè da una struttura tecnico-burocratica che basa il proprio potere sul monopolio delle informazioni, prendendo delle decisioni a vari livelli (in relazione alla quantità ed alla qualità delle informazioni disponibili) fino a determinare la politica generale dell'impresa.

John Kenneth Galbraith

L'obiettivo principale delta tecnostruttura non è più quello del profitto (il quale invece rimane l'unico obiettivo per le piccole imprese) ma quello della crescita, cioè dell'espansione ad ogni costo». Direi che per molti dei giganti dell’economia contemporanea vale anche oggi la stessa modalità di azione.

Risponde l’allora direttore della Fondazione Agnelli, Ubaldo Scassellati, con cui ho avuto l’onore di lavorare. Fu personaggio controverso, ma di altissimo livello, come si legge a https://www.socialismoitaliano1892.it/2018/01/05/nascita-ascesa-declino-unutopia/. Fu creato un quasi-scandalo sul movimento di pensiero cui partecipava, sino a che intervenne[6] con il peso della sua personalità, l’anziano Ferruccio Parri, padre dell’Italia repubblicana, e tacitò tutti. Scassellati, rispondendo a Galbraith, sottolinea che le differenze della situazione italiana rispetto a quella americana sono talmente grandi che il modello interpretativo proposto da Galbraith perde molto del suo valore: «La costruzione di Galbraith fa sorgere la domanda: i sistemi industriali evolvono tutti verso il modello americano, oppure anche la nostra esperienza ha una sua validità e può seguire strade di sviluppo autonome»? Per Scassellati l'esperienza italiana era valida, con una propria giustificazione economica oltre che politica e culturale. Altri tempi!

Al Maestro degli spilli ho chiesto di risollevarci dalla disperazione dell'oggi. Ecco la risposta: visti da lontano, gli anni ’70 ci appaiono come un periodo ricco di contraddizioni. Gli anni di piombo hanno conosciuto grandi conflittualità, ma anche grandi conquiste. Mentre da una parte il terrorismo nero della Strategia della Tensione puntava alla destabilizzazione dello Stato, ricalcato da quello che si richiamava all'ideologia della dittatura del proletariato, dall’altra erano approvati lo Statuto dei lavoratori, la legge sulla maternità, la riforma del diritto di famiglia e varata la riforma sanitaria. Furono l’apice della fiducia nel progresso e nello stesso tempo l’inizio della crisi. La storia del rock conobbe qualcosa di simile. Grandi band come i Led Zeppelin, i Genesis e i Pink Floyd avevano rilevato lo scettro dei Beatles. Poco dopo il punk avrebbe spazzato via tutto, rifiutando quelli che nel giro di pochi anni erano diventati vecchi idoli. Nel nostro paese trionfavano i cantautori. Sul finire del 1972 Francesco Guccini pubblicò Radici, uno dei suoi dischi migliori. Da Radici vengono La locomotiva[7], con il suo ingenuo spirito rivoluzionario, ma anche La canzone della bambina portoghese[8], dai tratti esistenzialisti e amari.


Note [1] Riferimenti: https://terna.to.it/spillo20231130/19731124UgoLa%20Malfa.pdf e https://terna.to.it/spillo20231130/19731127AntonioGiolitti.pdf [2] Della questione ho scritto più volte nella Porta di Vetro. Un esempio di quest’anno è Punture di spillo: questo MES non s’ha da fare? https://www.laportadivetro.com/post/punture-di-spillo-questo-mes-non-s-ha-da-fare [3] https://it.wikipedia.org/wiki/Ugo_La_Malfa [4] https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Giolitti [5] https://www.lastampa.it/alessandria/2020/10/13/news/gli-80-anni-della-graziano-cuore-industriale-di-tortona-1.39413148/ [6] Riferimento, che conferma un ricordo personale, in Enrico Nori, storia di un Ghost Writer suo malgrado (lagazzettadilucca.it) dove si dice di Enrico Nori, un altro personaggio con cui mi onoro di avere lavorato. [7] https://www.youtube.com/watch?v=LvhLur_owIA [8] https://www.youtube.com/watch?v=sYanDLhwogE

65 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page