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Iran: medici e infermieri nel mirino della repressione

di Yoosef Lesani


La situazione sanitaria in Iran è drammatica e impone una solidarietà internazionale che purtroppo stenta a decollare, mentre è più che mai necessario esprimere vicinanza e sostegno a medici e infermieri iraniani che sfidando l'arresto e il carcere prestano la loro opera a favore della protesta contro il regime teocratico.

In proposito, l'Ordine dei medici di Torino esprime assoluta solidarietà ai medici, infermieri e operatori sanitari iraniani che rischiano la propria vita per salvare i manifestanti che lottano per la loro libertà. Sul tema, l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ha organizzato un dibattito, domani 10 maggio alle ore 18, presso la sua sede in corso Francia 8.


La rivolta nazionale iraniana cominciata il 16 settembre scorso, dopo tragica morte di giovane ragazza Mahsa Amini uccisa dalle forze di sicurezza degli ayatollah, non si attenua e prosegue con diverse modalità, nonostante la dura repressione imposta dal regime e la caduta di attenzione da parte dell'opinione pubblica occidentale.

Iraniani di ogni estrazione sociale, soprattutto donne e giovani, rischiando la vita, chiedono la fine della dittatura. Il loro obiettivo è un Iran libero e democratico. Secondo i dati della resistenza iraniana e delle associazioni internazionali umanitarie poco meno di un migliaio di manifestanti, tra cui 80 minorenni e più di 60 donne, sono stati uccisi dalle forze repressive del regime e più di 35 mila persone scese in piazza e nelle strade per protesta sono stati arrestate e sottoposti a brutali torture.

Il boia ha impiccato cinque giovani accusati di mohareb (essere nemici di Dio). Esecuzioni derivate da processi farsa, senza diritto all’avvocato difensore, e sulla base di confessioni estorte con la tortura. Oltre 100 manifestanti sono attualmente sotto processo e si prospetta per loro la pena capitale.

Durante i mesi della rivolta, gli ospedali, i centri sanitari e in modo particolare i medici e gli infermieri hanno svolto un ruolo di importanza vitale per i feriti nelle proteste. Il regime iraniano esercita un'enorme pressione sul personale sanitario affinché non curino i manifestanti feriti, negando loro, così, qualsiasi cura medica. Pertanto numerosi medici e infermieri sono stati licenziati, arrestati, torturati o uccisi. Un lungo elenco, in cui spiccano i nomi della dottoressa Ayda Rostami 36 anni, a dicembre, uccisa dai pasdaran, è stata ritrovata con segni di pesanti torture sul corpo, il volto tumefatto, il braccio rotto e l’occhio accecato perché curava clandestinamente i feriti, del dottor Ebrahim Righi, 24 anni, prima di essere ucciso è stato torturato, secondo quanto denunciato il 25 febbraio scorso da Amnesty International, del dottor Hamid Ghareh Hasanlu, arrestato insieme a sua moglie, è stato torturato brutalmente, della studentessa di medicina all'Università di Tabriz, Aylar Haghi, è stata uccisa durante le proteste anti regime.







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