Le false ragioni della Polonia di Mateusz Morawiecki
di Mercedes Bresso|
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Leggendo i giornali e ascoltando la televisione molte persone devono sentirsi confuse: sempre più frequentemente si chiedono perché non espelliamo la Polonia e con lei anche l’Ungheria. Anche se è difficile da spiegare il comportamento dell’Unione Europea non per questo è del tutto sbagliato. Proverò a spiegare le ragioni (e i torti) del tira e molla fra i paesi cosiddetti “sovranisti” e l’UE. Anzitutto la storia: dopo il crollo del muro di Berlino (era il 1989, anche se sembra molto più lontano) e la riunificazione delle due Germanie, i regimi dei paesi satellite dell’Unione Sovietica crollarono uno dopo l’altro e andarono al potere le élite liberali che avevano contrastato quelle filo-sovietiche. Così alla testa dei Paesi che negli anni ‘90 iniziarono a negoziare l’ingresso in UE c’erano personaggi mitici come il leader polacco di Solidarnosch Lech Walesa o il ceco Vaclav Havel e molti altri leader di grande qualità umana e politica. L’Europa nel 2001 lanciò una Convenzione per scrivere una Costituzione, presieduta dal francese Giscard d’Estaing, alla quale furono fatti partecipare anche i paesi dell’est candidati all’adesione. Sembrava logico che anch’essi partecipassero a scrivere il trattato che avrebbe disegnato l’Europa del futuro. La costituzione approvata nel 2003 fu, non dimentichiamolo, rigettata dai francesi e dagli olandesi, paesi fondatori, con referendum. Essa fu poi sostituta da un trattato che recepiva, molte ma non tutte, le parti più importanti del trattato costituente. L’incompleto assetto costituzionale dell’UE non è stato quindi responsabilità dei nuovi paesi, ma di due dei fondatori. Sono, in parte, le sue ambiguità a permettere al leader polacco di sostenere che la prevalenza del diritto dell’Unione riguarda solo le materie su cui i paesi aderenti hanno conferito la competenza all’Ue. Sembra quasi ragionevole ma non lo è, perché i trattati che la Polonia ha ratificato per entrare nell’Unione Europea sono molto chiari sulla accettazione da parte di chi aderisce delle regole dello Stato di diritto che ne fanno parte integrante e questo era ben chiaro a coloro che negoziarono l’adesione all’UE (che non dimentichiamolo è avvenuta su loro domanda, in modo del tutto volontario e democratico).