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Giuseppina Viberti, Germana Zollesi

La lettura, un anti-age sempre moderno

Aggiornamento: 17 feb

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi



Che la lettura aiuti la cura fu il mantra del rettore della II° facoltà di medicina di Torino, lo psichiatra PierMaria Furlan, e per questa ragione si adoperò per realizzare una biblioteca open (aperta anche ai pazienti e ai loro caregiver) presso il suo Ospedale, ma oggi a certificarlo sono anche inconfutabili ricerche scientifiche che, con specifiche analisi, ne spiegano i meccanismi.

 

Cosa succede quando si legge

I ricercatori della Yale University School of Medicine, utilizzando la risonanza magnetica funzionale, sono riusciti a dimostrare quali aree del cervello sono coinvolte durante la lettura.

Quando vediamo una parola stampata si attivano tre sistemi:

1)  Riconoscimento ortografico che avviene nella Visual Word Form Area posta nel solco occipito-temporale sinistro della corteccia visiva;

2)   Identificazione dei fonemi della frase stampata come facciamo quando pronunciamo nella mente la parola scritta. Ciò avviene nell’area di Broca e Wernicke nella zona frontale e temporale;

3)  Riconoscimento finale del significato della parola. In questa ultima fase è coinvolto il sistema lessico-semantico associato ai siti temporali medi e superiori.

Durante il Festival del Giornalismo culturale che si è tenuto ad Urbino ad ottobre 2023, la neuroscienziata italiana Michela Matteoli ha tenuto una lectio dal titolo “Cosa accade nel cervello quando si legge?” di cui diamo un riassunto.

In sintesi, dai lavori svolti fin dal 2013 negli Stati Uniti, quando leggiamo diventiamo un po' più intelligenti e subiamo meno i colpi del tempo che passa. La lettura migliora la memoria, la concentrazione, il ragionamento e la capacità di risolvere i problemi.

Leggere non ci fa solo incamerare più informazioni, ma serve a mettere a punto le interconnessioni neurali; ad ogni lettura che facciamo, aggiungiamo sinapsi o potenziamo quelle che già possediamo. Più siamo colpiti emotivamente da un concetto, meglio lo apprendiamo e più commentiamo con altre persone ciò che abbiamo imparato e meglio è per le nostre capacità intellettive.


Una cura per il tempo che passa

In uno studio della Rush University di Chicago, trecento anziani sono stati seguiti per sei anni e, alla morte, l’autopsia ha rivelato che i lettori abituali avevano il 30% in meno di segni cerebrali di demenza. Questi interessanti risultati supportano la teoria secondo la quale la lettura e, in generale, i compiti mentali impegnativi, aiutano a mantenere e costruire nuove connessioni fra i neuroni. Con l’avanzare dell’età queste nuove connessioni aiutano a compensare i danni cerebrali contribuendo a preservare la memoria e le capacità di pensiero.


La lettura è un’attività cognitiva complessa durante la quale la Visual Word Form Area deve fare un’attività non prevista su base genetica e che, senza l’istruzione, non saprebbe fare. Quest’area cerebrale è una regione deputata al riconoscimento dei visi, i nostri circuiti corticali originari si sono riadattati alla lettura. Questo processo di riadattamento è stato lento e complesso nello sviluppo della specie umana e lo vediamo ancora oggi nelle difficoltà che hanno i bambini quando iniziano la scuola.

La scrittura è manifestazione umana che permette la trasmissione del sapere e risale solo a 5.000 anni fa sviluppati, quasi contemporaneamente in Mesopotamia, Cina e nell’America Centrale, rappresentazioni pittografiche poi evolutesi in stilizzazioni ideografiche e da queste al fonetismo, permettendo di sganciare i segni dal significato iconico, per acquisire un valore prevalentemente sillabico (fase fonetica) per giungere a forme di scrittura alfabetica,

L’invenzione della scrittura attribuita ai Sumeri (o più esattamente loro sono i più antichi ritrovamenti archeologici, delle tavolette di terracotta, su cui inequivocabilmente sono riportati segni volti a comunicare significati) è stata, secondo Umberto Eco, la più importante rivoluzione tecnologica dell’umanità cui l’uomo si è dovuto adattare. 


Una terapia per ansia e insonnia

Molto più antico è invece lo sviluppo di circuiti cerebrali con la conseguenza che il cervello non ha avuto il tempo, nella sua evoluzione, di sviluppare aree specifiche per la lettura ma che le aree dedicate al riconoscimento delle facce si sono adattate al riconoscimento delle parole.

Mentre leggiamo il nostro cervello trasforma una serie di simboli visivi identificando 200-300 parole al minuto attraverso migliaia di rapidi movimenti oculari e spostamento dell’attenzione per elaborare e capire il testo che stiamo leggendo. Ciò è possibile attraverso l’istruzione e l’apprendimento che hanno creato circuiti neuronali specializzati posti fra la visione e il linguaggio a dimostrazione della plasticità del nostro cervello.

Numeroso studi iniziati già nel 1996 presso l’Università di Yale, hanno dimostrato che durante la lettura, cervello e corpo, vengono stimolati contemporaneamente.

Se un personaggio del libro sta giocando a calcio, vengono attivate aree cerebrali che si attiverebbero se fossimo anche noi nella partita. Leggere stimola regioni cerebrali che sarebbero stimolate dal vivere l’esperienza in modo reale. Quindi con la lettura si possono vivere esperienze allegre, emozionanti, paurose, appassionanti. Secondo alcuni studi, 10 minuti di lettura possono abbassare fino al 60% il livello di stress. In Canada la biblioterapia è molto utilizzata, 8 psicologi su 10 prescrivono come cura un libro specifico in base al disagio del paziente.

 

Giornali digitali e E-book

La tecnologia pone un'altra domanda:  leggere un libro o un dispositivo digitale è equivalente? Il cervello umano si adatta alla lettura digitale in pochi giorni ma ci sono delle recenti meta-analisi che suggeriscono una comprensione peggiore del testo da parte dei lettori se la lettura avviene su un dispositivo elettronico (computer, e-book, tablet, smartphone).


Una prima differenza che gli studiosi hanno evidenziato riguarda la navigabilità spaziale. Quando abbiamo in mano un libro e leggiamo ci sono segnali fisici come il peso delle pagine ancora da leggere che danno un senso di posizione che manca con la lettura digitale. Senza questi segnali fisici l’essere umano potrebbe sentirsi perso durante la lettura elettronica e impegnarsi meno; ad esempio, non soffermarsi sui dettagli o rileggere le parti da approfondire come avviene con la lettura cartacea.

È sicuramente un tema da approfondire ed è necessario valutare se applicare l’uso dei libri digitali nella scuola in modo massiccio, come avviene già ora negli Stati Uniti. Leggere un libro cartaceo è sicuramente un’esperienza multisensoriale che coinvolge la vista, il tatto, l’odore tipico della carta ed anche il suono delle pagine quando vengono girate, ma il libro elettronico offre vantaggi notevoli: costi ridotti, capacità di contenere negli e-reader migliaia di libri, facilità di lettura con la possibilità di aumentare la dimensione delle parole, peso ridotto che possono facilitare la diffusione della lettura a molte persone.

Ognuno di noi cerca le sue ergonomie per leggere più comodamente, ma quello che manca nell’attuale contesto è il tempo per riflettere, già difficile con la tradizionale lettura, dove uno può appoggiare il libro e ragionare su cosa a letto sviluppando un proprio giudizio, molto più difficile quando si è sui social, dove i ritmi sono fissati da sistema. Ciò non vuol dire che questi strumenti sono negativi, anzi offrono potenzialità inimmaginabili, così come li offre l’intelligenza artificiale, ma il problema è come si utilizzano gli strumenti a disposizione e gli studi sull’utilità della lettura offrono un interessante spunto di riflessione… fa bene alla salute ed è praticamente gratis.

 

 

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