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Michele Ruggiero

Italia, ombre sulla reale reale utilità dei fondi Ue

Aggiornamento: 27 mag

di Michele Ruggiero

L’ultima indagine della Commissione europea, resa nota agli inizi del mese, colloca il nostro Paese tra quelli più informati sull’azione e sul ruolo dell’Unione Europea. Risulta, infatti, che il 50 per cento del campione intervistato è al corrente del sostegno economico a progetti e iniziative di miglioramento dell’area in cui si vive contro il 40 per cento che si registra nel totale degli stati membri dell’Unione Europea. Il dato diventa ulteriormente interessante se lo si confronta con quello degli anni precedenti: nel 2010 era il 33 per cento, impennatosi al 48 tre anni dopo, per poi ridiscendere al 43 per cento nel 2015, ancora in caduta nel 2017 al 40. Insomma, un indice di gradimento perennemente sull’ottovolante che sembra rispecchiare le inquietudini del nostro Paese: instabile, sensibile agli umori di chi governa o alle simpatie e idiosincrasie dominanti verso lo stesso che governa, ostaggio delle tensioni (per esempio, i migranti) che direttamente o indirettamente su riflettono sull’Europa e ne fanno ciclicamente un perfetto capro espiatorio da dare in pasto alla polemica politica. Al contrario, dal 2010 al 2018, i nostri concittadini europei si sono rivelati stabili, poco inclini a repentine oscillazioni, con percentuali tra il 34 e 35 per cento, cresciuta al 40 per cento soltanto lo scorso anno. Lo scenario però muta radicalmente non appena si è domandato agli intervistati di esprimersi con un giudizio sull’impatto dell’intervento: soltanto il 51 per cento degli italiani lo ha giudicato positivo, contro l’81 per cento degli europei. Ancora: il 23 per cento degli italiani ha affermato di non aver registrato nessun impatto e il 15 per cento si è espresso negativamente. Un “euroscetticismo” registrato soltanto dal 13 per cento (6 per cento negativo, 7 per cento su nessun impatto) del campione europeo. Qualora ve ne fosse stato ancora bisogno, l’Eurobarometro ripropone dunque da un’angolazione diretta il rapporto tra noi e l’Europa, le nostre difficoltà nel credere al ruolo di segno positivo che può esercitare l’Unione. Ma ci spiega anche che il desiderio europeista non è tramontato in Italia, nonostante le quotidiane bordate di chi vuole minare l’edificio. Il che potrebbe anche significare che la comunicazione deve invertire la sua direzione di marcia: Bruxelles non è il tutto, ma è il momento di nazionalizzare l’idea d’Europa.

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