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Il lungo cammino per la tutela e difesa delle opere d'arte durante i conflitti

di Mario Ventrone *



Oggi alle 19,30, l'Associazione nazionale artiglieri e il Museo storico nazionale di Artiglieria propongono suna conferenza al Circolo ufficiali dell'Esercito in corso Vinzaglio 6 a Torino che pone al centro un tema - la difesa dei beni culturali nel caso di guerra - di cui le cronache si sono purtroppo occupate ripetutamente negli ultimi decenni. Ultimo, in ordine di tempo, il che rende drammaticamente attuale la questione, il conflitto in Ucraina. A un mese dall'inizio della guerra, la Protezione civile aveva già compilato una lista dei danni subiti dalla città di Kharkiv, città creativa dell’Unesco per la musica che comprendeva il centro storico di Chernihiv, le opere della celebre artista ucraina Maria Primachenko, l’attacco alla torre della televisione di Kiev, che ha colpito anche il memoriale dell’Olocausto di Babyn Yar per poi ricordare che in Ucraina "si trovano 7 siti che fanno parte del Patrimonio Mondiale dell'umanità Unesco. Si pensi alla cattedrale di Santa Sofia a Kiev con le sue riconoscibili cupole dorate e verdi. E ancora al centro storico di Leopoli, all’Arco geodetico di Struve. E poi a beni naturali come le faggete primordiali e le foreste secolari dei Carpazi". [1]

Presentiamo una sintesi dell'intervento del generale di brigata (aus) Mario Ventrone che aprirà la conferenza. (Nella foto di apertura: "Nozze di Cana" del Veronese, trafugato da Napoleone a Venezia nel 1797 e mai restituito: è esposto al museo del Louvre)


Le “opere d’arte” ovvero, con dizione più ampia e recente, i beni culturali, sono sempre stati oggetto di particolari attenzioni: non solo da parte del legittimo proprietario, ma anche da parte di chi aspira al loro possesso o alla loro semplice distruzione per ragioni culturali o religiose (gli esempi sono numerosi e coprono l’intero arco della storia umana). In termini generali, i conflitti armati sono tra le cause principali di distruzione del patrimonio culturale dei popoli. La distruzione di un’opera d’arte è sempre dolorosa, ma lo diventa ancora di più quando rappresenta l’attentato alla identità culturale, alla memoria storica.

Probabilmente il miglior strumento giuridico volto alla salvaguardia dei beni culturali è la “Convenzione per la salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato”, adottata a L’Aja nel 1954, che sancisce la “neutralità” del bene culturale rispetto ai belligeranti: il bene deve essere protetto e rispettato e non deve essere utilizzato a scopi bellici. Nel trattato, peraltro, è usato per la prima volta il termine beni culturali, che sostituisce le diverse espressioni usate in precedenza. Un altro elemento di novità della Convenzione sono i diversi livelli di protezione dei beni culturali, definiti in ordine all’importanza del bene da porre sotto tutela: la protezione generale e la protezione speciale; nel secondo protocollo aggiuntivo, del 1999, viene inoltre definita la protezione rinforzata.

La Convenzione de L’Aja ha avuto, soprattutto in anni recenti e per impulso dell’Italia, concreta applicazione nei diversi teatri di guerra.



Fotogramma della distruzione ad opera dell'Isis del tempio di Baal Shamin a Palmira, durante la guerra in Siria


La Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954, pur riguardando in prima istanza la protezione in tempo di guerra, riveste particolare importanza nell’ambito della normativa oggi vigente in Italia in quanto: storicamente, è il primo trattato internazionale in materia di beni culturali, che quindi ha sancito concetti basilari in precedenza meramente consuetudinari; in secondo luogo perché contiene la prima e più chiara definizione giuridica e sistematica della categoria “beni culturali”; in terzo luogo perché per la prima volta investe l’UNESCO della competenza generale in materia di beni culturali; ancora, perché la convenzione del 1954 contiene una serie di norme che impegnano i contraenti ad attività preventive di salvaguardia; di queste, la più significativa è senz’altro quella prevista dall’articolo 25 che impegna gli Stati a far conoscere quanto più possibile i principi alla popolazione, creando così una cultura di rispetto dei beni culturali; infine, ma non è detto che sia l’argomento meno importante, perché l’Italia ha avuto un ruolo di primissimo piano nella redazione del testo.


* Generale di Brigata. (ris.)

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