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Dalla lotta il rilancio di Mirafiori Lo sciopero generale di otto ore

Aggiornamento: 12 apr

di Vice


@paolosiccardi

"A noi non interessano le punzecchiature sui giornali tra Tavares e Meloni. A noi interessa che il futuro dell'auto lo si discuta a Palazzo Chigi". A dirlo è uno dei lavoratori che sale sul palco. Ma il pensiero è di tutti, di tutti coloro che l'ascoltano in piazza Castello a Torino, in una calda giornata che ha segnato lo sciopero generale di otto ore dei metalmeccanici torinesi per sostenere la ripresa di Mirafiori, diventato l'ombra di ciò che era il più grande stabilimento d'Europa, con le produzioni a singhiozzo e i dipendenti malinconicamente in cassa integrazione. Mobilitazione, partita dal raduno in piazza Statuto, nel segno dell'unità che il contapersone ha stimato in 12 mila presenze. Non accadeva da almeno tre lustri.

Reazione unitaria con i segretari generali di categoria, per Fiom, Fim e Uilm rispettuvamente Di Palma, Uliano e Palombella, che non cancellerà le differenze e le diffidenze tra le sigle sindacali, che non eliminerà d'incanto le posizioni che sono divergenti alla ricerca di un accordo con Stellantis, ma che potrebbe dare una scossa elettrica a una città spogliata del bene che la rendeva la capitale industriale del Paese: il lavoro e l'auto, marchi gloriosi di modelli vincenti.


@paolosiccardi

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La politica, presente oggi con il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e numerosi parlamentari, ha le sue responsabilità. Si è mossa al rallentatore ai tempi di Sergio Marchionne, soggiogata dal carisma di un manager eletto a vate di una presunta new age automobilistica italiana, per poi fermarsi del tutto con la formazione del gruppo Stellantis a trazione francese, complice la morte del top manager italo-canadese.




Ora, dinanzi al rischio di scrivere la storia sulle macerie, o di dare alle stampe una riedizione listata a lutto di un bellissimo libro su Mirafiori[1] i sindacati di categoria hanno finalmente stretto un patto d'azione per insinuare in Carlos Tavares, il deus ex machina di Stellantis, almeno il dubbio che non tutto sia già scritto, che la multinazionale non può fare il bello fuori e il cattivo tempo sulle pelle dei lavoratori italiani. E a palazzo Chigi dicono senza troppe circonlocuzioni che non può più giocare a spostare l'attenzione ora sulla "madre" di tutte le riforme o sulla (im) par condicio, ora sulla finta riforma della giustizia o sull'iniqua riforma del fisco, mentre l'apparato produttivo italiano, da Taranto (leggi acciaio) a Torino (leggi auto) cade a pezzi e pezzi dell'industria manifatturiera cadono nelle mani di gruppi stranieri che comprano per eliminare la concorrenza e la qualità italiana.


@paolosiccardi

Le cifre sulla desertificazione occupazionale negli stabilimenti Stellantis in Italia sono riprese in un volantino distribuito lungo il percorso dai lavoratori del gruppo: 1560 esuberi a Mirafiori, di cui 733 agli Enti Centrali e 300 alle Carrozzerie, 850 a Cassino di cui 300 lavoratori in trasferta a Pomigliano, 100 a Pratola Serra, 500 a Melfi, 424 a Pomigliano, 121 a Termoli, 30 a Cento, 12 a Verrone, per un totale di 3.500 unità. Uno scenario che si inserisce nella politica aziendale di incentivi all'esodo.


@paolosiccardi

Indicativa, la sintesi dal palco del segretario generale della Uil-Uil, Rocco Palombella: “Né il tentativo del ministro Adolfo Urso, con le tre convocazioni della scorsa settimana al Mimit, né quello di Tavares, con l'incontro di mercoledì, sono serviti a farci sospendere lo sciopero di venerdì a Torino. Stellantis ci aveva assicurato che non avrebbe chiuso stabilimenti in Italia, che non avrebbe ridotto il numero degli occupati e che ogni stabilimento avrebbe avuto una missione produttiva eliminando la cassa integrazione. A oggi però purtroppo registriamo esattamente il contrario: in tre anni ha cancellato 10mila posti di lavoro diretti e migliaia nell’indotto e nella componentistica, ha chiuso e venduto uffici e sedi storiche, ha ridotto la produzione in ogni stabilimento con migliaia di ore di cassa integrazione. Il Governo continua a chiedere a Stellantis di produrre 1 milione di vetture all’anno, a fronte delle 500mila prodotte l’anno scorso. Come è possibile fissare un obiettivo così ambizioso con gli stabilimenti a marcia ridotta e con migliaia di lavoratori in cassa integrazione? E sull’elettrico cosa vogliono fare, marcia indietro? Il ministro Urso ha annunciato a febbraio gli incentivi e forse li vedremo tra un mese. Ma gli incentivi non saranno la manna dal cielo per risolvere i problemi, servono progetti, investimenti concreti e serve la responsabilità di tutti, non solo a parole". Che in questo paese, quando si parla di lavoro e di industria, se ne sono fatte troppe. Insieme con le lacrime di coccodrillo che accompagnano ipocritamente le morti sul lavoro.


Note

[1] Giuseppe Berta, Mirafiori, Il Mulino, 1998



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