Da Covid 19 a Omicron 5: "la guardia resti alta"
Aggiornamento: 16 lug 2022
di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi
Anche se non guadagna più le prime pagine dei giornali il virus continua a imperversare nella nostra società, certamente in forme meno drammatiche che in passato, ma non per questo bisogna abbassare la guardia e soprattutto il mondoscientifico e la sanità pubblica devono continuare a interrogarsi su quali azioni di policy devono essere prese in considerazione per affrontare ogni possibile evoluzionedello scenario.
Sotto un profilo epidemiologico, il Coronavirus ha seguito il suo percorso naturale, cioè “ha fatto il virus”, e si è modificato a tal punto che la malattia di due anni fa non c’è più, ma si è evoluta nella predominante variante “Omicron 5” che è causa di sintomi completamente diversi.
Virus “depotenziato”, ma per i vaccinati
Oggi il virus ha esaurito parte della sua virulenza e colpisce prevalentemente le alte vie aeree con raffreddore, febbricola,dolori muscolari, diarrea; nei vaccinati con tre dosi, nei soggetti che hanno superato la malattia e poi hanno fatto la dose booster oppure negli over 80 che hanno fatto la quarta dose la malattia si risolve in pochi giorni mentre nei non vaccinati la situazione può anche essere più grave soprattutto in presenza di malattie concomitanti.
Il virus Omicron 5 presenta un’elevata contagiosità (R0 fra 15 e 17 come morbillo e varicella), mentre il virus di Wuhan aveva R0 di 2,5 e la variante delta di 7; in pratica una persona ammalata con Omicron 5 può contagiarne altre 15-17. Nell’estate 2022 ci troviamo di fronte ad una situazione completamente diversa che dobbiamo affrontare, in attesa che arrivi l’autunno con la produzione, si spera, di un vaccino adatto al nuovo virus: se il virus si modifica, anche il vaccino deve adeguarsi, così come il sistema di contrasto.
La vaccinazione di molta parte di popolazione, l’uso delle mascherine, la riduzione dei contatti sociali, la presenza di soggetti che si sono ammalati, guariti e vaccinati ha consentito un background di risposte immunitarie che non hanno impedito l’infezione, ma ne hanno garantito un decorso meno grave. Il ritorno ad una vita “normale” con pochissime restrizioni ha fatto credere erroneamente che tutto fosse finito e il virus scomparso dalle nostre vite. Ed è comprensibile: psicologicamente ci alletta l’idea che abbiamo eliminato il nemico e che possiamo dimenticare gli ultimi due anni, ma la realtà, e non solo per il coronavirus, dev’esseresempre monitorata.
Riprendere le sane abitudini
Come ogni anno l’influenza ritorna e il vaccino viene prodotto adeguandosi alle nuove varianti virali presenti per quel determinato periodo, così dobbiamo incominciare a pensare che il Coronavirus (oggi con la variante Omicron 5) richiederàuna vaccinazione periodica, possibilmente con un solo prodotto costituito da vaccino per influenza e coronavirus insieme.
Per affrontare l’estate è necessario evitare assembramenti, usare le mascherine negli ambienti chiusi con molte persone, lavarsi le mani e pensare che questi semplici accorgimenti, che non bisogna mai stancarsi di ricordare, proteggono noi e i nostri famigliari e rivolgersi al medico curante per utilizzare eventualmente i farmaci antivirali soprattutto nei soggetti più fragili per evitare le forme gravi di malattia.
Il virus sta circolando, ma la pressione sugli ospedali è attualmente sotto controllo e ciò permette la ripresa delle normali attività perché, anche se è pleonastico ricordarlo,le altre patologie continuano ad esistere ed il fatto che durante il lockdown siano state trascurate ha aggravato la situazione di molti soggetti. Soprattutto gli anziani,hanno dovuto rinunciare ai normali controlli e ad altre forme di prevenzione.
“Sono positivo, ma non lo dico…”
Dai dati rilevati, viene segnalato un aumento del consumo dei testi di autodiagnosi che, se risultati positivi, non sempre vengono comunicati al proprio medico per la denuncia del caso.Non esiste l’obbligo per il cittadino di denunciare il caso mentre esiste per il medico; ciò accade perché non c’è una normativa su questo aspetto e pertanto c’è il rischio diuna sottostima dei casi reali.
La storia delle epidemie, a cominciare da quella dell’influenza, rileva una certa reticenza (o semplicemente superficialità) nel denunciare i casi: è del tutto prevedibile che, soprattutto in estate, dove la gente si sposta con maggiore intensità, con l’autodiagnosi il soggetto vaccinato con sintomi lievi non comunichi tempestivamente al suo medico la situazione. Del resto nel 2019, in inverno, quante persone si sono curate l’influenza con farmaci da banco senza avvisare il propriomedico?.
Il fai da te, se si tratta di semplice influenza su soggetti sani non costituisce un problema, ma inevitabilmente non permette una rilevazione completa e puntuale della situazione. Il Coronavirus, seppur “declassato”, risulta ancora più pericoloso dell’influenza che non si dichiarava al medico di famiglia: la non sincronicità tra numero di casi reali e quelli rilevati può generare ritardi negli interventi.
Necessario l’accordo per la sospensione dei brevetti
Oggi dobbiamo affrontare con senso di responsabilità la situazione e comprendere alcuni punti fermi della situazione: non farsi prendere dal panico, comprendere ed accettare che i Coronavirus sono fra noi (come tutti i virus) e ci resteranno; possiamo affrontare la situazione con il vaccino e le norme igieniche (mascherine e lavaggio delle mani); rivolgersi al medico di famiglia, in caso di sintomi sospetti, e non illuderci che tutto sia finito perché i virus esistono da milioni di anni e sono organismi che hanno una grande capacità di adattarsi alle condizioni ambienti per continuare avivere fra di noi. In molti paesi, miliardi di persone non possono sapere se sonopositive e ciò crea un possibile sviluppo delle varianti che, con il ritorno della normalità dei commerci (e dei flussi migratori) possono rapidamente espandersi: per questo risulta ancor più preoccupante che in sede di WTO (World TradeOrganization) non si sia ancora trovato un accordo completo con le aziende produttrici per la sospensione dei brevetti o una loro utilizzazione, unitamente ai presidi sanitari, su base locale in modo che tutti possano accedervi e non vederequesti Paesi come soggetti su cui indirizzare i nostri eccessi di scorte.
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