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Covid 19: la “quasi libertà” di oggi non elimina i problemi di domani

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi |


La dissociazione tra quanto programmato e la realtà rischia di compromettere le prospettive rendendoci impreparati ad affrontare il futuro. I provvedimenti presi presentano un lasso di tempo quanto mai limitato dettati più dalla volontà di non apparire impopolari che di affrontare organicamente i problemi. Il Governo molto cautamente ha deciso che fino al 15 giugno resterà l’obbligo di indossare le mascherine per aerei, treni, bus, cinema, teatri, strutture sanitarie, scuola fino alla fine dell’anno scolastico; niente obbligo al chiuso per bar, ristoranti, supermercati e negozi, né per i luoghi di lavoro pubblici e privati. Si pensa a raccomandazioni specifiche per le situazioni a rischio. È l’inizio della convivenza con il virus che richiederà un nuovo approccio al problema differenziando le diverse situazioni in base al rischio.

Negli ospedali la situazione e il conseguente modo di affrontare la vita quotidiana è da definire con regole precipue. Per ricoverare qualsiasi paziente è necessario fare il tampone antigenico o molecolare (sulla base di indicazioni regionali generali che ogni azienda sanitaria ha adattato alla propria realtà). Infatti, continuano ad esistere “reparti covid” dove sono ospitati pazienti affetti da patologie di vario tipo che hanno casualmente scoperto di essere positivi durante gli esami di pre-ricovero e sono asintomatici o paucisintomatici. Oltre le misure precauzionali

Al primo starnuto o colpo di tosse, viene richiesto un tampone, senza tenere in considerazione la situazione clinica complessiva del povero cittadino che si sente un “untore”. Il trend delle vaccinazioni ha subito un significativo rallentamento; oltre 6 milioni di italiani di età superiore a 5 anni non sono vaccinati, l’88,9% ha completato il ciclo vaccinale ma solo il 13 % degli immunocompromessi e anziani over 80 anni ha ricevuto la quarta dose. Questa situazione vaccinale difficilmente migliorerà con l’estate e non si ha notizia di su progetti organizzativi per la campagna vaccinale autunnale e con quale tipo di vaccino. Il solo problema di cui oggi si discute sembra essere quando e dove poter togliere la mascherina; concettualmente è il problema più immediato e più semplice da affrontare, essendo sufficiente un provvedimento amministrativo. Se e come questo viene applicato è lasciato alla sensibilità dei singoli. Nelle 56 città cinesi in lockdown, nonostante la severità e la determinazione delle autorità si registrano violente reazioni di massa. Difficoltà logistiche hanno impedito i rifornimenti essenziali (è mancato anche il cibo in alcuni quartieri) scatenando reazioni che le autorità faticano a controllare (le barriere di separazione vengono scardinate da una popolazione esasperata). Sui social la censura cinese non è riuscita a fermare il video “voci di Aprile” che è diventato virale a testimonianza di come nessuna realtà è monolitica, ma si evolve specie in presenza di eventi irruenti. L’esperienza cinese di questi giorni obbliga a sincronizzare le misure di contenimento con la capacità di farle attuare e con le reazioni della popolazione. È capitato che al gesto di far vedere il green pass, il cameriere abbia detto: “lasci perdere, siamo stufi di essere insultati, perché chiediamo di poter effettuare i controlli!”. Riaggiornata la data del prolungamento di alcuni obblighi, bisognerà affrontare a livello centrale o nelle singole realtà periferiche come riorganizzare l’attività sanitaria negli ospedali in vista dell’autunno dove probabilmente ci sarà una nuova ondata di qualche variante o sottovariante del covid-19 e ricomparirà la solita influenza stagionale che si diffonderà in una popolazione più debole, anche per l’allentarsi delle attività di prevenzione avvenuta in questo periodo di lockdown. Prepariamoci alla campagna d’autunno

La riforma dell’assistenza territoriale (DM 71) arranca e, per ora, è presente un modello sulla carta che dovrà essere reso operativo con molte difficoltà (MMG resistenti, pazienti soprattutto anziani con abitudini sanitarie consolidate che si rivolgono al Pronto soccorso quando hanno problemi che in futuro dovrebbero essere affrontati nelle “case di comunità”)¸ carenza cronica di personale in alcuni settori e ridondante in altri.

Il ministro Speranza ha di recente affermato che sarà superato il tetto di spesa per il personale che le aziende sanitarie hanno come una spada di Damocle sulla testa (si devono riferire al 2014 – 1,4%), che saranno aumentate le borse di studio per gli ingressi nelle specialità mediche e saranno assunti più operatori delle professioni sanitarie. Discorsi di alchimia contabile-burocratica, ma che non affrontano alla radice il problema: quali professionisti della sanità servono per affrontare i bisogni di salute espressi e inespressi dai cittadini e quale modello operativo risulta maggiormente utile (integrazione pubblico-privato e con quali caratteristiche, quali compiti affidare ai MMG e ai pediatri e con quale contratto, attività da svolgere negli ospedali e differenziazione dei compiti nelle varie aree geografiche, compiti chiari e definiti delle Farmacie). A questi problemi di ampio respiro, se il prossimo autunno si ripresenterà un’ondata pandemica, si rischia di non riuscire a predisporre azioni adeguate ed incisive (e l’avvicinarsi delle elezioni rischia di rendere ancora più irrazionali i processi decisionali). L’esperienza di questi due anni ha insegnato che dopo Ferragosto, al ritorno dalle vacanze, ci sarà una richiesta di tamponi (preferibilmente gratis) ma i centri hot spot sono stati significativamente ridotti, il personale si è assottigliato per la scadenza dei contratti a termine e quindi si rischia di generare dei bottlenecks (dei colli di bottiglia che rischiano di intasare il sistema). Una recrudescenza del virus comporterà di gestire una massa di pazienti provenienti dai Pronto soccorso che, con la chiusura dei reparti Covid, inevitabilmente ingolferanno il sistema. Ma soprattutto da chi saranno curati considerato che il personale sarà impegnato a recuperare le liste d’attesa (e il personale assunto ad hoc per la covid non sarà più presente), oltre alla probabile necessità di organizzare una nuova campagna vaccinale che finora si è dimostrata l’unico argine per contrastare la malattia. Il sistema ha qualche mese di tempo per trovare soluzioni ai problemi aperti che si verranno a creare, alcuni dei quali assolutamente non controllabili, come quelli conseguenti ai lockdown dichiarati in Cina e alle nuove ondate migratorie. Seppur in forme meno virulenti il virus è destinato a circolare per molto tempo con tutte le sue varianti e a causare ancora problemi importanti nei soggetti fragili.

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