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Un libro per voi: “La Giustizia conviene”

di Vice|


Stasera, giovedì 5 maggio, al Teatrino Civico di Chivasso, nell’ambito del Festival della Legalità, Gian Carlo Caselli, intervistato da Michele Ruggiero, presenta il suo ultimo libro “La Giustizia conviene”, sottotitolo “Il valore delle regole raccontato ai ragazzi di ogni eta”, Piemme edizioni. Caselli lo ha scritto insieme con Guido Lo Forte, con cui in precedenza ha pubblicato “Lo Stato illegale”, un racconto della stagione palermitana all’indomani delle stragi di Capaci e di via D’Amelio a Palermo.

Infaticabile. Gian Carlo Caselli, smessi i panni di Procuratore della Repubblica poco meno di dieci anni fa, continua il suo viaggio al servizio della comunità con la penna, con le sue riflessioni, con un impegno civico e morale che rimane il tratto distintivo di una persona coraggiosa che ha trasfuso quel coraggio in magistratura dagli anni Sessanta fino all’addio alla toga. La conferma arriva dal suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Guido Lo Forte, procuratore aggiunto a Palermo, nel periodo in cui Caselli era a capo di quella Procura, dopo gli agguati mortali a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. “La Giustizia conviene” è un titolo-ombrello per tutti i cittadini con un sottotitolo, “il valore delle regole raccontate ai ragazzi di ogni età”, che dà l’impressione di strizzare l’occhio alla pedagogia, all’educazione civica. Ma sarebbe sbagliato considerarlo soltanto un incisivo richiamo a coloro che avranno in futuro prossimo le chiavi del nostro Paese. Quel “ragazzi di ogni età” appare anche un’allusione alla dilatazione dell’età giovanile rispetto al passato, a una giovinezza che si prolunga con qualche ragionevole dubbio (in questo caso…) con tutte le implicazioni sul piano del lavoro, delle responsabilità e in ultimo, ma non meno importante, nel rapporto con la giustizia.

Il libro ha due qualità. La prima: si rivolge al lettore con estrema chiarezza e precisione, ponendo sul tappeto, come si suole dire, le questioni scottanti che rendono claudicante la giustizia italiana, dai rapporti con la politica e i potentati economici alla separazione delle carriere e alla riforma del Csm, l’organo di autogoverno della magistratura; la seconda: in virtù della prima, feconda una lettura piacevole, quasi a costruire un dialogo con chi legge, indipendentemente delle idee di ognuno. Anzi, potremmo dire che stimola il confronto, senza quei fastidiosi “rumori” di sottofondo che sono le polemiche artificiose. Ne esiste poi una terza che con un’espressione un po’ inflazionata, ma che torna sempre utile, suggerisce che è la somma delle prime due. In realtà, la terza qualità non vive di luce riflessa. Anzi, è pregna di significati che possiamo riassumere nella volontà di mettere gli italiani davanti allo specchio. Operazione scomoda, fastidiosa, perché sposta l’attenzione dal nostro ego estetico, in cui eccelliamo, alla questione morale e al rapporto con la giustizia in cui, all’opposto, siamo deficitari. Questione atavica, sempre aperta, irrisolta, di cui non riusciamo a tagliare le radici. Nonostante che, ricordano Caselli e Lo Forte, “il rispetto della legge non solo è in grado di evitare conseguenze negative, ma può anche apportare benefici alla collettività, alla civile convivenza”. Appunto, la collettività: una parola che stenta ad entrare nel vocabolario degli italiani, a meno di non infilarci costi che dovremmo pagare i livello individuale. In questo, gli italiani sono maestri. Un po’ come nella pulizia e nel decoro: le nostre case brillano, mobili e pavimenti lucidi all’estremo e siamo sicari implacabili dei fili di polvere che osano apparire all’orizzonte domestico, ma non appena si esce, il decoro urbano diventa un optional. Sulla dicotomia dei nostri comportamenti, gli autori sono severi: se si perde di vista l’obiettivo della convivenza civile, “vincerà il caos, sarà giungla. E a predominare saranno i rapporti di forza; non gli interessi generali ma quelli particolari di un singolo o di un gruppo (famiglia, lobby, cordata, clan, organizzazione criminale…). Ne consegue che la legalità è un vantaggio, conviene, non è un “fastidio”. I fatti però dicono il contrario. Caselli e Lo Forte, tra i tanti esempi, citano il “cancro” che sta distruggendo la nostra società: l’evasione fiscale, tema caro alla Porta di Vetro, che, come ci viene spiegato, è direttamente proporzionale alla crescita delle mafie. Ogni anno, infatti, l’evasione fiscale procura alla collettività un danno da oltre 120 miliardi di euro. Una cifra che non si spiega soltanto con i difetti del fisco, cui si aggiunge, ricordano Caselli e Lo Forte, il fenomeno della corruzione. In proposito, la denuncia è forte e vale la pena di riportarla integralmente: la corruzione è “una piaga che nel nostro paese arriva a costarci tra i 50 e i 60 miliardi di euro ogni anno, con un danno spalmato su tutti noi; ciascun italiano infatti, neonati compresi, perde senza rendersene conto circa 1000 euro l’anno”. L’equivalente di quello che lo Stato (ovvero noi cittadini) dovrà pagare quando emergerà che la corruzione causa un incremento esponenziale dei costi delle opere pubbliche. Non è un caso che la corruzione italiana equivale a metà di quella dell’intera Europa. Relazioni con la criminalità organizzata? Una cifra s’impone: si calcola che il business economico di stampo mafioso in Italia si aggiri (certamente per difetto…) intorno ai 150 miliardi di euro l’anno. Un “fatturato” che per tutta una serie di effetti collaterali dell’economia illegale cresce fino a 330 miliardi di euro l’anno. Numeri che non hanno bisogno di commenti e spiegano la facilità con cui le mafie sono in grado di corrompere, devitalizzare e condizionare la nostra società.

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