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Punture di spillo: plauso dell’Economist e realtà del Paese

a cura di Pietro Terna|


L’Economist, nel numero natalizio, ha indicato l’Italia1 come paese dell’anno. Il riconoscimento arriva “Non per la bravura dei suoi calciatori, che hanno vinto il grande trofeo europeo, né per le sue pop star, che hanno vinto l’Eurovision, ma per la sua politica. L’Economist ha spesso criticato l’Italia per aver scelto leader, come Silvio Berlusconi, che avrebbero potuto utilmente seguire l’ammonizione della canzone vincitrice dell’Eurovision di “stare zitti e comportarsi bene”.

A causa di una governance debole, gli italiani erano più poveri nel 2019 di quanto lo fossero nel 2000. Eppure quest’anno l’Italia è cambiata. In Mario Draghi, ha acquisito un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale. Per una volta, un’ampia maggioranza dei suoi politici ha sepolto le proprie differenze per sostenere un programma di riforme profonde che dovrebbe garantire che l’Italia otterrà i fondi a cui ha diritto secondo il piano di ripresa post-pandemia dell’UE. Il tasso di vaccinazione contro il virus in Italia è tra i più alti d’Europa. Dopo un 2020 difficile, la sua economia si sta riprendendo più rapidamente di quelle di Francia o Germania”. Altri paesi insigniti del riconoscimento dell’Economist nel passato sono ad esempio l’Uzbekistan, per avere abolito la schiavitù, la Colombia per la pacificazione (purtroppo ancora tanto fragile, dopo cinque anni) e la Tunisia, per essersi avviata verso la democrazia, pur con tanti problemi e interruzioni. Quest’anno in gara c’era, ad esempio, la Lituania, per le scelte diplomatiche, assai coraggiose, che la vedono in conflitto con Bielorussia, Russia e Cina. Visto dall’interno, comprendiamo che il riconoscimento ci arriva anche per la grande abilità di Draghi come comunicatore. Molti, scrivendo di lui, usano l’aggettivo “banchiere”, ma è una semplificazione: è stato professore universitario, direttore generale del Ministero del Tesoro, Governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Banca Centrale Europea. I banchieri centrali sono normalmente accusati di reticenza; c’è stata l’eccezione di Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve USA dal 1987 al 2006, che parlava sin troppo; Draghi parla con misura, ma quando occorre è assai esplicito: tutti ricordiamo come fermò la speculazione contro l’euro2 e l’Italia nel 2012, affermando che la BCE avrebbe agito contro gli speculatori “costi quel che costi”. In inglese, “whatever it takes”. Proviamo allora a verificare i meriti dell’Italia indipendentemente dal suo presidente del Consiglio, con un check-up. L’occasione ce la offre un’importante pubblicazione dell’OECD, la Organization for Economic Co-operation and Development, che ha pubblicato l’edizione 2020 del suo Better Life Index3, con un’analisi mondiale che, in alcune aree, arriva al livello regionale4. Ad esempio, il Piemonte risulta simile alla regione di Vienna, alla Catalogna e al Ticino; i quattro casi sono accomunati dai buoni risultati per salute, sicurezza, partecipazione democratica e senso di comunità. Nella pagina iniziale, quella indicata nella nota, compaiono solo 39 nazioni (insieme quasi coincidente con quello degli aderenti all’OECD), ma molte mappe cui si accede da quel sito riportano dati per tutte le nazioni. Quelli del grafico iniziale sono in ogni caso 39 paesi con cui è interessante confrontarsi.

Gli indicatori utilizzati vanno ben oltre la misura del prodotto nazionale lordo: housing, che misura la qualità delle abitazioni; income, essendo il reddito un ovvio strumento per raggiungere migliori standard di vita; jobs, considerando il lavoro come fonte di reddito e di relazioni sociali; community, come frequenza e qualità delle interazioni; education, come somma di conoscenze, abilità e competenze; environment, come qualità dell’ambiente in cui si vive; civic engamenent, cioè la partecipazione democratica; health, misura del grado di salute; life satisfaction, ossia la felicità; safety, cioè ridotta incidenza di crimini; work-life balance, ossia l’equilibrio tra tempo di lavoro e tempo libero. La mia presentazione è una super sintesi di una analisi molto profonda, con la spiegazione dei dati e profonde considerazioni su ciascuna voce, paese per paese. Dando a tutti gli indicatori la stessa importanza, l’Italia è in posizione 24 su 39, la Germania è in posizione 15, la Svizzera 6, la Francia 9. In testa, Norvegia, Australia, Islanda, Canada, Danimarca. Ogni nazione è rappresentata da un fiore, i cui petali hanno lunghezza proporzionale all’indicatore che rappresentano e spessore proporzionale all’importanza attribuita a quella misura. Avanziamo in graduatoria dando importanza al reddito (che però sembra avere poche ricadute positive), oppure alla comunità, alla partecipazione democratica, alla salute, alla felicità (ma poco). Drammatico il regresso se si dà importanza alla cultura-formazione, all’ambiente, all’equilibrio lavoro-tempo libero. Interessante non fermarsi all’Italia, ma osservare come cambiano posizione via tutte le altre nazioni. In ogni caso, bene per il riconoscimento dell’Economist, ma il check-up non segnala una gran buona salute! _______

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