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PUNTURE DI SPILLO. Il silenzio sui poco innocenti... debito e deficit pubblici

Aggiornamento: 7 mar

a cura di Pietro Terna

 

L’Istat il 1° marzo, non il 1° aprile, ha pubblicato i dati dei conti economici nazionali 2023, cui do voto “benino”, e dei conti pubblici 2023, cui do voto “molto male”. Molto male perché rispetto ai dati NADEF 2023 i conti sono molto peggiorati. Che maleducati quelli dell’Istat. Più educati i quotidiani, assai silenziosi, tranne un paio.

I calcoli recenti presentati[1] dall'Istat indicano al rialzo la crescita del PIL nel 2022 (+0,3%) e nel 2023 (+0,9%, valore rilevante). Indicano anche il debito pubblico in discesa, al 137,2% del PIL. Poi, sorpresa, compare il deficit 2023 al 7,2%, mentre le previsioni della NADEF – ossia la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2023[2] approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso – riportava una previsione pari al 5,3%, quindi una correzione di quasi due punti di PIL, pari a 40 miliardi. Si potrebbe riprendere i versi[3] del Barbiere di Siviglia di Rossini, con:

 

Tutto è silenzio; nessun qui

sta che i nostri canti possa turbar.


Come se non fosse concesso di disturbare il manovratore, nessuno ha chiesto conto di questi 40 miliardi a Biagio Mazzotta, Ragioniere Generale dello Stato, e soprattutto al Ministro Giancarlo Giorgetti. Altra spiegazione: far finta di essere distratti per non aprire il coperchio dei bonus edilizi, su cui tensioni, contro tensioni, distinguo, colpevolizzazioni e minacce formano un groviglio inestricabile? Saranno altrettanto distratti in Europa? Speriamo. Ma la speranza è di aiuto, in questo caso?

Qualche chiarimento per chi non ha dimestichezza con le grandezze dell’economia: quando si parla di PIL, Prodotto Interno Lordo, si fa riferimento alla somma di tutti i beni – merci e servizi, anche pubblici – prodotti in un certo periodo in una certa area, con lordo che sta a indicare che non ci si preoccupa di dedurre i beni produttivi che in quel periodo sono andati fuori servizio. Sono tutti i beni prodotti dalle imprese e dai lavoratori autonomi, intendendo quelli veri; le finte partire IVA le troviamo incorporate nel prodotto delle imprese; il lavoro cosiddetto “nero”, un po’ qua e un po’ là, sulla base di stime e congetture. Invece il debito è la quantità di Bot, Btp e simili in vita in un certo istante; aumenta quando se ne emettono di nuovi e diminuisce con i rimborsi. Il deficit è la differenza tra le entrate e le spese della Pubblica amministrazione nel suo complesso. Debito e deficit sono spesso espressi in percentuale del PIL, ma sono grandezze del tutto indipendenti, con il PIL che fa da  unità di misura, mutevole.


Singolare pubblicità sugli interessi del debito...

In ogni caso il debito c’è e resta ben rilevante anche se ci raccontiamo che non dobbiamo preoccuparci perché è nelle mani degli italiani, ce sarebbero quelli che lo comperano per andare in crociera con i cospicui interessi, come suggerirebbe la strana pubblicità che ascoltiamo in questi giorni. Personalmente preferirei che giacesse dimenticato nelle casse della BCE, come è stato possibile per un po’ di anni, già prima dell’esplosione della spesa per la pandemia.



Tornando al deficit, ripropongo un altro dato di cui non si parla ed è la somma complessiva di tutti i bonus, grandi e piccoli, degli ultimi anni. Mi riferisco alla tabella che si trova a pag. 21 del Rapporto annuale sulle spese fiscali 2023 disponibile[4] nel sito del MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, scritto con tutte le maiuscole come indicano loro. Quella tabella l’ho già utilizzata in un precedente spillo,[5] ma questa volta c’è un anno in più, ben sostanzioso con il bonus cosiddetto 110%. Nella tabella ho aggiunto in rosso il totale della riga del minor gettito fiscale dal 2017 al 2024, essendo il calcolo già possibile anche per l’anno in corso: fa 960 miliardi, un po’ più di un terzo del debito pubblico e questa volta le grandezze in gioco sono effettivamente omogenee! Silenzio totale anche sul disastro sottinteso da questo dato. Anzi, si fanno convegni[6] sulla compravendita dei crediti fiscali derivanti dai bonus, un mestiere nuovo!

Proprio mentre sto scrivendo, arriva un nuovo bonus: il bonus patente,[7] evviva, anzi no, silenzio!


Il piccolo baccelliere di musica, che conclude gli spilli, ha pensato di concentrarsi sul silenzio. Attraverso il silenzio John Cage, nell’opera 4’ 33”, ha realizzato la forma più estrema e controversa di musica, capace di esprimere l’inespresso. Osserviamo i Berliner Philharmoniker in questa performance.[8] Di tanto in tanto le inquadrature si fermano sulla partitura. Tre “tacet” si susseguono. L’orchestra più sofisticata di questa terra suona il silenzio. Tuttavia, nel silenzio dei musicisti, un silenzio autorevole, sono amplificati i rumori dell’ambiente. Questo a significare che il silenzio assoluto non esiste. È piuttosto uno spazio, che si può riempire. Anche il silenzio dei giornali è una forma di comunicazione. Si fa silenzio su quello che non merita di essere detto (o non si deve dire). Forse un silenzio meno autorevole di quello dei Berliner. Sullo stare zitti e sulle molteplici forme del tacere gli Aeroplanitaliani cantavano più di trenta anni fa questa sarcastica canzone. [9] Non possiamo dire se a Cage sarebbe piaciuta, ma qualcosa di dissacrante lo contiene anche questa.


Note

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