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Punture di spillo: allarme rosso, l’economia mondiale è in pericolo


a cura diPietro Terna



In un dibattito recente alla Brookings Institution di Washington (importante think tank), una affermazione quasi riassuntiva è stata che "La pandemia ha sconvolto non solo la produzione e il trasporto di beni, doppia origine dell'inflazione, ma anche il modo e il luogo in cui lavoriamo, il modo e il luogo in cui educhiamo i nostri figli, i modelli di migrazione globale. Praticamente tutto nelle nostre vite è stato sconvolto dalla pandemia, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina".


Il New York Times riporta questa sintesi in un lungo articolo[1] del 17 luglio, intitolato “L'economia mondiale è minacciata da una forza nascosta in bella vista”, con sottotitolo “A più di due anni dall'inizio della peggiore pandemia del secolo, lo shock economico che l'accompagna continua a colpire le sorti del mondo”.

La forza non tanto nascosta è dunque quella della pandemia! Ma non solo. Si sta accumulando una serie di mali dormienti (o quasi), a partire dai fondamenti della crisi del 2007/8. Quasi quasi dovremmo felicitarci del fatto che persino la guerra di Putin non abbia dato il colpo di grazia al sistema economico globale. Quale sarà la prossima emergenza? Tanti piccoli eventi uno per volta oppure altri grandi errori dei potenti del mondo, mentre il cambiamento climatico rende tutto più difficile e pericoloso? I potenti di quale mondo? Certo non di quello subirà gli effetti delle azioni delle banche centrali, che agiranno in modo ancora più aggressivo sui tassi d'interesse per rallentare l'aumento dei prezzi, ma anche minacciare i paesi poveri con la crisi del debito.


Il pericolo più grave infatti si sta abbattendo sui Paesi poveri e a medio reddito, in particolare su quelli alle prese con un forte indebitamento. Le banche centrali, che hanno ristretto il credito nei Paesi ricchi, hanno spinto gli investitori ad abbandonare i Paesi in via di sviluppo, dove i rischi sono maggiori, rifugiandosi invece in scelte solide come i titoli di Stato statunitensi e tedeschi, che ora pagano tassi di interesse leggermente più alti.

Questo esodo di liquidità ha aumentato i costi dei prestiti per i Paesi dall'Africa subsahariana all'Asia meridionale. I loro governi sono costretti a tagliare le spese per pagare il debito ai creditori di New York, Londra e Pechino, anche se la povertà aumenta. Il deflusso di fondi ha fatto crollare il valore delle valute di molti paesi più deboli, costringendo famiglie e imprese a pagare di più per importazioni fondamentali come cibo e carburante. La guerra in Ucraina ha intensificato tutti questi effetti.


Si tratta di aree del mondo verso cui abbiamo immensi debiti morali per via della nostra e della loro storia. Il presente non è migliore. Richiamo l’analisi di un pezzo recente[2] nella Porta di Vetro, dove chiarisco che la ricchezza deriva da quanta complessità è compresa nei beni esportati, cioè quanta scienza, tecnologia e ingegneria contengono. Complessità che facciamo di tutto per mantenere nelle nostre mani di ricchi del mondo, in una ripetizione del passato coloniale. Si pensi solo a quel che accade in Africa, con la presenza della Cina e della Russia.


La risposta classica è che così possono operare i vantaggi comparati e che nonostante che i più ricchi possano produrre tutto meglio, conviene a tutti che quei ricchi si dedichino a produrre ciò che sanno fare meglio, lasciando produrre ciò che residua ai più poveri.



Si dice che il grande economista Paul Samuelson spiegasse la cosa dicendo: io so fare le fotocopie meglio del bidello, ma lui non sa insegnare l’economia, quindi è meglio che io vada a fare lezione e lui a fare le fotocopie. Una spiegazione alquanto odiosa tra persone e assolutamente non sostenibile tra aree del mondo. Quello che dobbiamo invece introdurre nell’agenda politica mondiale è lo sviluppo del commercio su basi che consentano spazio a tutti in una prospettiva egualitaria. L’Organizzazione[3] del commercio mondiale (WTO, World Trade Organization) vede la partecipazione di quasi tutte le aree del mondo, cioè quelle in verde nella figura; l’Europa è indicata con il blu perché rappresenta due volte, come insieme e come singoli stati; i paesi in giallo hanno lo stato di osservatori; gli esclusi sono indicati in rosso.



Una soluzione in realtà c'è e potrebbe anche evolvere senza che i potenti ricchi dell'Occidente ne comprendano appieno la forza rivoluzionaria. Diffondere conoscenza vera, teorica e applicata, nei paesi più poveri, toglie potere ai ricchi, perché i vantaggi comparati di chi produce beni sofisticati e li scambia con chi produce beni semplici, condannandolo a essere sempre più povero, possono invertirsi grazie alla conoscenza; le diseguaglianze allora iniziano a ridursi davvero, perché i poveri sono meno poveri e i ricchi sono meno ricchi.


È solo una impari riparazione per quanto sottratto con forza e violenza immense, come nella lirica[4] musicale di Fabrizio De André, ispirata dal massacro di nativi americani indifesi nel letto del “Fiume Sand Creek”. Quello del riequilibrio mondiale è l’unico modo per sconfiggere a lungo termine il pericolo che incombe sul mondo e sulla sua economia.


Note

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