Kamala Harris, clima e Gen Z
di Martina Coppola
Prepariamoci: dopo la pausa estiva, uno dei trending topic sarà il martellamento (inevitabile) sulla campagna elettorale degli USA che presenta numerose posizioni decisamente antitetiche tra Democratici e Repubblicani. Una per tutti? Ambiente e sostenibilità. Da una parte c’è Donald Trump che a dicembre 2017, con l'abituale furore sarcastico e offensivo aveva twittato: “A New York si gela. Ci farebbe comodo un po' di quel riscaldamento globale”. Un antipasto di quel che avrebbe sparato ad alzo zero anni dopo su Covid e dintorni. A far da contrasto alle asserzioni provocatorie del tycoon ci sono i Democratici forti di una politica sul cambiamento climatico che pur tra luci e ombre (ombre che si erano manifestate già sotto la presidenza Clinton) nel 2022 hanno approvato la Inflation Reduction Act che si pone come obbiettivo la diminuzione delle emissioni del 40 per centro entro il 2030. Per la transizione energetica, la presidenza Biden ha previsto la cifra record di 374 miliardi di dollari, comunque inferiore ai 555 milioni chiesti da democratici. Ed è proprio sul tema ambientale che Kamala Harris si è distinta con nettezza, con parole e azioni inequivocabili, arricchendo la sua immagine che si era costruita quando da procuratore generale della California perseguiva gli inquinatori.
Infatti, la vicepresidente USA e candidata alla Casa Bianca ha più volte dichiarato che il progresso climatico richiede una lotta incessante contro la disinformazione e l’inazione. Ed è proprio grazie alla vicinanza a questo tema che la politica può coinvolgere i giovani (non solo negli USA). E questo, sarebbe un obiettivo molto importante. Soprattutto perché, se si stesse ad ascoltare una certa narrazione, la Gen Z non è coinvolta e non si coinvolge nella gestione della polis.
Tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che chi parla della Gen Z spesso lo fa senza conoscerla davvero, senza approfondire i valori dei giovani di oggi. Se ci si “tuffasse” nelle scuole, interrogando gli insegnanti o, più semplicemente, scambiando due chiacchere allieve e allievi, ci si renderebbe conto di quanto essa abbia da dire e da dare, di quanta voglia abbia di “mordere” la vita e di quanto sia positiva verso il futuro. La stragrande maggioranza dei giovani crede che sia possibile un cambiamento concreto. I teenagers non potranno promulgare leggi, però sanno far sentire la loro voce, ad esempio attraverso la partecipazione a manifestazioni in difesa dell’ambiente. Inoltre, i giovani sono protagonisti di “piccole” azioni concrete, basti pensare alla mobilità sostenibile, che di certo vede protagonista più la Gen Z di qualsiasi altra generazione.
I giovani, così come le prossime generazioni, dovranno fare i conti con un’eredità molto complessa da gestire. Però, ai giovani servono alleati. Perché, differentemente, far sentire la propria voce ai gruppi politici e alle differenti lobbies diviene difficile, se non impossibile. Per cambiare le cose è necessario che i giovani si attivino (a vari livelli) per essere determinati nel delineare la direzione delle decisioni politiche, perché (sfiducia giovanile a parte) è lì il “luogo” dove si può fare la differenza. Quale dev’essere il monito chiaro a tutti? Questo: “La più grande minaccia al nostro pianeta è la convinzione che lo salverà qualcun altro”, tralasciando l'aspetto non "secondario" che la Terra esiste da miliardi di anni, e per altri miliardi proseguirà la sua esistenza, e il suo futuro non dipende certo dall'uomo, semmai è il contrario.
Rimaniamo con l’auspicio che nella Harris i giovani possano trovare un’alleata e con la certezza che le cose devono cambiare e che, al netto della classe politica, a ognuno di noi spetta di fare la sua parte.
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