Il taccuino politico della settimana: le finte “fibrillazioni” del governo
a cura di Claudio Artusi|
Nell’ultima settimana sono emersi elementi di possibile destabilizzazione politica e quindi dello stesso governo.
La Lega è tornata ad agire da partito “di lotta e di governo”. Identificando uno o due temi bandiera (tipo l’orario del coprifuoco) agitandoli come minaccia, con ultimatum, per non votare il decreto e poi astenendosi in consiglio dei ministri.
Il Movimento Cinque Stelle ha consumato il divorzio da Rousseau e da Casaleggio, che di fatto è una amputazione e quindi uno snaturamento dello strumento di (presunta) democrazia diretta che ha legittimato in questi anni le numerose giravolte politiche a cui abbiamo assistito. Senza dimenticare il depotenziamento del garante, Beppe Grillo, a seguito della sua esternazione sulla innocenza del figlio.
La conferenza delle Regioni, che vede quasi tutti i partiti rappresentati, è andata molto vicina ad un conflitto istituzionale Stato-Regioni sul decreto riaperture. Sono segni questi che si è iniziata una stagione di logoramento e delegittimazione del governo per giungere nel medio termine ad una sua caduta per implosione? Non credo. La tenuta di Mario Draghi e della sua squadra sono l’unica assicurazione sulla vita futura del Paese. Cito al riguardo lo stop a muso duro espresso sabato dal Presidente del Consiglio alla Von der Leyen esigendo “rispetto” per l’Italia e garantendo in prima persona il Recovery plan in via di presentazione. Nessuno dunque è così folle da segare il ramo dell’albero su cui sta seduto!
In proposito, dovremo abituarci a leggere il quadro politico su due livelli. Uno su materie sensibili per varie categorie e territori (piano riaperture, bonus per l’edilizia, riforma dell’istruzione, riforma della giustizia, ecc), su cui si scatena la corsa dei partiti ad assumerne la rappresentanza ed a mettere fieno in cascina per la futura competizione elettorale; l’altro livello sarà sul Recovery plan, sul “cosa” e soprattutto “come”, cioè sulle grandi riforme dello Stato su cui Draghi e il suo team avrà un controllo totale e le forze politiche, tutte, nessuna esclusa, non toccheranno palla. Non a caso Draghi ha ceduto più di quanto desiderasse alle pressioni sul decreto riaperture, e per contro dà tre giorni di tempo (sic) al Parlamento ed alle forze sociali per leggere, valutare, avanzare proposte, sul piano che viene inviato, puntualissimo, alla Commissione il 30 di aprile. Vedremo nelle prossime settimane se questa chiave di lettura si rivelerà corretta.
Nel contempo teniamo il faro acceso su due convitati di pietra che influiscono sul tavolo della grande riforma: l’alta dirigenza pubblica nazionale e locale e la magistratura amministrativa, contabile e, perché no?, penale.
Non dimentichiamo, infatti, che dopo “la Prima Repubblica” questi due pezzi dello Stato hanno determinato la vita del nostro Paese più di qualunque forza politica.
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