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Il Mappamondo, appunti di viaggio: il Laos, dove il tempo scorre ancora lento

di Pierfranco Viano

Il Laos, ufficialmente Repubblica Popolare del Laos, è uno Stato del sud- est asiatico che confina a nord con la Cina, a est con il Vietnam, a sud con la Cambogia, a ovest con la Thailandia e a nord ovest con il Myanmar e non ha sbocco al mare, governato dal Partito Rivoluzionario del Popolo Lao. Il Paese è stato spesso definito un crogiolo di tribù e lingue piuttosto che una nazione, un crogiolo che comprende 49 differenti gruppi etnici, era conosciuto come il Regno di Lan Xang, la dinastia aveva unificato il popolo lao, dominando il territorio dalla metà del XIV secolo fino agli inizi del XVIII, assicurando anche periodi di grande splendore. I secoli successivi, purtroppo, non furono altrettanto magnanimi.


Le guerre del Novecento

Dalle guerre intestine, si passò all'era coloniale francese (Indocina) per sfociare, dopo la sconfitta dell'Armée a Dien Bien Phu, nell'indipendenza del Paese e nella successiva ascesa del Pathet Lao, il movimento marxista per l’indipendenza, da cui prese le mosse una sanguinosa guerra civile, sostenuta anche dagli Usa che vedevano nel Laos un avamposto strategico per contrastare il Vietnam del Nord comunista impegnato nella guerra per la riunificazione del Paese. Il regime comunista non lesinò una dura politica repressiva contro gli oppositori politici, ma non perseguitò il buddhismo, limitandosi a contrastarne la pratica, con il conseguente esodo di migliaia di laotiani, soprattutto appartenenti all’élite culturale.

A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, Il Laos fu sottoposto a massicci bombardamenti, benché si fosse dichiarato neutrale, durante la guerra del Vietnam, con più tre milioni di tonnellate di bombe sganciate dagli aerei militari Usa, soprattutto nel Nord del Paese, nella Piana delle Giare, che provocarono la morte di 200.000 persone. Infatti, lì si trovava parte del famoso Sentiero di Ho Chi Minh, una rete di strade che dal nord del Vietnam, attraverso Cambogia e Laos, scendeva a sud per rifornire e sostenere i guerriglieri vietcong. Si calcola che ben 80 milioni di bombe non siano esplose e dalla sospensione dei bombardamenti ad oggi, circa 20.000 laotiani abbiano perduto la vita a causa quei residuati bellici inesplosi, sganciati su campi coltivati. Nel 2016 il Presidente americano Barak Obama ha chiesto pubblicamente scusa, stanziando 90 milioni di dollari per sminare il territorio devastato da quei bombardamenti.

Nel 1975, infine, caduta la capitale sudvietnamita Saigon, e cessate le ostilità nel sud est asiatico, i comunisti laotiani presero il potere e proclamarono la Repubblica Democratica Popolare Lao, ponendo fine alla monarchia durata 650 anni. Da quel momento iniziarono le riforme agricole e l’apertura ad investimenti stranieri, fino ad arrivare al 1991 con la promulgazione della Costituzione della Repubblica Democratica Popolare Lao.

L'inizio del viaggio

Per arrivare in Laos normalmente si fa scalo a Bangkok e poi coincidenza per Ventiane la capitale . Ma esiste un altro modo di visitare il Paese ed è quello che mi accingo a descrivere, parlando solo di alcuni siti.

Arrivati a Bangkok si prende la coincidenza per Chiang-Rai nel Nord della Thailandia, si prosegue in pullman fino Chieng Khong, porto thailandese sul Mekong (foto a lato) che effettua scambi commerciali con il Laos. Dopo l’espletamento delle formalità di frontiera nel punto denominato “la porta dell’Indocina”, ci si imbarca sul traghetto che attraversa” la madre d tutti i fiumi” e segna il confine tra i due Paesi. Sull’altra sponda si trova la cittadina di Huey Xai , nel cuore del Triangolo d’Oro. Pernottamento in un modesto albergo.

Il giorno dopo ci si imbarca su una comoda barca locale a motore (tettoia di copertura e toilette a bordo) ed inizia la navigazione lungo il Mekong con soste in alcuni villaggi di diverse etnie e pranzo a bordo preparato al momento da una signora che insieme a altre due persone costituiscono l’equipaggio della barca. Prima del tramonto si arriva al villaggio di Pakbeng per cenare (la baguette è presente) e ci si riposa in un delizioso lodge in stile laotiano.

Proseguimento della navigazione e prima di arrivare a Luang Prabang ci si ferma a Pak Ou. Nella parete di roccia calcarea si aprono due grandi grotte sovrapposte che ospitano centinaia di statue del Buddha di diverse dimensioni (nella foto sotto).


Dopo la visita si arriva a Luang Prabang per la sistemazione per la notte e la cena. I primi tempi che andavo in Laos a Luang Prabang gli hotel avevano poche camere, pian piano se ne sono costruiti di nuovi con boutique e più grandi, ma nel rispetto della città dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1995.

Luang Prabang è una delle destinazioni più affascinanti del Sud-est asiatico con la presenza di molti templi (fto in basso), monaci con le loro tuniche arancioni, molti piccoli internet caffè e ristorantini, racchiusa da una cerchia di montagne ammantate di verde e avvolte dalla foschia presso la confluenza del Nam Khan e del Mekong.


La città fu capitale del regno Lan Xang prima che venisse spostata a Ventiane nel 1560. L'ideale è restare in città per almeno due giorni, il tempo necessario per visitare l’ex Palazzo Reale ora Museo, i numerosi templi, salire sulla collina di Phu Si per ammirare il tramonto sul fiume Mekong, condividere la vitalità che si respira al mercato alimentare del mattino e a quello artigianale della sera. Da non perdere la cerimonia Tak Bat, la processione delle elemosine dei monaci.

Tutte le mattine all’alba i monaci scalzi (nella foto a lato e in basso), che indossano tuniche arancioni camminano per le vie della città, mentre persone caritatevoli depongono piccole porzioni di riso glutinoso nelle ciotole usate per chiedere l’elemosina. Si tratta di una pratica svolta nel silenzio e nella meditazione, attraverso la quale i monaci dimostrano i loro voti di povertà e umiltà, mentre i buddhisti laici possono conseguire meriti spirituali compiendo il gesto di una donazione rispettosa. Molti anni fa, con un turismo ridotto, era una consuetudine osservare i laotiani disporsi lungo le strade, le donne inginocchiate, gli uomini in piedi, in attesa dell’arrivo dei monaci che si dirigevano verso i templi per la donazione che all'epoca era un sacrificio economico reale. Negli ultimi anni le cose sono cambiate. Ma non in meglio per il rispetto della tradizione e della cerimonia. Da Bangkok sono sempre più numerosi turisti che scendono a Luang Prabang per guardare i monaci come un oggetto di consumo per le loro istantanee, indifferenti al disagio che sovente procurano alla solennità spirituale dell'incontro con la popolazione.

Una cerimonia laotiana cui possono partecipare anche i turisti è detta bqasli. Si tratta di un rituale specificamente laotiano, nel corso del quale gli spiriti guardiani vengono simbolicamente legati all’ospite d’onore con fili bianchi o arancione stretti attorno al polso. Tra i laotiani viene comunemente indicata con il termine su khwan che significa”chiamata dell’anima”. I laotiani credono che ogni persona abbia 32 spiriti, noti come kwan, ciascuno dei quali sorveglia un differente organo o facoltà del corpo umano, mentale e fisica. Nel momento, che una persona debba intraprendere un nuovo progetto, partire per un viaggio, oppure sia affetto da una grave malattia si celebra il bqasli per assicurarsi che tutti gli spiriti guardiani siano al loro posto, legati alla persona, ristabilendo in questo modo l’equilibrio. La cerimonia, molto lunga, nei primi tempi era contemplata nel programma di viaggio, ma per una serie di ragioni, non ultima la necessità di tenere i fili almeno tre giorni e poi slegarli, senza tagliarli, ha favorito la rinuncia.


Phonsavan (Piana delle Giare). Per arrivarci si parte in pullman da Luang Prabang attraverso un lungo percorso tra le montagne con soste nei villaggi dell’etnia Hmong (foto in alto), gente che ha caratteristiche somatiche mongole molto evidenti. Nei dintorni di Phonsavan si trova uno dei siti più enigmatici del Laos: la Piana delle Giare.


Su una vasta area emergono dal terreno enormi giare di pietra di origine sconosciuta risalenti a più di duemila anni. Numerose sono le ipotesi sulla funzione di tali oggetti: urne funerarie, vasi per conservare il riso od otri per la fermentazione del vino di riso.


Ventiane. Per raggiungere la capitale del Laos ci sono voli da Phonsavan. Ventiane sta vivendo un'intensa fase di sviluppo, ma non conosce ancora il traffico congestionato della Thailandia da cui è separata dal ponte del’Amicizia costruito sul Mekong nel 1994. La “città del legno di sandalo”, fondata nel 1563, è rimasta intatta fino al 1827, quando venne saccheggiata dai Siamesi e abbandonata per decenni. Alla fine dell’’800 i francesi la ricostruirono con eleganti ville coloniali e ampi boulevard alberati.

Vi possono visitare alcuni templi come Wat Si Saket (foto in alto), forse il più antico tempio giunto fino a noi. Le mura del chiostro contengono oltre duemila immagini del Buddha in argento e ceramica. Inoltre, più di 300 statue del Buddha seduto o in piedi , realizzate in varie dimensioni e materiali (legno, pietra, argento, bronzo) sono allineate su lunghi scaffali sotto le nicchie. Il Pha That Luang (nella foto, a lato), il più importante monumento nazionale del paese, è allo stesso tempo il simbolo della religione buddista e della sovranità del Laos. Il suo nome ufficiale Pha Chedi Lokajulamani significa ‘stupa sacro di valore mondiale’. Il tempio Wat Si Muang che presenta un Buddha di pietra non di grandi dimensioni. La gente del posto ritiene che abbia il potere di esaudire i voti e di risolvere i problemi dei fedeli. La consuetudine vuole che lo si sollevi tre volte dal cuscino formulando mentalmente il desiderio o la domanda a cui si vuole ricevere una risposta. Una volta che la richiesta viene esaudita, il fedele ritorna al tempio portando in dono banane, noci di cocco verdi, fiori, incenso e candele(di solito in numero di due per ogni cosa).


Foto di villaggi







Libri consigliati


V. Souvannavong, La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista, Guerini Associati.

Strappata alla sua vita di bambina innocente viene arrestata e deportata in un campo di concentramento del Laos comunista . Storia appassionante e denuncia di una situazione quanto sconosciuta ai più.


Laura Leonelli, Lem. Il viaggio iniziatico di un piccolo Buddha,Feltrinelli.

Per la prima volta una donna ammessa all’interno di una comunità monastica di Luang Prabang ha raccontato e fotografato per circa 4 anni la crescita ed il percorso formativo di Lem, bambino di 12 anni , seguendolo dal distacco dalla famiglia all’ingresso in un monastero e la sua evoluzione.

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