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Il cammello attraverso la cruna di un ago

Aggiornamento: 27 dic 2022

di Pietro Terna


Di fronte all’economia, la situazione del Governo Conte, che ha ottenuto la seconda fiducia (dal Senato), è un po’ come quella del cammello cui si chieda di passare attraverso la cruna di un ago. Passaggio improbabile, anche se il testo evangelico originario al posto del cammello indicava una fune e poi una traduzione imprecisa ha generato la strana immagine. In ogni caso, una prova difficilissima, che non è quella del voto, superata, ma quella che deriva dai vincoli dell’economia. Andiamo con ordine. Il Governo intanto c’è e un vecchio liberale come me, che si sente via via più gobettiano, è stato conquistato da Conte-bis, che fa della pacatezza, e dell’uso di un linguaggio consono alle istituzioni, un paradigma per la buona politica e cita Hannah Arendt – la filosofa tedesca che scrisse, tra i suoi molti libri, La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme; ma il titolo originario, Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil, è molto più espressivo – per invitare tutti a distinguere tra pregiudizi e giudizi. Si ricomincia forse a parlare di politica, quella vera. Speriamo. Mi pare che abbiamo assistito a una trasformazione di Conte-kagemusha, accostamento che devo a una amica, che dell’allora impacciato primissimo Conte, con il suo curriculum un po’ così, preconizzò la stessa trasformazione che avviene nel film di Akira Kurosava. Un signore della guerra muore e al suo posto i feudatari decidono di utilizzare un kagemusha, un sosia, per scoraggiare gli avversari. Lo stratagemma riesce perché il ruolo cambia il carattere del personaggio, che diventa un condottiero. Non approfondiamo però come si conclude la vicenda. Conte, ora leader, deve dimostrare di essere tale anche affrontando subito gli ostacoli economici, che sembrano ancora essere periferici rispetto al suo impegno primario. In ultra sintesi, nel programma di governo si dice: stop agli aumenti Iva, giù il cuneo fiscale, patto di stabilità Ue da migliorare. Molto bene, ma come? E soprattutto, non solo quello. Proviamo a ragionare con un piccolo elenco, certo integrabile, ma già questo spaventa.

(1) Il patto di stabilità: in pochi giorni siamo passati dall’essere una nazione periferica rispetto l’Ue –in cui siamo sopravvissuti grazie a Draghi, mai abbastanza lodato per avere saputo sostenere le economie europee in una serie di passaggi difficilissimi e per avere così anche sostenuto la nostra, offrendoci il collante per resta collegati agli altri – a essere tra i protagonisti della politica continentale. Abbiamo un commissario, Gentiloni, esperto e autorevole, nominato all’economia; dovrà vedersela con un altro personaggio, quel Valdis Dombrovski, ex primo ministro lettone e attuale vicepresidente della Commissione europea per l’Euro, nominato vicepresidente esecutivo per l’Economia. Riuscirà certamente a trovare un proprio ruolo e per l’Italia potrà operare di sponda con il ministro Roberto Gualtieri, la cui esperienza europea è fuori di dubbio. Che cosa significa per noi? Significa poter negoziare un eventuale superamento concordato e temporaneo dei limiti del patto di stabilità, per operare nelle infrastrutture e negli investimenti sociali (la scuola e la sanità, prima di tutto). Se non ci si atteggia da prepotenti e si negozia, tutto diventa possibile.

(2) Le infrastrutture però non possono restare sulla carta: è urgentissimo rinnovare molte delle nostre reti obsolete, in particolare nei trasporti, e completarle (per il Piemonte: Milano-Torino-Lione-Parigi; Asti Cuneo; Terzo valico; nuovo ponte e collegamento di gronda a Genova). Inoltre c’è il grande capitolo delle infrastrutture digitali. Oltre che con il superamento dei limiti del patto di stabilità, esistono altri strumenti per reperire i fondi, di cui si dice al punto (3). Occorre però che le opere di mettano in modo rapidissimamente, con regole tanto rigorose quanto semplici. Le analisi degli errori normativi recenti esistono, immagino che la sola ANCE ne abbia un repertorio, ma altrettanto, se non di più, c’è certamente presso il Ministero delle infrastrutture, ora guidato da Paola De Micheli, le cui competenze manageriali e la cui esperienza politica, anche alla presidente del consiglio, fanno ben sperare.

(3) La riduzione del cosiddetto spread libera risorse significative per il bilancio pubblico (e per chi ha contratto mutui a tasso variabile, anche per i bilanci familiari). Inoltre, o soprattutto, siamo in un’epoca di tassi a lungo termine bassissimi o addirittura negativi. È una anomalia, ma destinata a protrarsi nel tempo. Per chiarire che non si tratta di discorsi ipotetici, cito da The Guardian del 13 agosto scorso: “La Jyske Bank, la terza più grande della Danimarca, ha iniziato a offrire ai mutuatari un accordo decennale al -0,5%, mentre un’altra banca danese, Nordea, afferma che inizierà a offrire contratti a tasso fisso ventennale allo 0% e un mutuo di 30 anni a 0,5%. La banca danese lancia il primo mutuo a tasso di interesse negativo al mondo. Con il suo mutuo negativo, Jyske ha dichiarato che i mutuatari effettueranno un rimborso mensile come di consueto, ma l’importo ancora in sospeso verrà ridotto ogni mese di più di quanto il mutuatario abbia pagato”. Gli Stati stanno cogliendo l’opportunità eccezionale aperta di fronte a loro. Secondo i dati forniti dalla Bundesbank, la Germania ha collocato in asta il nuovo Bund, scadenza agosto 2050, per 824 milioni di euro. A fronte di un’offerta per 2 miliardi, le richieste sono state pari a 869 milioni, ma il rendimento medio a scadenza si è attestato a -0,11%, per la prima volta in negativo per quella scadenza. Nello stesso periodo del luglio 2019, l’Italia ha collocato tre miliardi di euro di Btp a 50 anni con cedola 2,80%, il che è già in sé un risultato interessante per ridurre il costo del debito pubblico. Qual è il motivo della differenza tra -0,11 e 2,80: la fiducia verso il debitore. La fiducia verso l’Italia la si può riconquistare. Data la misura del nostro debito pubblico, non è azzardato stimare un risparmio di 50 miliardi all’anno di interessi. Lì troviamo le risorse per le infrastrutture, la scuola, la sanità e anche per evitare l’aumento dell’Iva. In prospettiva anche quelle per ridurre il debito stesso.

(4) Il lavoro: la disoccupazione, soprattutto dei giovani, oppure la precarietà dei lavori usa e getta, minano alla base la tenuta sociale e aprono varchi enormi all’illegalità. È urgentissimo por mano a un sistema di regole, soprattutto quelle contenute nel cosiddetto Jobs act, costruite su un modello di impresa che non c’è (quasi) più, purtroppo. Impresa in crescita, con tecnologie proprietarie, che investe in formazione e con un sindacato attivo. La sintesi: il contratto a tutele crescenti diventa un contratto a tutele inesistenti. Aziende “usa e getta” impiegano lavoro “usa e getta”, senza investimento sulle persone. L’usa e getta è un gravissimo errore: occorre disincentivarlo al massimo; incentivando le aziende normali affinché crescano e i capi del personale possano ben valutare il lavoro dei dipendenti. In questa direzione può ben agire anche la riduzione della differenza tra costo del lavoro e retribuzione, cioè del cosiddetto cuneo fiscale. Le regole del lavoro sono politicamente difficili da riformare, ma un governo in emergenza può riuscirci. Può anche riuscire a operare per una ripresa dell’occupazione nella Pubblica amministrazione, ringiovanendola, dandole una dimensione consona alle esigenze complesse di uno Stato moderno e incidendo direttamente sulla disoccupazione,

(5) Infine la necessità di uno shock sull’economia a breve termine, in altre parole il rilancio dei consumi. Un estremo sta nella attesa per l’ultimo asso di Draghi. Il 12 settembre (tra un giorno) Francoforte svelerà le mosse su tassi e acquisti di titoli, ma tra gli operatori c’è chi evoca perfino l’helicopter money, cioè i trasferimenti diretti di denaro fresco ai cittadini. L’espressione deriva da una frase di Milton Friedman, del 1969, quando scrisse una spiegazione un po’ immaginifica degli effetti dell’aborrita espansione monetaria, supponendo che la moneta aggiuntiva fosse gettata ai cittadini da un elicottero. Molto seriamente, l’Economist del 26 maggio 2018 titolava che Central banks should consider offering accounts to everyone al fine di poter accreditare nuova moneta, come capacità di acquisto, ai cittadini. In tempo di inflazione zero, o negativa, è possibile. Non possiamo chiedere anche questa azione al neonato governo Conte, ma impegniamoci a non gridare allo scandalo se un grande italiano qual è Mario Draghi volesse proporla.


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