Green pass, il rebus va risolto prima del 15 ottobre
di Germana Zollesi |
L’intento del Legislatore è sicuramente encomiabile in quanto mira a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro: obiettivo mai sufficientemente perseguito e le morti bianche ne sono una drammatica testimonianza. Il voler anticipare i tempi, il 15 ottobre con l’introduzione del Green pass, in concomitanza della sospensione dello smart work, rischia però di generare effetti distorsivi in un sistema già provato dalla crisi pandemica e da un sistema burocratico tutt’altro che in grado di adeguarsi alle esigenze oggettive.
Al lavoro (come in ogni altro ambiente) dovrebbero poter accedere solo chi non si trova nelle condizioni di poter contagiare: per rendere attuale e concreto il concetto si è ipotizzato uno strumento, il green pass, che assicuri la non contagiosità del soggetto a tutela degli altri lavoratori e degli altri astanti. I principi e la loro attuazione
Il principio è difficile da contestare sotto un profilo etico-morale: sul come realizzarlo, in una società frastagliata e differenziata come la nostra, presenta innumerevoli eccezioni e contestazioni (e la sua realizzazione pratica quasi impossibile da imbrigliare in norme rigide, se non accompagnate dal buon senso). I positivi andamenti lasciano intravvedere l’agognato ritorno alla normalità, ma la prudenza obbliga ad adottare misure di prevenzione (per loro natura sempre meglio eccessive che carenti). Per rendere effettive le connesse disposizioni dopo il 15 ottobre prossimo sarà indispensabile disporre del green pass negli ambienti di lavoro. Concetto tanto semplice quanto potenzialmente difficile da attuare. Innanzi tutto vi sono le resistenze culturali di una parte della popolazione e di alcuni intellettuali che vedono nel green pass uno strumento di restrizione delle libertà. Forse la nostra società è troppo intenta a difendere i singoli diritti (come la privacy e la trasparenza) sicuramente espressione di civiltà, ma che nella loro attuazione pratica generano condizioni anomale (anche gli adolescenti ormai citano la privacy per non rispondere ai loro genitori, per non parlare dei delinquentelli che si rifiutano di rispondere alle forze dell’ordine). I controlli sui green pass, in un sistema ormai privato del “buon senso”, dominato da una maggioranza di legulei sempre più invadente, rischia di compromettere la funzionalità del sistema, già provato da un’infinità di altri problemi. La voglia di ripartire ha portato ad emanare frettolosamente norme rigide (e un po’ demagogiche) sul controllo dei green pass sui luoghi di lavoro, non dando il tempo di adottare modalità automatiche di rilevazione del green pass all’ingresso negli ambienti di lavoro. La difficoltà di applicazioni razionali
Le aziende organizzate su più turni di lavoro presentano oggettive difficoltà nel controllare la validità della documentazione potenzialmente valida solo per poche ore (ed il burocrate doc è già impegnato nel prospettare controlli continui per rilevare non solo il possesso del green pass ma la sua validità). Oltre il non indifferente aumento di costi in capo al sistema produttivo (non compensato da un aumento di produttività) si concretizza il pericolo di generare situazioni dove si deve scegliere tra garantire il servizio o il rispetto puntuale della norma.
Classico esempio sarà offerto da chi può aver dimenticato il green pass a casa: l’osservanza della norma non dovrebbe permettergli di entrare, ma se l’azienda è organizzata su più turni di lavoro o se il lavoratore cui dare il cambio è un genitore con bambini in uscita dalla scuola, si rischia di provocare situazioni perniciose. La situazione riflette la difficoltà delle nostre società decadenti di perseguire obiettivi comuni per cui ogni decisione trova immediatamente una contestazione seriale che ne impedisce un’applicazione flessibile in grado di adattarsi alle situazioni.
Si è consci, soprattutto in Italia, che se la norma non viene declinata in ogni possibile fattispecie, genera forme di elusione e raggiro più o meno lecite, ma la rigidità della norma genera situazioni razionali che neanche le persone di buon senso hanno più il coraggio di gestire per paura di delazioni o di incappare in sanzioni. E così la data del 15 ottobre viene vista come uno spauracchio da un’infinità di operatori che al di là delle posizioni ideologiche, vorrebbero impegnarsi per ritornare alla normalità in condizioni di sicurezza.
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