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DDL Zan: l’inatteso scontro Stato – Vaticano

di Luca Rolandi|

Ogni giorno la sua pena e il suo dibattito si potrebbe dire. Il Vaticano ha chiesto al governo italiano di modificare il ddl Zan, il disegno di legge contro l’omofobia. Certo nessuno si sarebbe immaginato questo intervento che il cardinale Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha sintetizzato come la preoccupazione della Santa Sede è stata espressa a nome della Chiesa e di molti fedeli. Il tema è sempre caldo e oggi riapre indirettamente la questione del Concordato rivisto e corretto nel 1984 con protagonisti Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli. Un’azione che aveva messo fine ad un patto che era dentro una logica di regime, con tutti i nessi e connessi. Nella querelle si è inserito stamane l’esimio prof. Francesco Margiotta Broglio che dalle pagine di Repubblica ha voluto ricordare al vescovo di Ventimiglia e Sanremo Antonio Suetta, che ha parlato di violazione della legge di Dio e di violazione dei pilastri della dottrina cattolica, “che purtroppo la legge di Dio non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale”. Un intervento anche simpatico, se nel contempo, però, si approfondisce il fatto, ormai poco scontato, come i piani tra fede e storia, religione e politica, siano mediati costantemente e che la teocrazia e il regime di cristianità superati da decenni. Ciò non toglie che le fedi, le religioni, le chiese non debbano partecipare al dibattito pubblico e controbattere in punta di diritto e nell’ambito culturale alle provocazioni, per altro bonarie, dei giuristi esperti. Forse sarebbe opportuno ricordare che nel frattempo siamo immersi, Anno Domini 2021, in una società pluralista, in cui convivono credenti e non credenti, in un contesto multiculturale e in una società interreligiosa sempre appesa a filo da rinforzare per non cadere nel fanatismo dei fondamentalismi. Fa comunque rumore un intervento diretto su temi di carattere nazionale. Prima di tutto dunque è corretto salvaguardare la laicità dello Stato, la necessaria e genuina primazia del diritto sulle opinioni personali e sulle differenze, che si badi bene, devono essere non solo tutelate, ma salvaguardate come bene prezioso. Ma la levata di scudi pro Stato o pro Vaticano, come troppo spesso, accade ha scatenato le tifoserie, e pure qualche sgangherato appello di rapper nostrani che certo non avrebbero bisogno di visibilità, avendone avuta già in abbondanza dopo il Festival della canzone in Riviera. Il tema della laicità dello Stato, del sistema Concordatario, della libertà religiosa, dell’insegnamento delle materie religiose nella scuola sono molto più delicati e importanti di questo intervento, forse scomposto della Santa Sede. Si rischia sui tempi più ampi e larghi di rimandare un redde rationem che merita cuori saldi e capacità di mediazione e discernimenti da una parte all’altra del tavolo. L’intervento d’oltre Tevere sulla legge

Rispetto al Concordato, il punto della Santa Sede si richiama al principio della libertà religiosa (artt. 7 e 8 c.) e tocca, sul piano dei principi costituzionali anche quello della tassatività della legge penale. In un Paese dove le forzature giurisprudenziali sono quotidiane, il dubbio che la portata del nuovo art. 604 bis CP diventi, per effetto della legge, oltremodo vasta e indefinita non mi sembra del tutto peregrino. Certo la libertà di opinione sembra fatta salva dall’art 4. Però il principio dell’eterosessualità del matrimonio e della precedenza delle coppie eterosessuali nell’adozione e il divieto di maternità surrogata per chi lo sostiene è espressione della sua libertà di opinione, per chi lo contrasta può essere, anche in buona fede, inteso come propaganda volta alla discriminazione. E la Chiesa che tende a propagare certi principi diventa organizzazione che propaganda la discriminazione suscettibile di essere vietata ai sensi della nuova stesura dell’art 604 bis. Si può discutere se questo pericolo sia reale o se sia solo un fantasma della propaganda di un certo conservatorismo ultramontano oppure di un laicismo post positivista, ma asserire con assoluta certezza che la libertà religiosa non sia in alcun modo in discussione anche nell’attuale stesura del ddl Zan, pur riveduta e corretta, risulta ingenuo e frettoloso. Credo che riflettere sul tema e provare a modificare anche in punta di penna alcuni accenti possa essere molto importante, non solo per armonizzare un rapporto fondamentale con l’istituzione religiosa ma anche un domani per riprendere un rapporto più sereno e di prospettiva sul primato della laicità che non è oscurantismo e neppure laicismo.

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