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COP 28: nel 2050 addio alle fonti fossili, ma Meloni lo ha capito?

di Mercedes Bresso

 

È stata davvero una sorta di fuoco d’artificio la conclusione della COP 28 a Dubai, anche se la formulazione finale, che dovremo leggere con attenzione, è probabilmente un po’ ambigua. Però per la prima volta si è messa nero su bianco la decisione di avviare la “Transizione per uscire dalle fonti fossili”. Si è concordato di ridurre le emissioni del 43% per il 2030 e confermata la volontà di raggiungere le zero emissioni nette nel 2050: a tal fine le parti si sono impegnate a triplicare la capacità globale di energie rinnovabili e a duplicare il livello di efficienza energetica.

Il curioso paradosso è che l’uscita è stata sancita a Dubai da un presidente petroliere, che ha accettato per se stesso ed è riuscito a far accettare ai suoi colleghi, che dal petrolio e dalle altre fonti fossili dipendono per la loro straordinaria ricchezza, di avere capito che il mondo sta comunque andando in quella direzione e che è meglio cavalcare la tigre che farsene travolgere. Tanto sappiamo tutti che il mondo avrà bisogno del petrolio per ancora molto tempo, che ci serve anche per molti prodotti  industriali, prima di tutto le plastiche  e che con le immense risorse che sono venute e verranno ancora dalle royalties, i Paesi del Golfo potranno ritagliarsi un ruolo da leaders anche nella futura economia green e nello sviluppo delle rinnovabili, per le quali possiedono d’altronde grandi potenzialità visto che dispongono di immensi deserti assolati.

Se c’è una cosa che ci insegnano i risultati di Dubai, mi pare sia che un leader intelligente deve sapere che prendere la testa dei processi innovativi inevitabili è sempre più conveniente che mettersi in coda a protestare rifiutando di vedere la realtà. Questo all’Italia che esita continuamente a proporsi come leader delle fonti rinnovabili e delle loro tecnologie, anche ricordando che tanto non abbiamo altre risorse fossili e neppure nucleari disponibili, dovrebbe servire da esempio: siamo un paese sismico, quindi abbiamo un potenziale geotermico, abbiamo più coste ventose della maggior parte dei paesi e quindi potremmo puntare sull’eolico offshore, siamo “O paese d' 'o sole” e siamo troppo lenti nel solare, abbiamo una grande copertura forestale che ha un disperato bisogno di manutenzione e che potrebbe fornirci materia prima per i biocarburanti, così come potrebbero fare i rifiuti organici urbani e quelli animali… che cosa aspettiamo?

Abbiamo soprattutto un’industria molto ingegnosa e flessibile, che può ritagliarsi un ruolo nella produzione di macchinari e impianti per la transizione energetica adattando le tecnologie alle esigenze dei clienti, come abbiamo saputo fare in molti campi. Invece, il nostro governo traccheggia sulla posizione da assumere, pensando solo a fare una vuota opposizione alle misure europee che cercano appunto di portare il nostro continente sulla frontiera più avanzata nella lotta al cambiamento climatico. Il fatto che in alcuni casi, nei regolamenti adottati si siano fatti degli errori, non giustifica nulla: dobbiamo essere pro attivi e partecipare all’enorme lavoro che si deve fare; solo così potremo anche proporre delle critiche e delle modifiche ai singoli provvedimenti.

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