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Addio a Idriss Déby “l’uomo dell’Occidente in Ciad”

di Maurizio Jacopo Lami|


Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene». Geremia (8,15)

La morte di Idriss Déby è oggettivamente misteriosa. Se non altro perché è davvero difficile immaginare un dittatore anziano che si espone senza alcuna necessità in battaglia. Ma la versione ufficiale è quella di un uomo “caduto eroicamente combattendo contro i nemici del Ciad”. La sua fine però non solo sanziona la fine di una dittatura che durava dal 1990, ma crea grossi problemi anche all’Occidente. Vediamo perché. Con il crollo del regime di Gheddafi, nel 2012, la destabilizzazione sotto l’urto dell’ondata islamista aveva travolto anche il Mali. In quella circostanza, però, era stato proprio il presidente Déby uno dei capi di Stato più intraprendenti e risoluti nel fronteggiare l’estremismo islamico. Una scelta a fianco della Francia che sta tentando in maniera quasi solipstica di mantenere il suo ruolo in Africa e per farlo ha organizzato, fra le altre cose, un’alleanza fra Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad con lo scopo di isolare i mille rivoli della galassia jihadista. Il fatto stesso che ci voglia tanto impegno e tante forze in campo (i francesi da soli schierano ben cinquemila uomini nella zona) conferma quello che tutti pensano: i problemi dell’Africa non possono essere risolti con la vecchia politica delle cannoniere. Purtroppo, in ogni paese africano di quella fascia si ripropone con desolante regolarità il vecchio schema: un dittatore (naturalmente lo definiamo Presidente perché fa meno effetto: sono sempre regolarmente eletti, anche se sono lì da cinquant’anni) si appoggia all’Occidente assicurando che “terrà testa alle forze oscure”. In realtà nel novero dei “nemici dell’Occidente e della libertà” il paladino di turno infila elegantemente tutti coloro che non obbediscono al suo clan. Déby era esattamente un uomo di questo stampo: dal lontano 1990 comandava il Ciad, fingendo di vincere elezioni opportunamente controllate. La Francia ha sorvolato su tutto perché grazie a questa influenza poteva agevolmente controllare molti flussi di materie prime nella regione. Il dramma è che anche l’Isis e altre formazioni simili approfittano dei confini inesistenti (in queste zone esistono solo sulla carta) per intensi traffici, segnatamente contrabbando di armi, droga e anche il fiume di uomini che viene condotto in Occidente. E gli Stati Uniti? Vent’anni di fila di guerre in Medio Oriente hanno messo la Casa Bianca in una posizione difficile: non possono abbandonare gli alleati occidentali, ma nello stesso tempo avvertono la necessità assoluta di dare un periodo di respiro alle proprie forze armate. Così hanno inviato droni, uomini e soprattutto corpi speciali, arrivando fino ad un massimo di settemila uomini nella regione, senza contare altri duemila che si occupano di addestrare le forze di ben 40 Paesi dell’Africa. Inoltre hanno dato un deciso appoggio alle forze francesi soprattutto in Mali dove si combatte una guerra davvero difficile. Il terreno è infernale, i tuareg, stufi di essere trattati con durezza dai governi centrali, hanno formato gruppi armati che sono gli unici a spostarsi con facilità in un ambiente durissimo, la marea di armi a disposizione ora che nessuno sorveglia più gli arsenali della Libia rende facilissimo creare eserciti clandestini. Macron, estremamente preoccupato per il possibile ritiro delle forze americane, ha chiesto alle nazioni europee di collaborare in quella regione così ostica. Ora, come se non bastassero tutti questi problemi, l’Occidente ha perso Déby, il principale alleato della regione. Sembra che il figlio ne prenderà il posto: ha parlato di un periodo di transizione di diciotto mesi prima delle elezioni (il padre disse più o meno la stessa cosa nel 1990…), ma comunque non sarà facile. Qualcuno dirà: ma non si potrebbe armare meglio l’esercito del Ciad invece di chiedere a tutte le nazioni europeee di mandare uomini e mezzi in un posto che ci sembra estraneo come la Luna? In proposito si può raccontare una storia istruttiva che rende bene la pericolosità di certe “soluzioni semplici”.Nell’ormai lontano 1985 Ronald Reagan chiese alla CIA di creare una sezione speciale incaricata di abbattere la dittatura di Gheddafi. La CIA obbedì prontamente e nacque un gruppo (che cambiò nome e forma più volte di quante si possano contare) che però non riuscì a infiltrarsi nel Paese nemico. Ha scritto lo storico americano Tim Weiner: “Dovendo cercare una base per le sue operazioni contro la Libia, la Cia decise di controllare il governo di un Paese confinante, il Ciad, che era una delle nazioni più povere e isolate dell’Africa. L’agente scelto per questa missione fu Hissan Habré, un ex segretario alla difesa del Ciad che aveva rotto con il suo governo e si era rifugiato nel Sudan occidentale insieme a duemila combattenti”. Habré (il dittatore del Ciad predecessore di Déby) riuscì davvero nel 1987 a infliggere una pesante sconfitta all’esercito di Gheddafi, ma per farlo ottenne dalla CIA dei missili Stinger, la miglior arma contraerea spalleggiabile esistente al mondo. Una dozzina di quei missili, come gli americani scoprirono a loro spese nel 1991, furono rivenduti a Saddam Hussein. Questo spiega perché né la Casa Bianca, né l’Europa possano fidarsi fino in fondo di di armare il Ciad: non hanno nessuna certezza sull’impiego finale delle armi.

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