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Una medicina per il mondo

Aggiornamento: 9 apr 2023

di Pietro Terna

L’Economist comparso online il 5 marzo[1] (con data editoriale del 7 marzo) ha in copertina il mondo rappresentato come un coronavirus, con la frase “The right medicine for the world economy”. Passiamo dal mondo a casa nostra: nello stesso giorno l’Amma e la Federmeccanica hanno annunciato i risultati dell’indagine congiunturale presso gli associati[2]. Purtroppo si vede con molta chiarezza quanto ci sia bisogno di medicine: siamo in presenza di variazioni negative della produzione vicine a quelle del secondo peggior momento della recente grande crisi, quello del 2013. I due ultimi articoli che ho pubblicato nel sito de La Porta di Vetro[3] iniziavano indicando il rallentamento dell’economia tedesca come causa del calo della nostra produzione industriale e prevedevano che il blocco della vita sociale e produttiva causato dall’epidemia avrebbe peggiorato le cose. Per questo, gli articoli proponevano misure urgenti di intervento. La conferma della gravità della situazione è arrivata puntuale. Quello che siamo sperimentando è un insieme di effetti di per sé anche circoscritti quali: cancellazioni di ordini per via di previsioni negative; carenze nelle forniture internazionali; scelte precauzionali delle persone, che ritardano gli acquisti dilazionabili. L’effetto congiunto di tutti questi elementi sta esplodendo nel mondo. Negli Stati Uniti la Fed (la banca centrale) ha ulteriormente ridotto il costo del denaro, ma Wall Street ha continuato a allineare giornate nere. Le altre banche centrali (BCE, Bank of England, Banca del Giappone, Banca nazionale svizzera, …) sono caute, perché una ulteriore discesa dei tassi, già quasi sotto zero, avrebbe poco o nessun effetto, mentre una azione così generalizzata aumenterebbe il panico tra gli operatori e le famiglie. Occorre agire, ma come, senza incorrere in insuccessi clamorosi? “Non dobbiamo far confusione. Non siamo onnipotenti, non abbiamo la pietra filosofale”, ha dichiarato il vice presidente della Bce Luis de Guindos.[4] Certo, è una dichiarazione prudente, ma in momenti calamitosi chi ha cariche pubbliche deve agire all’altezza delle responsabilità che ha accettato. Dall’Economist (mia traduzione): “Per le aziende la grande sfida sarà la liquidità. E sebbene questo shock sia diverso dalla crisi finanziaria, quando il veleno si diffuse dall’interno, quel periodo ha mostrato come far fronte a una stretta di liquidità. Le imprese che perdono entrate dovranno comunque far fronte a imposte, salari e interessi. Alleviare questo onere, per tutto il tempo in cui l’epidemia dura, può evitare fallimenti e licenziamenti. Un aiuto temporaneo per le tasse e i costi salariali può essere utile. I datori di lavoro possono essere incoraggiati a scegliere orari più brevi per tutto i dipendenti rispetto ai licenziamenti per alcuni di loro. Le autorità potrebbero finanziare le banche affinché prestino a imprese in sofferenza, come hanno fatto durante la crisi finanziaria e come sta facendo la Cina ora. La Cina sta anche ordinando alle banche di agire con prudenza verso i debitori insolventi. I governi occidentali non possono farlo, ma è nell’interesse dei finanziatori di tutto il mondo mostrare tolleranza nei confronti dei mutuatari che affrontano carenze di cassa, proprio come le banche hanno fatto verso i dipendenti del settore pubblico durante la sospensione di attività del governo americano nel 2018-19”. Non tutte queste misure possono essere applicate in Italia, ma molti punti possono essere resi operativi rapidamente. Aggiungo: interventi immediati su investimenti e acquisti pubblici; agevolazioni per acquisti privati, con crediti di imposta; riduzione dell’IVA su acquisti di beni durevoli. Insieme agli interventi economici, servono quelli della politica nel significato più elevato del termine: serve grande compostezza e consapevolezza nell’azione da parte di tutti i responsabili, nelle loro scelte e nelle loro azioni di comunicazione. Siamo in un mondo in cui l’informazione è un flipper impazzito: la birra Corona Extra ha dovuto intervenire per precisare che l’accostamento ironico del suo nome con quello del coronavirus non ha prodotto nessun crollo delle vendite: una fake news[5] che stava infatti producendo effetti in borsa. Se si leggono i dibattiti nei cosiddetti social, o si sentono gli interventi di molti ascoltatori in radio, quello della birra Corona diventa un caso plausibilissimo. Purtroppo, il cattivo esempio viene anche da posizioni di grande responsabilità, tanto che si assiste a un terribile gioco strategico in cui ciascuno dà molto più peso alle azioni e reazione degli avversari politici o professionali, piuttosto che alla realtà dei problemi. Ragioniamo, ciascuno di noi, con pacatezza sui dati, sulla dimensione reale del problema, senza sminuirlo, ma senza amplificarlo. Segnalo che un lavoro molto utile di raccolta e organizzazione delle informazioni sull’andamento del contagio è svolto dal Center for systems science and engineering della Johns Hopkins University[6]. Note 1http://www.laportadivetro.org/politica-industriale-o-politica-economica/ e https://www.economist.com/leaders/2020/03/05/the-right-medicine-for-the-world-economy 2 https://www.amma.it/news/2020/03/05/comunicato-stampa-congiunto-federmeccanica-amma-15/ 3http://www.laportadivetro.org/politica-industriale-o-politica-economica/ e http://www.laportadivetro.org/virus-e-conti-pubblici/ 4 https://it.reuters.com/article/topNews/idITKBN20S24H 5 https://tg24.sky.it/economia/2020/02/28/coronavirus-birra-corona.html 6 https://www.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6

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