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Voglia di nuovo autentico dietro il nostro “day after”

di Claudio Artusi |

Vi è una aspettativa, una domanda, una attesa, un “dopo” che sta maturando nel Paese sotto la pelle dei sacrifici e delle ansie della pandemia. Il “dopo” è carico di interrogativi, certo, ma anche di una tensione verso un paese migliore di come era, quando siamo entrati in questo tunnel. E ognuno prova a dare un senso a questa tensione. Si passa così dal riconoscimento materiale e morale dei meriti, a fronte dell’attuale appiattimento sulla mediocrità alla saldatura di interessi e valori fra vecchie e nuove generazioni; dalla richiesta di un’organizzazione sociale che sia “amica” dei cittadini, in barba ad una burocrazia opaca ed ostile alla speranza di un equo pagamento per i servizi pubblici che si ricevono, in vista di una diversa fiscalità; dal gusto di tornare a progettare, ad innovare, ad intraprendere a guardare con occhi determinati all’ambiente, salute e sviluppo non più alternativi fra loro (mai più un caso come l’Italsider di Taranto) all’orgoglio di essere italiani ed europei; infine, dalla competizione, cooperazione e solidarietà lette come parte integrante dello sviluppo collettivo alla cultura, formazione, istruzione come cifra distintiva del nostro capitale umano. Potrei continuare a lungo, ma poco importa essere esaustivi in questa elencazione, perché il senso di quanto mi sembra di cogliere è che, per la prima volta dal Secondo dopoguerra, non è una élite a proporre un radicale rinnovamento, ma un popolo che, ancorché sfibrato e deluso, chiede, con la stessa forza con cui ci ha colpiti la pandemia, di essere protagonista di un nuovo modo di convivere. Del resto, già nel precedente articolo1 mettevo in guardia dalle tensioni che si stanno generando nel corpo sociale aprendo la caccia al privilegio, all’ingiustizia, ai furbetti. Di fatto non mi contraddico: è l’altra faccia della luna. Essere un grande popolo con millenni di storia alle spalle significa saper aprire il vaso di Pandora e sprigionare le virtù anziché i mali del mondo. Non so se sarà così, non mi avventuro in una previsione, ma chi avrà la responsabilità morale, politica, sociale ed economica di guidare il Paese ha la missione storica di trasformare questo fermento in consapevolezza, di declinarlo in un percorso progettuale e, soprattutto, di non tradirlo. _______

 
 
 

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