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Una luce nel buio: il viaggio in Iraq del Papa chiamato Francesco

di Luca Rolandi |

Nel passaggio fondamentale di un altro anno difficile, mentre aumentano i morti di Covid, la terza ondata in Italia è in atto e i centomila morti, numero spaventoso, si raggiungeranno domani. E mentre il popolo si scalda per le canzonette sanremesi e la politica si agita tra le sue miserie, papa Francesco compie un viaggio apostolico di portata storica. Siccome tutto si consuma in breve tempo è bene conservare nella memoria e fissare nello scritto le parole, le omelie, i gesti che Bergoglio ha compiuto in questo viaggio, realizzato nonostante la pandemia. L’uomo ha 84 anni: il capo della chiesa cattolica diventa anche leader mondiale credibile e unico, e già questo ci dovrebbe indurre alla riflessione. Il pellegrino Francesco torna nella terra dei padri e ci torna in una realtà martoriata, per cinque anni ostaggio della follia fondamentalista. In una regione dove i cristiani sono minoranza della minoranza, comunità che rischiano l’estinzione non solo naturale. Ecco Francesco non si ferma e va, porta il Vangelo fino ai confini della terra, nei luoghi dove la tradizione biblica racconta la chiamata di Dio all’uomo e al popolo eletto. È poetica e profonda la sua prosa, il discorso letto alla piana di Ur un tesoro in cui il mistero dell’uomo unisce terra e cielo e guida i passi di una umanità ormai quasi estranea alle ragioni di senso dell’esistenza: “Guardiamo il cielo. Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo. Noi, discendenza di Abramo e rappresentanti di diverse religioni, sentiamo di avere anzitutto questo ruolo: aiutare i nostri fratelli e sorelle a elevare lo sguardo e la preghiera al Cielo”. Nella terra di Abramo che si costruisce il mondo di domani, che sarà fraterno o non sarà. “Il cammino di Abramo fu una benedizione di pace. Ma non fu facile: egli dovette affrontare lotte e imprevisti. Anche noi abbiamo davanti un cammino accidentato, ma abbiamo bisogno, come il grande patriarca, di fare passi concreti, di peregrinare alla scoperta del volto dell’altro, di condividere memorie, sguardi e silenzi, storie ed esperienze. Mi ha colpito la testimonianza di Dawood e Hasan, un cristiano e un musulmano che, senza farsi scoraggiare dalle differenze, hanno studiato e lavorato insieme. Insieme hanno costruito il futuro e si sono scoperti fratelli”. E ancora più straordinario e incredibile è l’incontro a Najaf, la città santa degli sciiti iracheni nella casa dell’Ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani autorità suprema della corrente sciita dell’Islam. Incontro e viaggio apostolico unico e storico quello di Bergoglio che arriva giusto due anni dopo la dichiarazione di fratellanza di Abu Dhabi con le massime autorità sunnite, da cui è scaturita la recente enciclica Fratelli Tutti – preparato in mesi di negoziati riservati con la mediazione di Louis Raphaël I Sako, cardinale e patriarca cattolico iracheno, che ha fatto più volte la spola fra Roma e Baghdad. Capo religioso ma anche autorità morale del mondo come ha evidenziato molto bene Alberto Negri scrivendo della visita “Cosa sono la politica e la diplomazia? Eccole, nel segno di Abramo, e le porta un uomo testardo vestito di bianco. Cos’è il coraggio di cambiare il mondo? È quello di Bergoglio che in direzione ostinata e contraria, quando tutti lo sconsigliavano dall’andare in Iraq, ha sfidato i consigli più ipocriti, degli americani e dei venditori di morte occidentali. E lo ha detto anche nella biblica piana di Ur dove oltre a condannare il terrorismo in nome della religione si è scagliato contro ogni forma di oppressione e prevaricazione”. E poi ancora la visita a Mosul, la grande messa a Erbil il dialogo nelle terre martoriate con tutti cristiani e donne e uomini di altre confessioni e in ricerca, fino all’ultimo toccante incontro con il papà del piccolo Alan Kurdi, naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015 mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa. L’immagine del piccolo, trasportato a riva dalla corrente del mare, ha fatto il giro del mondo sollevando l’indignazione globale. L’immagine straziante, riprodotta in un dipinto monito per le tante tragedie dei migranti in mare, è stato donato dal papà di Alan al Pontefice, come si vede nell’immagine scattata in occasione dell’incontro struggente al termine della messa. Se oggi c’è un uomo che irradia luce questi è Francesco, il Papa che viene dalla fine del mondo e lì torna per dare senso alla vita di una umanità ferita.

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