Un libro per voi: "Le nostre prigioni, storie di dissidenti nelle carceri fasciste"
Alle 18 e 30 di oggi, 19 settembre, presso la Sala Polivante CDT in Largo Barale 1 a Cuneo, sarà presentato il libro di Giovanni Taurasi "Le nostre prigioni, storie di dissidenti nelle carceri fasciste", edizioni Mimesis. All'incontro partecipa l'autore in dialogo con Livio Berardo. Presentiamo l'introduzione del libro.
Dal 1926 al 1943 furono deferiti al Tribunale Speciale 15.806 imputati e vennero processati in 5.620. Vennero condannati 4.596 antifascisti per un totale di 27.735 anni di carcere e comminati sette ergastoli. Occorre inoltre tenere conto che anche coloro che vennero prosciolti in istruttoria o assolti si fecero in media un anno di carcere, perché questi erano i tempi che trascorrevano dall'arresto al processo, e numerosi furono i dissidenti e le dissidenti rinviati alla magistratura ordinaria. Furono inoltre 12.330 coloro che vennero inviati al confino e la polizia aprì, o aggiornò, 110.000 fascicoli di "sovversivi" presso il Casellario politico centrale.
Davanti al plotone di esecuzione
Delle 76 condanne a morte pronunziate dal Tribunale Speciale ne vennero eseguite 56, in gran parte (i tre quarti del totale) nel periodo bellico: a finire davanti al plotone d'esecuzione furono in una prima fase improvvisati e sedicenti "attentatori" alla vita del Duce, poi "terroristi" slavi, responsabili di reati di spionaggio o "traditori".
Al nuovo organo, "una sorta di istituto-anfibio pronto ad adattarsi alle progressive esigenze di un regime in costruzione", era devoluta non solo la competenza dei reati politici contemplati dalla nuova legislazione, ma anche quella sui procedimenti pendenti presso i tribunali ordinari relativi alla medesima tipologia di reato. L'introduzione delle leggi speciali interruppe così il percorso di democratizzazione nazionale, iniziato, seppure lentamente e non senza contraddizioni, in epoca liberale.
Se dimentichiamo questo e non comprendiamo che le leggi razziali, l'alleanza con la Germania nazista, l'ingresso in guerra e gli orrori successivi all'8 settembre 1943 furono le conseguenze di quella rottura, non comprendiamo cos'è stato il fascismo e rischiamo di considerare tutto ciò che è accaduto prima del 1938 solo come l'istituzione di un sistema politico conservatore e illiberale. Dobbiamo invece tornare alla condanna di dissidenti mandati in carcere per reati di opinione per comprendere quale fosse la natura reale del fascismo.
È una storia dimenticata, ma intrecciando diverse fonti è possibile ricostruire nuovamente il tessuto di quella drammatica vicenda, fatta di stenti e privazioni, ma anche di momenti di socializzazione, di appropriazione di una coscienza antifascista, di spazi di libertà esigui, ma esistenti anche all'interno della struttura penitenziaria.
Le storie dei detenuti politici
Oltre ai documenti del casellario politico conservati presso l'Archivio centrale dello Stato, tra le fonti più preziose per ricostruire la vita quotidiana dei dissidenti all'interno dei penitenziari spiccano i fascicoli dei detenuti politici, che contengono una serie di informazioni e di materiali in grado non solo di documentare una prassi amministrativa, ma di ricostruire puntualmente l'esperienza detentiva e che si integrano con tutta la produzione letteraria del dopoguerra.
Tali fascicoli conservano lettere ai congiunti, istanze dei familiari, richieste di libri, segnalazioni delle direzioni dei penitenziari sul comportamento dei detenuti e sui loro rapporti con gli altri carcerati, sulla loro coscienza politica, sul loro grado di cultura, sulla loro condotta, sul loro stato di salute. Si è scelto tra i condannati dal Tribunale Speciale un campione qualitativo di un centinaio tra detenute e detenuti, celebri e meno noti, con una prevalenza di comunisti, trattandosi della componente quantitativamente più rilevante della totalità dei detenuti politici, a cui sono stati affiancati numerosi dissidenti di ogni orientamento politico-culturale.
Per oltre quasi 90 di loro, attraverso diverse fonti, è stata redatta una scheda biografica integrale in coda al volume, dalla nascita alla morte, corredata dalle foto segnaletiche tratte dai fascicoli archivistici degli apparati repressivi del regime e dagli album fotografici dei "sovversivi pericolosi" e dei "delinquenti politici", come li definiva il regime nelle sue raccolte fotografiche.
La memorialistica e i diari, i fogli matricolari che registravano il comportamento dei detenuti e gli esami medici, i provvedimenti disciplinari e le segnalazioni all'Ovra, i fascicoli personali e le lettere a congiunti e familiari, gli studi e le ricerche sparse delineano il perimetro nel quale lo storico può muoversi per raccontare queste storie. Occorre farlo con perizia, ma anche con rispetto per l'intimità svelata delle persone coinvolte, poiché ci troviamo sul delicato crinale tra pubblico e privato, e quando aspetti personali emergeranno nelle prossime pagine, non accadrà con l'obiettivo di guardare la storia dal buco della serratura, ma per la volontà di ridare dignità alla persona.
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