Un libro per voi: "In politica per l'ambiente" di Andrea Ferrazzi
- Marco Gonella
- 13 mag 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 23 mag 2024
a cura di Marco Gonella

Il 17 maggio dalle ore 18 presso la Sala Rinascimenti sociale del SocialFare, in via Maria Vittoria 38, la Porta di Vetro promuove la presentazione del libro di Andrea Ferrazzi "In politica per l'ambiente. Un cammino necessario". Senatore della Repubblica nella XVIII legislatura dal 2018 al 2022, laureato in Economia aziendale all'Università Ca' Foscari di Venezia, è stato dal 1994 al 1998 vicepresidente dell’Azione Cattolica del Patriarcato di Venezia, Responsabile del settore giovani e Consigliere triveneto.
Nel 1999, eletto in consiglio provinciale, viene nominato assessore alla Cultura, all’Istruzione e all’Assistenza della Provincia di Venezia, e successivamente vicepresidente della Provincia di Venezia.
Dal 2010 al 2014 assessore del comune di Venezia.
Insieme con Ferrazzi, si confronteranno sul tema proposto dalla pubblicazione l'avvocato Maria Grazia Napoli, torinese, legale di parte civile in numerosi processi sulla drammatica vicenda Eternit e di attentato alla salute di lavoratori e cittadini, e Michele Ruggiero, presidente de La Porta di Vetro. Il dibattito sarà moderato dallo psicologo Marco Gonella, autore della recensione sul libro che presentiamo.
Secondo Ippocrate “camminare è la migliore medicina per l’uomo”. E In politica per l'ambiente si racconta proprio di un cammino necessario: quello verso il cambiamento. In continua evoluzione, l’uomo modifica l’ecosistema; interviene sull’ambiente a proprio uso e, soprattutto, consumo. Studia, ricerca e agisce, per fare della Terra una casa sempre più confortevole. Erode l’ignoto, ma anche il suolo. Consuma energie, spesso non rinnovabili. Produce progresso, ma con costi sempre meno sostenibili e scarti di lavorazione sempre più tossici. Vende comodità solo a chi la può comprare. Qualcuno si arricchisce, mentre il Mondo, la casa di tutti, si fa sempre più povero e meno compatibile con la vita.
Le strategie più primitive e automatiche messe in atto dai nostri sistemi nervosi in caso di pericolo, lotta e fuga, non sembrano efficaci di fronte alla paura dell’estinzione: l’aria, carica di PM10, non cade sotto i nostri colpi e gli altri pianeti non sono abitabili. Più facilmente, allora, rimaniamo immobili, paralizzati come un cerbiatto di fronte ai fanali di un’auto in corsa, neghiamo l’evidenza: la necessità di cambiare.
Secondo Jean-Paul Sartre, camminare “è un atto di libertà”. È il rifiuto di stare fermi e passivi, è la scelta di muoversi e di esplorare il mondo con le proprie gambe: un modo per affermare la nostra individualità e per riappropriarci del nostro tempo.
Da molti anni, ormai, Andrea Ferrazzi cammina e propone di camminare lungo la strada della politica: scoscesa, accidentata, tuttavia maestra verso uno sviluppo sostenibile da un punto di vista sociale, economico e ambientale. Sceglie l’aggregazione piuttosto che la solitudine: la strategia più evoluta e sofisticata, impiegata dal gruppo umano, per risolvere i problemi. Preferisce il passo da montagna, sia all’immobilità, che alla corsa a perdifiato. È così che, dall’associazionismo cattolico giovanile e dal management delle risorse umane di una grande azienda, passando per una lunga esperienza di amministrazione, tra cui quella come assessore all’Urbanistica del Comune di Venezia, una volta eletto in Senato, si è reso protagonista della storica modifica della costituzione in chiave ambientale, nel corso della XVIII legislatura.
Diario di bordo del suo lavoro da senatore su ambiente e territorio, transizione economica ed energetica, economia circolare e rifiuti, rigenerazione urbana e contrasto ai cambiamenti climatici, il libro esprime la visione politica di Ferrazzi, che fonde l’attenzione allo sviluppo produttivo e sociale con la necessità di tutelare ambiente e territorio.

Se il cambiamento è un cammino necessario, anche la Costituzione deve cambiare. Ferrazzi la definisce: “Una realtà dinamica”, così come lo sono la mente e dunque l’uomo; così come lo è l’ambiente. “La Costituzione – scrive - deve evolvere e, se ci sono degli eventi che modificano strutturalmente la coesione sociale e addirittura la realtà della vita sulla terra, è evidente che noi dobbiamo intervenire”. Si tratta di riconoscere il valore dell’eredità democratica e morale dei nostri padri, per poterla integrare, con calma e ponderazione, in base alle nuove esigenze di sopravvivenza biologica, psicologica sociale dei nostri tempi.
Pensare all’ambiente significa allo stesso tempo, guardare al futuro e conservare uno sguardo strategico sul presente, sui problemi economici, sanitari e sociali, evidenziati dalla pandemia e sull’utilizzo dei fondi europei per farvi fronte che, per Ferrazzi, se “finissero persi in rivoli e mance, a garanzia dello status quo e dei soliti garantiti, compiremmo un errore imperdonabile nella logica della giustizia sociale e dello sviluppo”. Così, “la stella polare” in questo cammino necessario “è pensare alle future generazioni”. La direzione è quella degli Stati Uniti D’Europa: unire le forze, invece di isolarci o fare la guerra, in risposta all’angoscia mossa dalla percezione della finitezza di alcune risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza, cavalcata strumentalmente dai sovranisti. I fondi del P.N.R.R. devono allora essere “quel "turbo" capace di trasformare radicalmente il nostro Paese, rendendolo stabilmente in grado di una crescita sostenibile e qualitativa per farci competere con i migliori sistemi mondiali nel garantire pace sociale, benessere, giustizia e ricchezza”; già, la ricchezza, spesso contrapposta idealisticamente o strumentalmente alla corruzione umana ed ambientale. Per Ferrazzi la lotta al cambiamento climatico non può passare attraverso la decrescita economica. “Produzione di valore e redistribuzione sono intimamente unite. Solo se c'è crescita vi può essere redistribuzione e solo se vi è redistribuzione vi può essere la tenuta sociale e la fiducia necessaria per la stabilità e lo sviluppo. Senza produzione di ricchezza non ci può dunque essere lotta alle disuguaglianze e senza quest'ultima non vi può essere crescita”.
In quest’ottica sprona a comprendere che Green “è la vera azione di business per chi vuole avere futuro. È così oggi per i gruppi bancari, è così per le compagnie assicurative, è così per i fondi di investimento, e così nella percezione comune a cui si adeguano tutte le forme di marketing". Auspica che siano incentivate ricerca e innovazione in settori industriali come l’automotive. Pensa che si debbano stanziare risorse aggiuntive in questo ambito e incentivare “le start-up e gli spin-off che già operano nei settori di guida autonoma, motori elettrici, connettività, batterie e fullcells rafforzare i consorzi per il ritiro e lo smaltimento delle batterie elettriche. Vanno accelerate le procedure autorizzative per lo sviluppo e la diffusione di infrastrutture per le energie rinnovabili, tanto nella loro produzione, quanto nelle colonnine di ricarica delle auto”. Allo stesso tempo, nel corso di svolgimento di questo piano di riconversione industriale e urbana, precisa Ferrazzi, nessun lavoratore deve perdere il lavoro: è necessaria una riconversione professionale attraverso progetti e finanziamenti adeguati.
Lo sguardo, dunque è ampio, verso la necessità di considerarci un unico ecosistema, ma il passo resta corto e cadenzato. “Camminare è il modo migliore per conoscere un luogo”, scriveva Edward Abbey. Ferrazzi attraversa l’Italia, constata l’inefficienza delle nostre reti idriche e fognarie, rileva come i ¾ del patrimonio edilizio privato residenziale sia di classe energetica G, diagnostica i danni dello Sprawl urbano, che “produce città deliranti, che implicano comunità spaesate e impaurite” e propone “un grande piano di rottamazione edilizia, demolendo e ricostruendo, in una visione rigenerativa tanto dell'urbs quanto della civitas”.
Passo dopo passo Ferrazzi ascolta le persone, ne coglie la sofferenza, riflette su come trasformare almeno parte del dolore e del senso di perdita, prodotti dalla crisi pandemica e da quella energetica, figlia della guerra in Ucraina. A suo avviso, la pandemia “ha sviluppato una politica di integrazione europea” e “ci ha fatto capire come solamente una sanità pubblica è in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini, perché è quella più efficiente”. La guerra, insieme agli orrori e alle devastazioni, sta mettendo in luce “come sia assolutamente non più rinviabile una politica energetica autonoma a livello nazionale e continentale”.
La lettura di questo libro permette di costruire un’immagine misurata e complessa dell’uomo e del lavoro politico, anche ai non addetti ai lavori. Incrina l’idealizzazione populista, per cui al governo debba esserci uno come noi – immagine che rapidamente degenera in uno come tanti. Per ricucire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente è necessario muoversi con lentezza e ponderazione, con energia e determinazione. Si procede a piedi, se piove ci si bagna, se fa caldo si suda; spesso si inciampa, talvolta si cade. Per i cammini più impegnativi, oltre al desiderio di raggiungere la meta, servono muscoli, scarpe comode, acqua, cibo e abiti idonei alle diverse condizioni climatiche.
Ugualmente, per governare, insieme alla fiducia nella possibilità di costruire un mondo migliore, servono cultura, esperienze di militanza e di amministrazione e capacità psicologiche e relazionali. Camminando per le strade della politica, infatti, si visitano i territori emozionali più inquinati dell’aggregarsi umano nella competizione per le risorse e per il potere: quelli dell’odio, dell’invidia, dell’avidità, del desiderio di sopraffazione e dell’ambiguità. Si rischia di rimanerne contaminati. L’acido lattico di chi governa è composto dal senso di solitudine, quando le proprie idee non trovano riscontro nel proprio partito o nella propria maggioranza di governo, dalla frustrazione, di fronte a problemi complessi non aggredibili con soluzioni semplici, dai sentimenti di impotenza, nel constatare ingiustizie non superabili immediatamente e con le proprie uniche forze e dal senso di colpa connesso all’idea di non aver fatto abbastanza. Le endorfine prodotte nello sforzo politico, gli applausi e i riflettori, possono esaltare, fino a far perdere la consapevolezza nei propri limiti.
Governare, infatti, non è da tutti, ma per tutti è necessario intraprendere quel cammino politico che conduce al cambiamento: informarsi, scegliere, attraverso il voto, i propri rappresentanti al governo, pensare oltre se stessi, all’altro, all’ambiente, maturare una responsabilità sociale. Il cammino è necessario affinché il Mondo, la casa di tutti, risulti più abitabile per tutti.
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