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Un libro per voi: “Dove comincia la rivoluzione” – Il dramma dell’Argentina

  • Vice
  • 21 giu 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 30 nov 2024

di Vice


Il 21 giugno del 1982, fu il day after, il giorno del risveglio dalla catastrofe delle Malvine per i militari argentini, al potere dal golpe del 1976. Le forze armate di Buenos Aires erano state sconfitte dal Regno Unito che in 74 giorni di guerra aveva riconquistato le isole Falkland, nella denominazione britannica, o Malvine, nella versione argentina. Quattro giorni prima, il capo della giunta militare, generale Leopoldo Gualtieri, si era dimesso. In quel 21 giugno di quarant’anni fa, oramai fuori dalla realtà, mentre le opposizioni cominciavano ad alzare la voce, i tre comandanti in capo delle forze armate argentine, il generale Cristino Nicolaides, il brigadiere Basilio Lami Dozo e l’ammiraglio Jorge Anaya, continuavano a litigare sul nome del nuovo presidente della Repubblica Argentina. I militari troveranno una convergenza soltanto il 1° luglio su Reynaldo Bignone, quarto e ultimo presidente del governo militare che avrebbe ordinato di distruggere gli archivi sui detenuti e sugli scomparsi. Ma il mondo era deciso a non concedere più sconti agli assassini con le stellette, ai protagonisti della “Guerra Sucia”, la guerra sporca, contro gli oppositori, studenti, sindacalisti, dirigenti dei partiti democratici, uomini di chiesa, arrestati, torturati, uccisi, gettati vivi dagli aerei che sorvolavano l’Oceano. Almeno 40 mila desaparecidos, secondo le stime delle organizzazioni internazionali per i diritti civili. Né, in quella circostanza, usò il guanto di velluto Margaret Thatcher, primo ministro britannico, che si doveva far perdonare dai suoi concittadini il grave ritardo con cui l’intelligence aveva dato notizia della mobilitazione militare argentina.

“Si comunica alla popolazione che, a partire da questo momento, il Paese si trova sotto il controllo operativo della Giunta dei Comandanti generali delle Forze Armate. Si raccomanda a tutti gli abitanti la stretta osservanza delle disposizioni delle autorità militari, di sicurezza e di polizia e di agire con estrema cautela evitando azioni e comportamenti, individuali o di gruppo, per i quali si renda necessario l’intervento del personale operativo”. La libertà in Argentina fu sospesa da questo comunicato, il famigerato Comunicato Numero Uno, diffuso dalla radio e dalla televisione il mattino del 24 marzo del 1976. Fu un golpe indolore che destituì e posto agli arresti la presidente in carica, Isabella Peron. Un atto di forza giocato sulla disinformazione e sull’uso spregiudicato dei media che accreditavano l’Argentina sull’orlo di una guerra civile e del disordine sociale. Ispiratore il generale dell’esercito Jorge Rafael Videla, il numero uno della giunta militare, che dal 24 marzo del 1976 divide il potere con i capi della Marina e dell’Aviazione, Emilio Eduardo Massera e Orlando Ramon Agosti. Ma, come racconta Maria Helena Boglio, le avvisaglie arrivano da lontano e sono tutte racchiuse nella storia di un Paese dall’identità mai del tutto completa. Sullo sfondo di un’Argentina inquieta, il libro racconta la storia della giovane Sofia, che vuole “mordere la vita”. Siamo nel 1970, Sofia che frequenta David, rampollo di una famiglia benestante, è destinata al matrimonio. L’approdo naturale di una storia d’amore. La realtà, invece, è destinata all’infelicità. L’uomo da lei scelto non è quello conosciuto, ma un estraneo, rigido, perbenista, reazionario, diffidente. La sua vita diventa un inferno. Si separa e si apre ad un nuovo amore, l’amore per Mauricio, di giorno educatore, di notte un guerrigliero, un Montoneros passato alla clandestinità, che muore in uno scontro ad un posto di blocco. Siamo nel 1975. La Triple A, l’organizzazione antidemocratica e anticomunista costituita dal ministro Lopez Rega, il presidente “ombra” dell’Argentina, ha dato il via alla sua opera di suscitare il panico e il terrore con gli squadroni della morte. Scompaiono nel nulla intellettuali e politici con il sostegno della stessa popolazione che pretende il “pugno di ferro” per arginare il caos che regna nel Paese. Una miopia politica indotta, che non sa valutare le conseguenze. Scompare, osserva Sofia, la preside dell’Università cattolica di Mar del Plata, Maria del Carmen Maggi, che sarà ritrovato morta un anno dopo. Sua madre sarà tra le fondatrici delle Madres de Plaza di Mayo che reclameranno di conoscere la sorte di loro figli. L’inizio della violenta repressione che una preceduta dalle note di una marcetta militare sarà “formalizzata” dal Comunicado Numero uno>/i>…


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