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UE: "La Commissione Von der Leyen non è un brutto sogno, ma una pessima realtà"

Giorgio Marasà

di Giorgio Marasà

 


Il 1° dicembre si è insediata la Commissione von der Leyen II, a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento europeo del nuovo collegio dei commissari. La votazione del 27 novembre scorso ha fatto registrare 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti. Numeri che dicono che si tratta della commissione "meno votata" dal 1995 ad oggi, la più debole di sempre. Nel suo discorso in Parlamento, la presidente ha promesso che “lavorerà sempre dal centro”, con tutte le “forze democratiche pro-europee" dell'Assemblea.

Dopo gli articoli di Mercedes Bresso e di Giancarlo Rapetti[1], pubblichiamo un commento di Giorgio Marasà, responsabile relazioni internazionali Sinistra Italiana – AVS, sul processo di approvazione e sulle prospettive per questo mandato europeo.

La Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen ha superato i suoi esami con una scarsa sufficienza di voti, dopo una procedura d’esame piuttosto discutibile e con un carico grande di perplessità e preoccupazioni. In fondo persino con la sensazione che una larga parte di chi l’ha sostenuta non possa che guardare al quadro e giustificarsi con un mortificato “non si poteva fare di meglio”. 

In realtà, ad essere sinceri fino in fondo, bisognerebbe dire che il quadro politico che esce da questa Commissione è pessimo e rappresenta in pieno l’esatto opposto di quello di cui l’Unione e i suoi cittadini avrebbero bisogno.

Ancora più di prima questa sarà la Commissione della guerra e della corsa sfrenata al riarmo. La pace e la responsabilità dell’UE nel promuoverla scompaiono totalmente dall’orizzonte, in un mondo sempre più pericoloso. Prevale l’irresponsabile concetto di “vittoria” guardando all’Ucraina ed emerge al massimo solo un imbarazzato “equilibrio”, che è in realtà una sostanziale complicità, guardando al massacro di Gaza ed alle impunità di Israele.

Si prospetta un impetuoso riarmo europeo che (si faccia attenzione!) è cosa ben diversa e per certi versi opposta alla costruzione di una difesa europea. Chi ha ascoltato l’audizione dell’Alto Rappresentante Kallas avrà certamente notato come più volte sia stato ribadito che l’obbiettivo di rafforzamento della capacità militare è sempre da inquadrare nella catena di comando della NATO: altro che autonomia strategica ed esercito europeo! Il piano è quello di rimpinguare le industrie belliche nazionali nel quadro esistente. In fondo la vecchia e tragica ricetta dell’economia di guerra.

Questa sarà anche la Commissione dei ripensamenti sul Green Deal. Non si sentirà l’urgenza di rafforzare la traiettoria verso la transizione accompagnandola alla doverosa costruzione della dimensione sociale, ma ci saranno progressivi e forti ripensamenti, come risposta dovuta a quel pezzo di industria europea che non vuole e non riesce ad agganciare la sfida.

Sarà la Commissione del ritorno all’austerità, dell’applicazione rigida delle nuove regole della governance economica, che sottrarranno risorse fondamentali per settori essenziali come sanità e scuola. Si fermerà ogni avanzamento nella decisiva costruzione di un’Europa sociale e dei diritti e le enormi sfide che dovrebbero puntare a garantire dignità e diritti al lavoro scompaiano proprio dall’agenda.

La stessa modalità con cui il Parlamento europeo ha affrontato le audizioni sarebbe potuta essere oggetto di uno di quegli spezzoni caricaturali in cui la politica è ritratta nella maniera più grottesca, persino divertente, se non fosse in realtà una questione estremamente seria. Per più di una settimana infatti i gruppi politici principali hanno sospeso il giudizio sui commissari sequestrando quel processo di valutazione politica che dovrebbe essere proprio di una democrazia matura e trasformandolo in un teatrino piuttosto squallido volto a garantire il “tutti dentro”, estrema destra inclusa ovviamente.

Lo stesso dibattito attorno al Commissario italiano ha ricordato più un’allegra serata in osteria col gomito un po’ sollevato che una visione politica seria e (permettetemi) europea. Ci si è infilati (ahimè purtroppo anche molte voci progressiste) in una discussione surreale sulla necessità di difendere il Commissario italiano, come se il problema fosse lo spazio politico nazionale, e si è rimosso un problema politico sostanziale: stiamo mettendo qualcosa come 392 miliardi (i fondi di coesione europei) nelle mani di uno degli artefici - ma certo non il solo - del disastro realizzativo del PNRR italiano, con cui prima o poi occorrerà fare i conti, e non solo politici.

A questo si dovrebbe aggiungere una lettura, cruda e concreta, del quadro politico nel Parlamento europeo. I numeri sono spesso testardi e ci dicono senza infingimenti che esiste una maggioranza centrale che ha eletto Von der Leyen e ne esiste un’altra che il Partito Popolare Europeo può costruire guardando esclusivamente alla sua destra. Di volta in volta questo Parlamento sceglierà quella più opportuna. Per il PPE, ovviamente.

Questo di fatto determinerà un cambiamento profondo anche nella dinamica istituzionale europea: se fin qui il Parlamento è stato portatore di una visione più progressista rispetto a Commissione e Consiglio, oggi rischia di essere elemento di freno o addirittura di regressione. Non è una prospettiva futuribile, ma una dinamica reale già in corso. Basti ad esempio pensare a quello che è successo sul regolamento sulla deforestazione in cui il Parlamento è intervenuto (con una maggioranza PPE + estrema destra) a peggiorare la proposta della Commissione.

Tutto questo potrebbe sembrare uno di quei brutti sogni da cui ci si sveglia un po’ sudati ed inquieti, ma in fondo rassicurati dal fatto che la realtà è per fortuna differente. Invece è tutto clamorosamente reale e richiederebbe un discreto scatto di consapevolezza, almeno da parte delle forze progressiste. Non c’è cosa peggiore infatti che pensare di essere in una maggioranza che non esiste e digerire di tutto con grande ed ossequiosa responsabilità. Serve, credo, uno sforzo di consapevolezza grosso di tutte le forze progressiste che inquadri questa legislatura come un momento di sfida per la politica europea e che restituisca questo ai cittadini con la possibilità di un’alternativa e la speranza di immaginare un’Europa diversa.


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