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Troppi giovani in fuga dalla vita

di Enrica Formentin


È passato esattamente un mese, era mercoledì 1° febbraio, dalla morte di una ragazza di 19 anni, ritrovata senza vita all'interno dell'Università Iulm di Milano cui era iscritta al primo anno. Una matricola, i cui sogni e speranze si sono spenti in un attimo. Il suo corpo era stato scoperto da un custode all'apertura dell'ateneo. La giovane era in bagno, chiusa all'interno e con una sciarpa attorno al collo. Non ci sarebbe alcun segno di violenza sul corpo e l'ipotesi di suicidio è stata confermata dagli inquirenti.

La vittima era nata nel 2003 a Milano e alla famiglia, di origine sudamericana, ha lasciato un biglietto in cui chiede scusa per i suoi fallimenti universitari e personali. A distanza di un mese, sappiamo bene che tutto sarà già stato dimenticato e il dolore sarà confinato nelle mura della sua famiglia. Tuttavia, non possiamo dimenticare che dietro la tragedia si nasconde uno degli archetipi che travaglia i giovani d'oggi: il senso di insicurezza nascosto da una maschera che li vuole adeguati ai canoni imposti dalla società dell'immagine. Sicuramente un esame non dato è solo la punta di un iceberg composto da mille paure in una società come la nostra che prima di tutto insegna ad apparire belli e perfetti, sempre all’altezza di tutto, altrimenti sei "uno sfigato", secondo il lessico in voga.

Un gesto estremo quello della ragazza di Milano che evidenzia la solitudine in cui si dibattono i nostri giovani che si misurano quotidianamente con la paura di fallire. La paura di non farcela, di non riuscire a raggiungere un risultato o di eccellere in una performance scorre sotterranea nella personalità in formazione degli adolescenti che hanno bisogno che il mondo esterno – la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, il partner – li accetti e li valorizzi per quello che stanno provando a fare e ad essere.

Legata a doppio filo con la paura di fallire è quella di deludere. Tale paura accompagna l’adolescente portandolo a volte a compiere gesti e scelte voluti da altri, come un coetaneo o un genitore, piuttosto che porsi in maniera rispettosa della propria natura. Le conseguenze sono una, a volte rapida, evoluzione delle forme di malessere: condotte antisociali, autolesionismo, abuso di farmaci o uso di sostanze stupefacenti, disturbi alimentari, fino al tentato suicidio. Segnali di una richiesta d'aiuto.

È importante che queste situazioni vengano individuate immediatamente non solo dai genitori ma da chiunque assume il ruolo di educatori, quindi insegnanti, ma anche allenatori dello sport praticato, o altre figure simili. Gli adulti devono collaborare insieme con l’adolescente, non perdere mai la speranza e infondere comprensione e tranquillità, e mai assolutamente stigmatizzarli perché sarebbe controproducente. Secondo il sito AdoleScienza.it, in casi di stress adolescenziale, il ragazzo può registrare una ricaduta sulla salute fisica.

In alcuni casi basta anche un ascolto attivo, in altri casi occorre concordare e consigliare i genitori verso un percorso guidato da un supporto psicologico, in altri, i ragazzi possono essere coinvolti su attività di gruppo, su tematiche quali affettività, prevenzione all’uso di droghe, o per analizzare e comprendere il fenomeno del cyberbullismo.

Non si devono sottovalutare mai i segnali espressi dai ragazzi attraverso il corpo, perché possono rappresentare delle comunicazioni molto importanti di un disagio o di una difficoltà che stanno sperimentando.


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