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Trasparenza e criteri certi per l’individuazione del deposito scorie radioattive

di Mercedes Bresso* e Claude Raffestin |


Martedì scorso sono stati resi noti i comuni (67) individuati per la costruzione di un deposito idoneo a contenere scorie radioattive e rifiuti pericolosi. Sette le regioni, tra cui il Piemonte con 8 aree ritenute idonee. Le altre regioni sono Toscana, Lazio, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia. Nello stesso sito del Deposito Nazionale è prevista la realizzazione di un Parco Tecnologico indicato quale centro di ricerca per lo smaltimento delle scorie radioattive e per la tutela ambientale.

Com’era prevedibile, un atto dovuto come l’avvio della procedura per localizzare un sito per stoccare in sicurezza i rifiuti nucleari a bassa radioattività – non si tratta cioè di quelli relativi al nucleo e al suo immediato intorno – ha provocato l’immediata reazione delle autorità locali e degli abitanti di tutte le località pre-selezionate. Le proteste sono state praticamente unanimi. Va anzitutto chiarito che si tratta di una prima fase, in cui i siti sono stati prescelti in base a criteri puramente tecnici. Non disponiamo dello studio, ma immaginiamo che siano stati considerati elementi molto semplici: anzitutto la sismicità bassa della zona, (sapendo che tuttavia il nostro paese è quasi tutto sismico e che quindi non si parla di assenza di sismicità, ma di rischio basso); in secondo luogo, il fatto che non ci sia possibilità che i rifiuti vengano a contatto con le falde acquifere, il che significa cercare caverne sotterranee in zone impermeabili, di solito argillose (in altri paesi sono state scelte le ex miniere di sale, ad esempio); in terzo luogo, deve trattarsi di zone poco popolate con una bassa concentrazione di abitanti, ma non troppo difficili da raggiungere dai mezzi di trasporto. È molto probabile comunque che saranno necessari degli interventi sia per gli accessi che per il sito. Poiché una parte dei rifiuti dovrebbe provenire dalle vecchie centrali e impianti sperimentali nucleari che sono pochissimi, mentre l’altra parte dovrebbe essere più diffusa sul territorio trattandosi di rifiuti ospedalieri o derivanti da ricerca, sarebbe opportuno considerare anche le distanze da percorrere, dato che spesso i trasporti di rifiuti nucleari sono oggetto di contestazioni vivaci. A questi criteri principali se ne possono aggiungere altri, come l’assenza di aree di pregio naturalistico o artistico, il fatto di non essere zone turistiche o di “randonnée “ ecc. Si consideri che attualmente molti dei rifiuti nucleari sono conservati, in via provvisoria ma ormai da decenni, in Piemonte, a Saluggia, in una zona dove la falda acquifera si trova a poche decine di centimetri nel sottosuolo e in prossimità del Po, in area esondabile, cioè in una delle zone in assoluto meno adatte, per la semplice ragione che il sito era già disponibile e si trova in prossimità della vecchia centrale di Trino il cui smantellamento è in corso anch’esso da decenni ! Intervenire si deve quindi e la logica avrebbe voluto che i criteri per la pre-selezione dei siti fossero resi pubblici dall’inizio della ricerca, in modo che chiunque potesse contestarli. In ogni caso lo studio deve essere reso disponibile subito e deve essere aperta una procedura partecipata per arrivare in modo trasparente alla scelta finale del sito. Questa è, o dovrebbe essere, la fase nella quale le autorità locali e i cittadini possono sollevare dubbi sui criteri seguiti ma anche avanzare fondate obiezioni su elementi più specifici di cui si dovrebbe tenere conto, come ad esempio è stato fatto per la valle Norcia, i cui prodotti di alta qualità potrebbero essere danneggiati dalla notizia che sono prossimi a un sito per rifiuti nucleari. O come è stato fatto per Matera, per ragioni culturali. Altre obiezioni potrebbero riguardare zone naturali protette, turistiche, archeologiche ecc. E possiamo essere certi che per ognuno dei siti selezionati ne verranno trovate di valide. Per far rilevare questi criteri non assoluti ma aggiuntivi, il momento giusto dovrebbe essere proprio quello dell’inchiesta pubblica, che il governo avrebbe interesse a lanciare da subito.Non ci si deve però nascondere che una scelta va fatta, che deve anzitutto considerare i criteri fondamentali e che per gli altri si entra in una delicata e difficile trattativa di tipo politico. L’Italia infatti è talmente piena di luoghi di alta qualità paesaggistica e storico-architettonica, che si correrà il rischio di non riuscire a tenere in vita nessuna localizzazione. Che fare allora? Anzitutto l’inchiesta pubblica deve essere guidata molto bene, da esperti, e deve permettere a chiunque di esprimere le proprie obiezioni, di preferenza scritte, di cui dovrà essere dato conto in un verbale e a ognuna delle quali dovrà essere data risposta, come si fa nelle procedure di consultazione per i piani regolatori e urbanistici. Successivamente l’autorità preposta dovrà spiegare con chiarezza e per scritto il perché di ogni esclusione e le ragioni dei siti che verranno mantenuti. Da ultimo andrà fatta una scelta e assunta una chiara responsabilità politica, illustrando ai cittadini le ragioni per quella decisione. Se risultasse arduo scegliere per ragioni tecniche fra più siti e sempre che non ci siano disponibilità da parte degli amministratori di uno di essi, si potrebbe anche scegliere di tirare a sorte, poiché ovviamente sia fatto in modo pubblico e chiaro. Un’ultima considerazione: quali potrebbero essere i rischi reali di un impianto di questo tipo? In realtà soprattutto psicologici e di comunicazione, se la scelta è stata fatta tenendo conto in modo rigoroso dei criteri tecnici. Lo ripetiamo, non si sta parlando di rifiuti nucleari ad elevata radioattività. E questa vicenda dovrebbe ricordarci quanto sia stata giusta la scelta di abbandonare il nucleare. * Ha diretto per conto della Regione Piemonte lo studio di verifica socio-ambientale dei siti per la localizzazione della centrale nucleare di Trino 2.

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