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Suicidio assistito e fine vita: la centralità degli hospice

di Chiara Laura Riccardo|


Oggi alle 17,30 nella sala convegni della Piccola Casa del Cottolengo sarà presentato il libro “Nella morte ad occhi aperti” di Lucetta Scaraffia e Ferdinando Cancelli che riporta di stretta attualità il tema del fine vita su cui la Porta di Vetro ritorna con un articolo di Chiara Laura Riccardo.

Il 10 marzo scorso, la Camera, con 253 voti a favore (M5s, Pd, LeU, Iv con libertà di coscienza e +Europa), 117 contrari e un’astensione, ha dato il via libera al testo sulle “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”. Contro, ha votato più o meno compitamente il centro destra. La legge ora passerà al Senato. Una strada tutt’altro che agevole. Anzi in salita. Tra ‘altro, come è stato osservato, alla Camera erano presenti soltanto 371 dei 630 deputati. Quasi un mese prima, il 15 febbraio, lo ricordiamo, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile, bocciandolo, il quesito del referendum sull’eutanasia legale. Una proposta di referendum che era stata sostenuta da oltre 1 milione di firme di cittadini italiani. Ora, in attesa che la legge arrivi in Senato, è doveroso ritornare sul tema con alcune puntualizzazioni.

Presentazione alla Piccola Casa del Cottolengo

Il referendum si proponeva di abrogare parzialmente l’articolo 579 del codice penale relativo all’omicidio del consenziente, prevedendo di annullarne la punibilità, se non nelle eccezioni contemplate dallo stesso articolo, aprendo così alla possibilità di procedere all’eutanasia attiva attraverso somministrazione di un farmaco da parte del medico solo con il consenso del paziente. L’Ufficio Stampa della Consulta ha riportato che il referendum è stato ritenuto inammissibile in quanto “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha dichiarato in conferenza stampa che il referendum avrebbe legittimato “l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta che l’eutanasia possa aver luogo”, aprendo “l’immunità penale a chiunque uccide qualcun altro col consenso di questo qualcun altro, che sia persona che soffre o no”. È necessario però ricordare che la legge prevede che, per poter fare richiesta del suicidio assistito, la persona debba essere affetta da una patologia “irreversibile e con prognosi infausta”, oppure da una condizione clinica irreversibile che provochi “sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili” e “tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente” e che sia stata coinvolta “in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate”. Ben si comprende dunque come il tema continui a generare reazioni e vissuti contrastanti: c’è chi parla di “populismo bioetico” o “deriva mortifera” e chi sostiene che tale decisione sia la riprova che i più vulnerabili restano, in Italia, sempre inascoltati. Certamente conveniamo sul fatto che, come già sostenuto in un precedente articolo per La Porta di Vetro (https://www.laportadivetro.org/suicidio-assistito-il-dilemma-etico-e-morale-di-una-proposta-di-legge/), il tema del fine vita e del suicidio assistito resti fortemente divisivo sul piano etico e sociale nonché generatore di inevitabili frizioni politiche. Non possiamo però non tenere in considerazione il fatto che questo tema necessiti di un cambiamento culturale, che, come tutti i cambiamenti, richiede tempo, soprattutto in un Paese come l’Italia dove forti tuonano le parole del Papa: “Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti. Occorre rivolgere maggiormente l’attenzione verso coloro che, in condizioni di fragilità o vulnerabilità, chiedono di essere trattati con dignità e accompagnati con rispetto e amore”. Non si può ignorare che, tra i tanti sostenitori del referendum bocciato dalla Corte Costituzionale, vi siano oltre le numerose persone, familiari e caregiver che vivono in prima persona questa difficile condizione di vita, anche numerosissimi ricercatori, scienziati, Premi Nobel e magistrati che, padroni della materia, hanno sostenuto a gran voce il sì. Particolarmente interessante è il parere espresso da uno dei più insigni farmacologi al mondo, Silvio Garattini, che all’età di 93 anni è stato intervistato nel febbraio scorso da “Avvenire”, il quotidiano della Cei, in occasione della Giornata mondiale del malato. Garattini ha dichiarato che “il ricorso all’eutanasia dipende da quello che fa la società. Se siamo in grado di generalizzare la presenza degli hospice la richiesta di morte diventa minima. Porto due esempi. Sono presidente di un hospice […] e mai nessuno che ha chiesto di morire, anzi. Il personale sanitario e i volontari aiutano tutti a vivere nella piena dignità. Mia moglie è morta per un tumore incurabile: è stata in hospice, e mai ha chiesto di morire perché abbiamo trovato grande attenzione. Nei posti in cui le cose si fanno bene il problema non esiste. Il problema è avere la volontà di affrontare questa necessità formando personale all’altezza e con le giuste motivazioni. Malgrado ci sia la Legge 38, non ci sono hospice sufficienti per aiutare tutti quelli che ne hanno bisogno”. La legge 38/2010 prevede un quadro di disposizioni normative e organizzative affinché il sistema sanitario garantisca un’assistenza qualificata e appropriata in ambito palliativo e della terapia del dolore in tutti gli ambiti assistenziali, in ogni fase della vita e per qualunque patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per le quali non esistono terapie o, se vi sono, risultano inadeguate ai fini della stabilizzazione della malattia. Come affermato dallo stesso Ministero della Salute, con questa legge “la sofferenza non è più un aspetto inevitabile di un percorso di malattia, ma è una dimensione che va affrontata con serietà e sistematicità, in tutte le fasi e in ogni setting d’assistenza”. Detto ciò e osservati i vari punti di vista – è una sottolineatura strettamente personale – probabilmente gli italiani avrebbero preferito, o quantomeno apprezzato, la possibilità di potersi esprimere, attraverso il referendum, su un tema certamente delicato, ma relativo alla vita umana, piuttosto che su altri temi sentiti lontani e, per taluni, anche di difficile comprensione.

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