Strage di Ustica: la finta novità del missile francese
di Vice
In un'intervista al quotidiano la Repubblica, l'ex presidente del Consiglio e più volte ministro Giuliano Amato ha ipotizzato con una serie di deduzioni che la Francia ha la responsabilità diretta nell'abbattimento del Dc9 dell'Itavia, precipitato nei pressi dell'isola di Ustica il 27 giugno 1980. Secondo Amato, l'aereo con a bordo 81 persone, sarebbe stato abbattuto da un missile francese. Com'era prevedibile, non sono mancate le reazioni politiche e non, a quelle che sono state definite "scottanti rivelazioni". Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio e titolare del ministero dei Trasporti non ha lesinato aggettivi, affermando che si tratta di "dichiarazioni di inaudita gravità", tali da meritare approfondimenti e commenti da parte dell'Eliseo.
Più cauta, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si è limitata a ricordare che Giuliano Amato, per sua stessa ammissione, ha parlato di "deduzioni" di un privato cittadino, per quanto autorevole e frequentatore ad alto livello in passato della cosiddetta "Stanza dei bottoni".
Lo stesso ministro degli Esteri, Antonio Tajani, oramai nel ruolo di pompiere in servizio permanente effettivo nei rapporti con Parigi, è stato altrettanto tranchant e si è incamminato sulle orme prudenti lasciate da Giorgia Meloni. Altri commenti si sono alternati in giornata, ma più per richiamare la conferma di tesi personali, frutto di indagini e ricerche realizzate sulla misteriosa vicenda, i cui primi risvolti fuori dal coro si devono alla caparbietà di Andrea Purgatori, deciso negli anni Ottanta a scavalcare quel "muro di gomma" innalzato dalle istituzioni civili e militari. Un muro costruito e mantenuto invalicabile, per coprire nei lustri successivi alla tragedia, verità inconfessabili con manomissioni di dati, depistaggi, false testimonianze, pressioni e minacce dirette e indirette a tutti coloro che provassero ad uscire dalla linea ufficiale del "cedimento strutturale" indicato come causa principale della caduta del velivolo in mare.
Tuttavia è alquanto singolare, se non curiosa, l'eco mediatica che si è propagata attorno alle "deduzioni" del cittadino Giuliano Amato. In effetti, sono deduzioni tutt'altro che inedite e, se scottanti, nella misura che lo sono da 43 anni, per di più passate alla moviola da giudici, inquirenti, politici, studiosi, storici, politologi, giornalisti, analisti, spie, militari, periti aeronautici, associazioni di familiari delle vittime. Insomma, dal mondo intero. Allora, cui prodest e perché ora? A chi giova suonare la grancassa del coinvolgimento della Francia, noto da decenni alle varie Commissioni d'inchieste parlamentari sulle stragi in Italia, alla magistratura che si è occupata dell'inabissamento nel mar Tirreno del Dc9 Itavia, al procuratore della Repubblica che aprì l'inchiesta sul pilota libico ritrovato nel cockpit di un Mig in stato di avanzata decomposizione sui monti della Sila, a poche settimane dalla tragedia? Si è forse alla ricerca dell'ennesima distrazione di massa, mentre il Paese perde colpi e decresce economicamente, il PNRR non è più un soggetto in cerca di autori, ma è letteralmente desaparecido dall'agenda politica, i treni passeggeri arrivano puntualmente in ritardo, ma quelli vuoti corrono velocissimi e travolgono lavoratori impiegati nella manutenzione della rete ferroviaria, minorenni e non stuprano ragazzine, girano armati e uccidono per una lite banale persone perbene, di cui si sentirà la mancanza?
Che nei cieli del mar Tirreno, la sera del 27 giugno 1980, si sia combattuto una battaglia aerea è assodato. Ciò che non è ancora chiaro se il top gun a ingaggiare il duello con l'aereo libico aveva i colori della Francia o della Nato, in questo caso decollato da una portaerei Usa. A mettere su questa pista gli inquirenti, in quella decisiva circostanza il giudice Rosario Priore, fu per primo il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, morto il 28 gennaio del 2018, uno dei principali collaboratori del generale Carlo Alberto dalla Chiesa nella Divisione Pastrengo a Milano, personaggio “Nei secoli fedele allo Stato”, come il titolo della biografia scritta con Michele Ruggiero nel 2006[1]. Fu lui a raccontare negli anni Novanta ai magistrati ciò che vide o meglio ciò che fu costretto ad ascoltare in quel pomeriggio e nella notte del 27 agosto del 1980 sull'attività che si svolgeva nella base aerea di Solenzara, in Corsica, poco distante dal suo albergo, dov'era appena arrivato per un breve soggiorno vacanza. Ricordi che avrebbero smentito i comandi francesi, fermi nel sostenere che l'attività militare era terminata tra le 14 e le 14.30.
Nel libro, come in successive interviste, Nicolò Bozzo ha sempre mantenuta la sua originaria versione: "Ero in Corsica a Solenzara, sud di Bastia, con la mia famiglia e mio fratello. Avevamo scelto un albergo vicino all’aeroporto militare. Affacciandomi dal balcone potevo vedere sulle piste i Mirage francesi e i Phantom della Nato. Sapevamo che dopo le 17, ogni pomeriggio terminavano le operazioni di decollo e atterraggio di quegli aerei. Ma la sera del 27 giugno non siamo riusciti a chiudere occhio fin dopo la mezzanotte tanto era il frastuono dovuto al via vai dei cacciabombardieri. Il mattino dopo stavamo lasciando quell’hotel troppo rumoroso quando il proprietario, scusandosi, fece presente l’assoluta eccezionalità di quell’evento, certamente dovuto alla ricerche di un aereo di linea italiano scomparso quella stessa notte in mare, mostrandomi i titoli dei giornali. Mi chiesi fin da subito: tutto quel trambusto per un’operazione di soccorso o non piuttosto per un ordine di attacco top secret?”[2].
Riflessioni e deduzioni che la Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi presieduta da Giovanni Pellegrino aveva ascoltato durante la 28^ seduta del 21 gennaio del 1998. E non erano parole di un comune cittadino.[3]
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