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Mauro Nebiolo Vietti

Salvini e la "libertà" dei giudici russi

di Mauro Nebiolo Vietti  


E’ ampiamente diffusa la tendenza di offrire agli altri un’immagine di sé non sempre coincidente col nostro vero pensiero e l’ambiente ove si eccelle è quello politico ove ogni personaggio si costruisce un profilo da esibire agli elettori; niente di scandaloso ovviamente, è umano atteggiarsi per apparire chi si vorrebbe essere perché consapevoli che il nostro sentire potrebbe non sempre avere successo o semplicemente piacere.

Si tratta però di una maschera che non sempre è efficace se si osserva con attenzione perché è impossibile un’identificazione assoluta con l’immagine che abbiamo creato di noi stessi e un osservatore attento saprà cogliere una frase, un atteggiamento, un gesto per un attimo rivelatore del vero e chi oggi ha sollevato il velo è Salvini; la morte di Navalny è oggetto di un serrato dibattito a tutti i livelli, ma fa parte di un’altra storia; qui interessa che l’evento sia stato ripreso da Salvini per affermare che sulla sua morte “faranno chiarezza i giudici”.

Lasciamo perdere le reazioni provocate da queste affermazioni, ma chiediamoci invece cosa esse ci abbiano rivelato della sua personalità; nessuno oggi in Occidente potrebbe ritenere la magistratura russa un organo indipendente, perché essa ha assunto un ruolo di strumento passivo per neutralizzare gli oppositori di Putin; in Russia, quando un collaboratore dell’autocrate lo delude o lo critica, generalmente muore in strani incidenti o per improvvise malattie, ma se invece compare un oppositore politico è la magistratura che lo neutralizza e la pena applicata varia in funzione della sua pericolosità. D’altronde è anche ovvio che in un regime autoritario - Putin potrà rimanere al potere fino al 2036 in virtù di una "leggina" - non abbia ragione di esistere un equilibrio tra poteri, fondamentale invece per garantire uno sviluppo democratico.

Niente di nuovo, ne siamo tutti convinti, ed ovviamente lo è anche Salvini, ma nel momento stesso in cui egli accredita il sistema giudiziario russo accetta implicitamente la logica di una magistratura mero strumento del potere politico. Se un episodio analogo fosse avvenuto in Italia, tutti avrebbero auspicato l’intervento dei giudici mentre, nel caso, nessuno vi ha accennato; l’ha fatto solo Salvini, dimostrando così di condividere il sistema.

Se invitando la magistratura russa ad indagare, circostanza che non verrebbe in mente a nessuno interessato ad un esito oggettivo, Salvini ci rivela che ritiene accettabile tale sistema giudiziario, ancorché egli possa legittimamente professarsi sovranista ed antieuropeo, questo lato oscuro che inconsciamente ha mostrato impone una riflessione che non si sostanzia nel dissenso verso una posizione politica, ma in un campanello di allarme perché nell’alveo delle forze politiche, ove tutte professano una fede democratica, segnala che c’è un oscuro personaggio ben mimetizzato e che è doveroso combattere non perché si abbiano idee diverse, ma perché egli rappresenta il cavallo di troia di un sistema che né dalla destra né dalla sinistra è considerato accettabile e compatibile con la nostra civiltà.

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