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Rotterdam, tra libertà e proteste fuori controllo

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi |


Rotterdam, seconda città dell’Olanda, è stata teatro nella notta di un’autentica follia collettiva. Scontri a ripetizione si sono registrati tra manifestanti no-vax e polizia, con i primi che hanno dato fuoco ad auto e distrutto vetrine dei negozi. Una notte di guerriglia urbana che ha fatto parlare al sindaco di Rotterdam di un’autentica “orgia di violenza”. La polizia ha usato le armi da fuoco ed alcuni manifestanti sono stati feriti.

La necessità di imporre elementari regole di convivenza inducono sempre più reazioni che vanno dall’arroganza di stabilire obblighi, anche laddove non sono necessari, a reazioni scomposte dettate più dalla voglia di protestare che non da una visione alternativa su come impostare una risoluzione dei problemi in essere. Troppa voglia di imporre regole e troppa voglia di protestare: un mix pericoloso per il futuro della nostra società, dove sono sempre più gli individui che si sentono esclusi da ogni processo decisionale, costretti a osservare la violenza di strada, da Rotterdam e molte nostre città e il proliferare di disposizioni “inconoscibili” per la loro quantità. Il concetto di “compliance” in ambito clinico

I medici sanno bene che una cosa è ciò che si prescrive al paziente, un altro è come questo si comporterà. Il concetto, sviluppato nella letteratura anglosassone come il termine “compliance” si può tradurre come “osservanza della continuità terapeutica”, incorporando sia il concetto di “persistenza”, volto a rilevare la continuità nel tempo con cui si seguono le cure, sia il concetto di “aderenza” che tende ad abbracciare il complesso di interrelazioni che si creano tra comportamenti e condizioni di salute. Da anni studi ad hoc analizzano il grado di rispondenza tra il comportamento di un soggetto in termini di rispetto delle prescrizioni, non solo quelle strettamente clinico-farmaceutiche, ma anche quelle riconducibili alla capacità di adeguare i propri stili di vita ai consigli del personale sanitario che lo ha preso in cura. La “compliance” rappresenta cioè la disponibilità e la collaborazione manifesta e reale, protratta nel tempo, ottenuta attraverso un comportamento volto a coinvolgere il paziente stesso (ottenere compliance) indispensabile per ottimizzare l’efficacia delle cure del caso.>br> Se non vi sono dubbi dell’importanza di queste osservazioni in ambito clinico, fondamentali per salvare la vita ad un’infinità di persone, il problema diventa complesso quando si è in presenza di patologie infettive, dove, ad essere interessato non è solo più il singolo individuo ammalato, ma tutta la collettività con cui può venire a contatto ed, estendendo ulteriormente il concetto a livello sociale, diventa inevitabile analizzare il comportamento della masse di fronte all’emanazione di prescrizioni impositive. Non è sufficiente scrivere le regole, occorre controllare che si rispettino

Cronologicamente l’ultimo esempio di non corrispondenza tra quanto sottoscritto e quanto attuato, lo ha offerto l’Europa: a fronte di 50.000 arrivi di immigrati nel 2021 le ricollocazioni sono state 97; in altre parole, sono stati più gli impiegati indaffarati nello scrivere e nell’interpretare la norma che non i soggetti interessati. E mentre da noi si osteggia la didattica a distanza, a Nuova Delhi, capitale dell’India, causa smog, si chiudono le scuole (indice di come le nostre società rincorrono i problemi, anziché gerarchizzare gli interventi). Scrivere una norma, sostenerne i costi, e poi non assicurarsi che venga applicata con la dovuta perizia (o ricorrere alla forza per doverla applicare come successo a Rotterdam) crea un problema di governabilità, generando non solo quesiti sul corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione, ma ponendo un problema di equità distributiva, in quanto la non aderenza ai dettati normativi comporta una distrazione di risorse verso altri utilizzi alternativi. Attualmente i controlli sociali sull’aderenza sono sostanzialmente di tipo burocratico; probabilmente verranno impiegate altre risorse per emanare altre norme, sicuramente corrette giuridicamente, ma che rimarranno inapplicate o peggio la cui applicazione risulta nociva per la società. La pandemia ha ulteriormente accentuato il fenomeno: durante il lockdown non si è potuto protestare ed oggi probabilmente si “vogliono recuperare le manifestazioni perdute” e, da parte opposta la mancanza di “politica” non permette più alcuna mediazione, ma solo l’affermazione del volere di alcuni tecnici o presunti tali. Il rapporto tra “norma” e “attuazione” della stessa

A portare l’attenzione sull’asincronismo tra “norma” e “attuazione” della stessa sono la concomitanza di diversi fattori quali: − rilevazioni occasionali del fenomeno, dettate spesso da esigenze mediatiche che producono contraddizioni (con conseguente sensazione di non affidabilità); − la volontà di evitare prescrizioni non gradite (e, di per sé, nessuno ha voglia di essere sottoposto a lockdown o altre limitazioni); di qui le satire contro la dittatura dei semafori rossi o i sospetti verso la lobby dei carrozzieri che hanno provocato la tempesta…; − la mancata connessione tra il dettato normativo e la scarsa verifica ex ante delle sue conseguenze applicative (non ci si può dimenticare delle risorse perse per acquistare i banchi con le rotelle, solo per poter proclamare che da lì a poco si sarebbe potuto tornare a scuola); − la mancanza di programmi di lungo periodo su come organizzare il lavoro, la scuola, i trasporti in modo da offrire uno scenario di riferimento per tutti (oggi un genitore non sa se e per quanto e a che ora deve accompagnare suo figlio), mentre non si approfondiscono le potenzialità alternative; − pur essendo l’Italia il paese d’Europa con la più bassa produttività, l’argomento sfugge da ogni dibattito, ma ogni norma emanata sembra voler peggiorare ulteriormente questo parametro. In questa fase di rilancio, l’indispensabilità dei tecnici (gli unici in grado di offrire credibilità al sistema) non dovrebbe però autorizzare i medesimi ad imporre norme senza verificarne l’applicabilità o cullarsi nell’illusione che la loro insostituibilità porti automaticamente ad una corretta applicazione (tentare d’imporre un comportamento, senza avere poi la forza di darne applicazione, rischia di produrre il risultato opposto: ma ciò può autorizzare a sparare sulla folla?). Considerato il carattere un po’ ribelle delle nuove generazioni sarà complicato raggiungere un ampio consenso popolare e far funzionare il sistema; la migliore delle leggi rischia di fallire senza il consenso popolare, così come la peggiore può essere corretta dal buon senso.

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