Prove farlocche e cause infinite
di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi |
Periodicamente la cronaca propone degli episodi che poi si rilevano generatori di interminabili cause giudiziarie e di pubblici dibattiti che, come le telenovelas, si autoalimentano di nuovi aneddoti che portano ad una grande confusione: ma più sono intricate e più piacciono all’opinione pubblica … ed allora creiamone tante! Un vecchio aforisma recitava: “se vuoi che una cosa non si sappia, non pensarla”. Oggi si potrebbe trasformare in: “se vuoi che una cosa si sappia, crea delle prove
farlocche, difficili da comprovare”. Un modo per scatenare le fazioni dei pro e dei contro in cui tutti si sentono legittimati a dire la loro e favorire il diffondersi della notizia si diffonde. Risultati pari allo zero, in compenso esercizi dialettici tantissimi. Probabilmente c’è un mercato che esercita una forte domanda per questo tipo di prodotti! L’ultimo esempio è offerto dallo scherzo combinato da un gruppo di studenti al presidente Usa e candidato alle elezioni di novembre Donald Trump, che si è ritrovato una sala semivuota nel suo discorso a Tulsa. Dopodiché la domanda che si impone è: cos’è farlocco, la massa di persone che si attendeva il presidente o l’azione combinata da un gruppo di adolescenti che ha fa? Sicuramente non è un buon segnale la facilità con cui si possono mistificare i fatti politici. L’enigma va sempre di moda.
La discussione e il dibattito sono sempre stati il sale della crescita culturale: in Piemonte si ricordano ancora le dispute pubbliche, tra valdesi e cattolici, dove la dialettica popolare poteva incontrarsi e confrontarsi con i grandi temi d’attualità del periodo. Tra folclore e discussioni teologiche, lo spettacolo era sempre garantito: così come oggi gli indici di audience dei salotti televisivi, crescono se il dibattito si fa più infuocato. Al tempo erano i confronti filosofici, le arditezze logiche, i voli pindarici e lo scontro su chi era l’unico depositario della verità, a coinvolgere il pubblico più di ogni altra cosa. Oggi prevalgono le discussioni per le sfide calcistiche, gli scontri tra i sostenitori delle mascherine o dei vaccini, ma soprattutto hanno vita facile i complottisti: se su un argomento non si riesce a trovare una soluzione, si possono scatenare le fantasie più incredibili.
Pensiamo, ma solo a puro titolo di esempio e senza entrate negli specifici argomenti, al bacio di Andreotti ad un mafioso dopo essere sceso da una Thema. Peccato che all’epoca quel modello Lancia non fosse ancora stato costruito e messo in commercio (semmai a stupire è stato che per risolvere questo dettaglio ci siano voluti anni). Per non parlare dei sempre più frequenti casi di finanziamenti provenienti dall’estero (Venezuela, Russia nonché l’immancabile CIA statunitensi) dove vi è sempre qualcuno che protocolla i dettagli dei singoli passaggi o filma i colloqui salienti, poi diffusi con l’abituale e abile centellinare.. Che cosa ci sia di vero e di inventato su questi e altri fatti non lo sapremo mai, o più esattamente si sono create un’infinità di ipotesi, dove ognuno può scegliere quella che più gli aggrada.
Non c’è più il picconatore Cossiga che per primo diede una lettura veritiera sulla strage di Ustica, sull’abbattimento del DC-9 dell’Itavia abbattuto da un aereo non identificato il 27 giugno del 1980 in cui perirono 81 persone. Per le sue affermazioni l’allora presidente della Repubblica fu ritenuto un pazzo farneticante, al limite dell’impeachment. Tuttavia la questione è ancora aperta e ogni tanto emergono nuovi fatti. A proposito di impeachment, non c’è più dibattito politico che non ne faccia uso: nel 2018 lo propose l’attuale ministro degli esteri Luigi Di Maio nei confronti del presidente Sergio Mattarella. Prima di lui toccò a Trump, Clinton, Nixon… Non c’è Paese immune da questa pratica e tutti hanno vantato prove inconfutabili. Nel caso di Richard Nixon, implicato nello scandalo Watergate, era effettivamente arduo sostenere il contrario.
Proviamo ad immaginare che il cuore della questione non siano le prove più o meno pacchiane create ad arte, ma la reazione che queste producono su noi stessi quali micro-campioni di quella pubblica opinione che, come le maree, si muove in modo incontrollato. Il “fatto” in sé, infatti, sempre più spesso finisce per non avere importanza e l’importanza è sostituita dal grado con cui ci si può ricamare sopra, scatenando le fantasie dei complottisti, di chi guarda dietro le quinte, dei “retroscenisti” e altre professionalità simili. A questo insano meccanismo non è sottratta la gestione del Coronavirus che quotidianamente ha amplificato i comportamenti estremi: da chi tiene la mascherina anche quando è da solo a guidare in auto a chi considera le misure di prevenzione come noiosi appesantimenti, a chi è pronto a segnalare chi passeggia in luoghi isolati e così via. Trattandosi di una patologia, il problema dovrà essere riportato in ambito scientifico e chiarire quali sono stati gli errori, senza la volontà di condannare o di esaltare le singole posizioni. Anche le scienze economico-sociali dovranno però impegnarsi in uno sforzo analogo.
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