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Piemonte, un anno di peste suina

Aggiornamento: 23 gen 2023

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi



È trascorso un anno dai primi casi accertati di peste suina e, seppur in Piemonte il fenomeno non desti gravi preoccupazioni, anche in questi giorni non sono pochi i nuovi casi registrati. La notizia ricomincia ad occupare le prime pagine, soprattutto per le polemiche che accompagnano alcune ipotesi di soluzione, comunque non rinviabile per la tutela della salute pubblica.



Il Centro di Referenza nazionale per le pesti suine (CEREP) istituito presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria e Marche (IZSUM) ha confermato la presenza del virus di Peste suina africana nelle zone di confine tra il Piemonte e Liguria. I numeri per ora non sono tali da spaventare: quasi 200 le positività in Piemonte e un centinaio in Liguria, ma il fatto che non si sia ancora riuscito ad eradicare il rischio, induce a volgere un’adeguata attenzione al fenomeno, come sta facendo l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta presieduto dal prof. Giorgio Gilli, professore ordinario di Igiene Generale e Applicata.


Altamente contagiosa, ma non trasmissibile all'uomo


La malattia è endemica in Sardegna, dove è in corso da anni un piano di eradicazione, ma casi si sono registrati in più parti d’Italia. La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che, per fortuna, non è trasmissibile agli esseri umani. La diffusione di questi animali allo stato brado, registrata in questi ultimi tempi, finanche nel centro di molte metropoli, Roma in primis, amplificano il problema, rendendolo di dominio pubblico, con le inevitabili prese di posizioni, più demagogiche che sostanziali.

Il suo potenziale di diffusione comporta gravi ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni ingenti sia per la salute animale (abbattimento obbligatorio degli animali malati o semplicemente sospetti): la storia della sanità insegna come spesso le epizoozie hanno causato ripercussioni ancora più letali delle epidemie. Per queste ragioni l’Organizzazione mondiale per la sanità animale ed il Nuovo Regolamento di sanità animale della Commissione Europea annoverano la Peste suina nella lista delle malattie denunciabili, foss’anche solo per i casi sospetti, anche se, per fortuna, ingerire carne o prodotti alimentari contenenti carne suina non comporta particolare problemi poiché il virus della peste PSA non è trasmissibile all'uomo.


Gli ostacoli alla preparazione di un vaccino

La PSA, rilevabile con esami di laboratorio (immunofluorescenza, PCR, ELISA e Immunoperossidasi) è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti. Questa caratteristica rappresenta l’ostacolo più importante alla preparazione di un vaccino, che attualmente non è ancora disponibile. La presenza del virus nel sangue dura dai 4 ai 5 giorni e conduce spesso al decesso dell’animale, mentre gli esemplari che superano la malattia possono rimanere portatori del virus per parecchi mesi.

La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (in particolare quella delle zecche) e può essere prevenuta attraverso la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali. Il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei, possono contribuire a stemperarne la pericolosità.

Rilevata la presenza di un animale infetto, occorre procedere all’abbattimento e alla distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento, procedendo tempestivamente alle operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto eventualmente utilizzati, delimitando tempestivamente le zone infette, tramite un’azione di rintracciamento delle movimentazioni del branco interessato.

È importante ricordare che quando si rinviene una carcassa di cinghiale nell’ambiente, o a seguito di incidente stradale, è necessario segnalare l’evento ai Servizi Veterinari, alle forze dell’ordine o enti parco, guardie forestali, oppure contattare al numero verde regionale 0573-306655.




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