Omicidio Palme, sulle tracce dell’assassino
di Vice|
The Unlikely Murderer, “L’improbabile assassino” è il titolo dell’avvincente serie Netflix che getta una luce sull’oscurità che ancora avvolge la morte di Olof Palme, il primo ministro svedese ucciso a Stoccolma 35 anni fa. Un omicidio inspiegabile, misterioso e soprattutto doloroso per ciò che Olof Palme rappresentava nel mondo: autonomia di pensiero nel dialogo con Est e Ovest, speranza nel domani per i paesi del Terzo mondo, rottura dei dogmi che dividevano la sinistra europea e non, nemico di ogni forma di totalitarismo, avversario intransigente delle giunte militari di Cile e Argentina, del governo segregazionista sudafricano. Nel 1994, Nelson Mandela, divenuto presidente del Sudafrica dopo 27 anni di prigione, non mancherà di porre nel suo discorso d’investitura il doveroso accento su Olof Palme, campione nella lotta contro l’apartheid. Quella sera del 28 febbraio 1986
Erano le 23 e qualche decina di minuti, quando alcuni colpi di pistola rompevano il silenzio di una notte d’inverno a Stoccolma e troncavano nella centralissima via Sveavägen la vita dello statista. E l’ultimo soffio di vita del presidente del partito socialdemocratico svedese si sarebbe disperso nell’intimità, tra le braccia della moglie Lisbet che chiedeva disperatamente aiuto per salvare il suo uomo, oramai agonizzante. Da quel 28 febbraio del 1986 la magistratura svedese non ha individuato né mandanti, né esecutori. L’unico accusato, Christer Petersson, è stato assolto. E di recente, l’omicidio è stato archiviato con un presunto colpevole, mai indagato, morto nel 2000: il grafico Stig Engström, figura centrale nella serie Netflix, nei cui panni l’attore Robert Gustafsson, considerato uno dei migliori comici in patria, si è calato con una persuasiva aderenza fisica e introspettiva che finisce per confermare la tesi accusatoria degli sceneggiatori. La serie Netflix e il “presunto omicida”
Stig Engström è descritto come un uomo banale, scialbo, incapace di relazioni autentiche, avverso a Palme senza una vera motivazione se non quella dell’invidia e dell’ostilità preconcetta al primo ministro: un assassino improbabile, eppure estremamente credibile. Forse troppo, se Netflix è stata denunciata per diffamazione, come ha rivelato l’agenzia France Presse. Infatti, secondo l’esposto, le cinque puntate che ricalcano la tesi del libro omonimo del giornalista Thomas Pettersson, che ha indagato su Stig Engström, contengono elementi “del tutto infondati”, contestati anche dalla moglie Margareta. In altre parole, Netflix si è spinta oltre l’inchiesta di Pettersson.
Caso giudiziario a parte, la serie racconta con il piglio di un “noir” il presunto omicida di Palme, il quale (privo della scorta) rientrava a casa in compagnia della moglie Lisbet, dopo una serata trascorsa al cinema in compagnia anche del figlio. Di riflesso la trama riaccende i riflettori su una figura carismatica, le cui idee andrebbero riattualizzate per dare ossigeno al socialismo europeo, affrettatamente accantonato soprattutto in Italia per concepire un soggetto politico che rimane ancora un ibrido nel tentativo di far coesistere le numerose anime progressiste (sulla carta) del Paese. Una delle ragioni del deficit democratico che si attraversa oggi in Italia.
Coraggio e azione di un grande socialista europeo
Quando fu ferito a morte, Olof Palme aveva da poco compiuto 59 anni. La sua vita era circondata dall’aura che si percepisce attorno ad un predestinato: ministro a 35 anni, primo ministro a 42, esponente di primo piano del socialismo internazionale, una lunga e pregante storia che si può rivivere in “Olaf Palme, vita e assassinio di un socialista europeo” di Aldo Garzia per Editori Riuniti, uno dei pochi libri editi in Italia sul personaggio. Se la curiosità monta insieme al desiderio di approfondire anche l’inchiesta giudiziaria, allora suggeriamo l’ultima fatica di Stieg Larsson, il geniale autore di polizieschi della trilogia di Millenium, morto prematuramente nel 2004 a soli cinquant’anni. L’enorme lavoro di Larsson era contenuto in venti scatoloni sigillati. A farlo riemergere dalla polvere e dall’oblio è stato il giornalista svedese Jan Stocklassa. Rielaborato con il tocco incisivo del libro-inchiesta Stocklassa ha offerto ai lettori “L’uomo che scherzava col fuoco”, edito da Rizzoli. Lo si può considerare l’eredità nascosta di Stieg Larsson, che non poteva che essere un intricato giallo: l’ultimo.
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